Il monte Antelao con i suoi 3264 m s.l.m. è la seconda cima delle Dolomiti ed è perciò detto Re delle Dolomiti. Ripercorrendo la storia del suo regno, però, si riscontra tristemente come sia stato in molte occasioni re funesto e inclemente verso i sudditi insediati ai suoi piedi.
Si racconta, ad esempio, che il leggendario paese di Villalonga, composto di una lunga colonna di piccoli paesi che si rincorrevano l’un l’altro da Vinigo a San Vito, sia stato sepolto dallo spietato Re delle Dolomiti il 25 gennaio 1348 a seguito di un violento terremoto che avrebbe causato la caduta di svariate frane. Lasciando alla leggenda le tristi vicende di questo curioso villaggio, ciò che è certo è che l’abitato di Borca di Cadore e le ville vicine sono state più volte vittime di frane che hanno portato con sé distruzione e morte.
Monte Antelao, fotografia di Riccardo Masut |
Un primo evento disastroso si colloca nel 1730 quando una frana coinvolse l’abitato a nord di Borca e spense le vite di 52 persone. Numerose fonti a noi pervenute poi ci permettono di ricostruire l’altrettanto triste vicenda della frana del 7 luglio 1737. Essa colpì nuovamente l’abitato di Borca (in particolare la frazione di Sala) e anche Resinego, dove venne distrutta la chiesa dedicata a S. Canciano. La frazione di Sala venne completamente sommersa dalla colata e fu così sepolta «gran parte delle case di quei miseri abitanti» insieme alla chiesa e alla canonica. (1)
Drammatico è il bilancio dell’evento fatto dal Pievano di San Vito, Bortolo Zambelli: «Così in poco più d’un momento quella povera gente sbalordita e confusa, rimase senza chiesa, senza cimitero, senza campane, senza case, senza pascoli, senza campi senza boschi, senza vitto e senza vestito, ritrovandosi in uno stato da muover compassione persino le pietre». (2)
Stando ai registri parrocchiali di Borca, 38 case furono distrutte e vi furono 7 morti dei quali due soli erano cittadini, (3) perché tra ottobre e novembre dell’anno precedente una colata di più modesta entità aveva messo in allarme gli abitanti, che così avevano avuto il tempo di porsi al riparo.
La portata dell’evento fu tale da interrompere anche la strada che collegava Borca a San Vito, tanto che nel novembre 1737 vi furono pressioni da parte del Consolato del Cadore spingere le Regole di S. Vito e Borca a riparare i tratti di competenza, sotto pena di cinquanta ducati «da levarsi e applicarsi al Fontico delle Biade di Pieve». (4)
[Bepo]
Bibliografia
(1) A. Ronzon, Dal Pelmo al Peralba. Almanacco Cadorino (Vol. II), Falcade, Nuovi Sentieri, 2005, pp. 66-67.
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(4) V. Bolcato, M. Sala, G. Zanetti, Borca di Cadore. Storia e territorio, Belluno, IBRSC, 1998.
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