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Visualizzazione dei post da settembre, 2020

Post 12 - Le chiese di Agordo nella cartografia

Immagine da mapire.eu (secondo rilevamento militare dell'Impero Asburgo 1818-1829). I prodotti cartografici storici possono essere fonte di meraviglia. Così, se ne abbiamo tra le mani uno bellunese abbastanza antico, passando sopra Agordo ci si accorge che nel 1751 vi erano ben TRE chiese: la chiesa parrocchiale di santa Maria, la chiesa della Beata Vergine del rosario o di San Giovanni Battista (Battistero) e la chiesa di San Pietro. Mappa 1751 (Laveder). La chiesa parrocchiale che vi era allora è diversa da quella di oggi: agli inizi del 1800 venne abbattuta, insieme al battistero, per ricostruirla come la si vede oggi. Era circondata dal cimitero ed era a sua volta una ricostruzione, di epoca carolingia (X sec.), posta sopra ad una chiesa tardoantica (V-VI sec.) “di forme romaniche”. Chiesa di S. Pietro all'angolo della piazza di Agordo. La terza chiesa citata era quella di San Pietro, posta nelle vicinanze del palazzo Crotta - de’ Manzoni: fu demolita nel 1916 dagli austri

Post 11 - Il Campiello della Feltrina

Andando verso Piazza San Marco può capitare di passare per il Campiello della Feltrina. È uno spazio tanto piccolo che non lo si nota nemmeno, schiacciato tra Palazzo Zaguri e la chiesa di santa Maria del Giglio. Il toponimo non è casuale e deriva proprio dalla nostra Feltre o, meglio, dalla “Casa Feltrina”. Tale edificio, il cui nome reale sarebbe “Palazzo Malipiero”, faceva parte di una lunga serie di strutture alberghiere che la Repubblica di Venezia metteva a disposizione agli abitanti di alcune sue città. Non sempre queste strutture sono sopravvissute ma fortunatamente i nomi restano: come non citare la vicina Calle de la Vicenza a San Moisè, Calle e Fondamenta dei Furlani a Sant’Antonin, oppure Calle Bressana ai santi Giovanni e Paolo. Palazzo Malipiero domina il piccolo campo con la sua mole, serrandolo sul lato nord. Costruito nel Quattrocento, si presenta come un classico esempio di palazzo in stile gotico fiorito, con il primo e secondo piano ornati al centro da delle polifor

Post 10 - Il fratello santagiustinese del cippo

Vi ricordate il cippo di Bribanet? Da Santa Giustina, prendendo le strade che tra i campi portano oltre Salzan, verso il greto del Piave, si può raggiungere la chiesetta di San Lorenzo. Qui si trova uno dei corrispondenti cippi della sponda feltrina del Cordevole (ve lo mostriamo per par condicio). Nel post precedente non vi abbiamo detto che prima dell’Ottocento il ponte di Bribano non esisteva, e a collegare le due sponde del Cordevole era un traghetto. E se da Santa Giustina aveste voluto attraversare il Piave? Nessun problema: non lontano dalla chiesa di San Lorenzo, avreste potuto imbarcarvi su un altro traghetto che vi avrebbe portati fino a Mel. Sareste attraccati in una località che, non a caso, ha preso il nome di Nave. Siccome non ci facciamo mancare niente, abbiamo ingaggiato un pilota per le foto aeree. Ne approfittiamo per ringraziarlo, e ti promettiamo solennemente  @albejhgallio  che ti pagheremo (in birre). [Nic] Per il post di Instagram clicca qui .

