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Post 147 - La chiesa della discordia

 


In alcuni post precedenti (post 123 e 124) abbiamo ricostruito la storia delle frane dell’Antelao che hanno coinvolto Borca e San Vito. Durante la frana del 7 luglio 1737, stando alle memorie del pievano Bartolomeo Zambelli, il primo edificio a restar sotterrato fu la chiesa di San Canciano che sorgeva sul confine tra Borca e San Vito, chiesa che fu in seguito ricostruita accanto all’antica Strada regia (post 101 e 102), nel territorio di San Vito, ad una novantina di metri dal confine. Ne nacque molto tempo dopo una contesa, di cui vi parleremo oggi.


La storia della chiesa di San Canciano è assai antica. Vi è infatti un atto notarile datato 1418 rogato dal notaio Bartolomeo fu ser Ungaro in cui il testatore lega due prati in val di Tiera al lume di San Canciano: in altre parole si lasciava per testamento due prati alla suddetta chiesa perché col ricavato si mantenesse un lume acceso per il santo [1]. Dai documenti delle visite pastorali del 1604 conservati nell’Archivio della Curia Vescovile di Belluno si possono poi ricavare informazioni per ricostruire l’originaria ubicazione della chiesa. Si legge infatti che «la chiesa è edificata nel luogo detto il monte di San Canciano; dista dalla chiesa di S. Vito circa un milio ma la strada non è facile perché si deve salire e discendere per circa mezzo milio». I documenti relativi al contenzioso tra il pievano di San Vito e quello di Borca, conservati nel medesimo archivio, permettono poi di individuarla ancora più precisamente: si legge infatti che l’edificio originario sorgeva esattamente sul confine tra Borca e San Vito cioè «a m. 368 distante e sopra e a mattina [a sud] dell’attuale» [2]. 


Le vicende sulla costruzione sono avvolte nel mistero; non si hanno informazioni certe su chi sia stato l’architetto a curarne il progetto e non risulta nemmeno che si siano effettuati degli scavi per cercare di recuperare gli oggetti sacri e l’argenteria della chiesa sepolta dalla roa. Ciò che è certo è che i lavori di costruzione impiegarono più di un trentennio. Non risulta infatti edificata fino al 1776 quando si deliberò la costruzione del tetto [3].


La pianta è semplice, una navata unica con due altari minori sui lati lunghi. Solo del maggiore si può ricostruire la storia; è stato infatti commissionato al pittore locale Gio Batta Fabris con contratto datato 24 agosto 1757, mentre gli altri probabilmente appartenevano alla vecchia chiesa di San Vito e sono stati adattati alle nicchie della nuova chiesa rimuovendo gli ornamenti più sporgenti.


Altri eventi tornarono a investire la chiesa più di un secolo dopo. Nell’anno 1900 i terreni circostanti erano stati acquistati dal Dott. Zucchi per la costruzione di un albergo di lusso, il Parc Hotel des Dolomites, aperto poi nel 1904. I Comuni di San Vito e Borca nell’atto di cessione avevano imposto l’esclusione della chiesa di San Canciano e dell’oratorio, ponendo l’onere in capo all’acquirente di eseguire le manutenzioni su detti edifici. Si era poi imposto di non impedire l’esercizio del culto all’interno di essi da parte dei fedeli delle comunità di Borca e San Vito.



Era interesse del Parc Hotel des Dolomites che si celebrasse la messa festiva nella chiesetta di San Canciano a beneficio degli ospiti dell’albergo; si era dunque rivolto al pievano di San Vito, che aveva rifiutato, ed aveva quindi potuto contare su Don Carlo De Luca, che iniziò a celebrare la messa senza richiedere previa autorizzazione al pievano di San Vito. Quest’ultimo non la prese bene.


Non si riuscì a giungere ad un accordo nemmeno con la mediazione del vescovo e il pievano di San Vito ricorse al tribunale ecclesiastico di Belluno in quanto aveva visti lesi i propri diritti giurisdizionali su San Canciano. Il parroco di Borca colse l’occasione per cercare di farsi riconoscere diritti uguali a quelli riconosciuti al pievano di San Vito, ma così non fu. Non dandosi per vinto, ricorse al Tribunale metropolitano di Venezia adducendo che i confini della giurisdizione ecclesiastica non corrispondessero a quello comunale e che pertanto la chiesa di San Canciano non cadeva interamente nella giurisdizione sanvitese.


Tuttavia il Tribunale Metropolitano respinse il ricorso e ribadì la giurisdizione del pievano di San Vito sulla base della corrispondenza tra confini comunali e di giurisdizione ecclesiastica, pur riconoscendo al parroco di Borca il diritto a continuare a celebrare le funzioni solite celebrarsi ab antiquo con la possibilità di servirsi delle chiesa anche in altre ricorrenze per gravi circostanze e con preavviso di almeno un giorno al pievano di San Vito. La corte veneziana riconosceva però che la questione della proprietà sulla chiesa fosse distinta da quella sulla giurisdizione e accertata la spettanza del diritto per 2/5 alla comunità di Borca decretò poi anche che si facesse una ulteriore copia di chiavi e che questo fosse custodito dal parroco di Borca.


Bibliografia

[1] Archivio Curia Vescovile di Belluno, Visite pastorali, b. 2, fasc. D, c. 6v.

[2] Archivio Curia Vescovile di Belluno, b. 19/b, fasc. 3, Vertenza Borca - San Vito per S. Canciano (1904-1905)

[3] Bolcato, Vittorio, Le chiese di Borca di Cadore, Limena (PD), Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, 1997, pp. 61 e sgg.


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