Post 9 - La musealizzazione

In cosa consiste la musealizzazione di un’opera? Non è la semplice esposizione: essa permette di rendere fruibile il valore storico, artistico e documentario dell’oggetto, e per fare ciò si avvale di tecniche museografiche ben definite. Un esempio notabile nella nostra provincia? Gli affreschi provenienti dall’antica sede comunale di Belluno, detto Caminata, di cui si sono conservati solo pochi frammenti oggi esposti al museo di Palazzo Fulcis in una saletta dedicata. Si trattava originariamente di due cicli pittorici di pregevole fattura, realizzati a pochi decenni di distanza da due pittori attivi in Veneto tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500: Jacopo Parisati da Montagnana e Pomponio Amalteo. Sono le prime raffigurazioni di soggetti classici realizzate a Belluno: dai resoconti storici e dalle stampe di Melchiorre Toller sappiamo che si trattava di scene legate alla mitologia storica di Roma, rappresentati in quanto esempi di valore civico. Il contesto storico è quello di una cit

Post 8 - Cippo di Bribanet

Sulle piene del Cordevole si potrebbe fare una serie televisiva (ci stiamo pensando). Niente a che fare con quelle del Nilo di cui leggevamo alle elementari, niente limo eccetera eccetera: le piene del Cordevole, molto più prosaicamente, demolivano spesso i (pochi) ponti presenti e, cambiando il corso del torrente, creavano agguerritissime dispute sui confini. Prima della costruzione degli argini moderni, corsi d’acqua di questa portata potevano, dopo un’esondazione, cambiare sede di decine e decine di metri: abbiamo sentito di persona i racconti di chi, nel 1966, a Seghe di Villa (Sedico) si svegliò la mattina e, aprendo la finestra, vide i propri campi essersi spostati dalla parte opposta del Cordevole. Nella sua parte terminale (presso Bribano) il corso del torrente segnava anche il confine tra Feltre e Belluno, e nel 1644 le controversie dovevano essere sfuggite di mano se Venezia decise di inviare il podestà di Treviso, Domenico Lion, a dirimere la questione. Furono allora colloca

Post 7 – Jacopo Facen, «Ispettore agli Scavi e Monumenti»

La nostra storia è stata studiata e scritta da personaggi che vale la pena conoscere. Trattare compiutamente di ciascuno di loro in un singolo post è difficile, dunque sceglieremo di volta in volta pochi aspetti interessanti della loro biografia. Cominciamo col dirvi in due righe di chi si tratta in questo primo post. Jacopo Facen nasce il 26 ottobre 1803 a Lamon da una famiglia agiata. Di mestiere fa il medico dal 1834 ad Arsiè e dal 1837 a Lamon, nel corso della sua vita otterrà poi altri incarichi. Nel 1877 ottiene il titolo di Cavaliere della Corona e poco dopo, dal 6 ottobre, ottiene il mandato di «Ispettore agli Scavi e Monumenti del Distretto di Fonzaso». Morirà nel 1886. Dopo questo sunto, parliamo di cosa ha fatto come cultore di storia sepolta. Uno dei ritrovamenti più importanti da lui pubblicato è il tesoro di Gelairmiro, trovato nel 1875 e composto da una pàtera, un piatto d’argento e una statuina in bronzo raffigurante un eroe o un guerriero. Alcuni anni prima, nel 1869,

Post 6 – Tre vasi importanti

Pont del Cristo al momento del rinvenimento. Il giorno 27 marzo 2007, durante i lavori di realizzazione del paramassi lungo la S. R. Nº 203, in località Pont del Cristo, le maestranze della ditta SIME si accorsero che qualcosa non quadrava: avevano messo in luce un piccolo riparo sotto roccia contenente dei vasi. Con molta professionalità segnalarono il ritrovamento, e il giorno successivo, il 28 marzo, si presentarono i soci del gruppo archeologico agordino ARCA: G. Fogliata, M. Olivotto, D. Preloran e M. Monastier; fin da subito fu chiara l’importanza del sito. Pont del Cristo oggi. Nel riparo vi erano tre vasi (di circa venti centimentri di altezza e larghezza). Due di questi erano in frantumi, e uno, che era posto coricato sul lato, integro; quest’ultimo vaso presentava aspetto situliforme (a secchio). Tutti e tre erano privi di decorazione. Fu però attribuita loro, sia da ARCA che dalla dott.ssa Elodia Bianchin Citton, una datazione compresa tra l’età del Bronzo finale e la prima