Andando verso Piazza San Marco può capitare di passare per il Campiello della Feltrina. È uno spazio tanto piccolo che non lo si nota nemmeno, schiacciato tra Palazzo Zaguri e la chiesa di santa Maria del Giglio. Il toponimo non è casuale e deriva proprio dalla nostra Feltre o, meglio, dalla “Casa Feltrina”. Tale edificio, il cui nome reale sarebbe “Palazzo Malipiero”, faceva parte di una lunga serie di strutture alberghiere che la Repubblica di Venezia metteva a disposizione agli abitanti di alcune sue città. Non sempre queste strutture sono sopravvissute ma fortunatamente i nomi restano: come non citare la vicina Calle de la Vicenza a San Moisè, Calle e Fondamenta dei Furlani a Sant’Antonin, oppure Calle Bressana ai santi Giovanni e Paolo. Palazzo Malipiero domina il piccolo campo con la sua mole, serrandolo sul lato nord. Costruito nel Quattrocento, si presenta come un classico esempio di palazzo in stile gotico fiorito, con il primo e secondo piano ornati al centro da delle polifore presentanti i caratteristici archi trilobati.
Il noto storico Giuseppe Tassini ci racconta un aneddoto riguardo questo Campiello. Nell’anno 1785 l’esercente di una locanda in Calle del Doge a San Maurizio tentò di soffiare l’attività al reale proprietario della Casa Feltrina, tale Lorenzo Ferri, scrivendo sotto all’insegna della sua conduzione: “In Venezia vero Alloggio e sola Locanda Nobile della magnifica città di Feltre, trasportata dalla Contrada di S. Maria Zobenigo in Calle del Doge a S. Maurizio”. Venne data ragione a Ferri e Palazzo Malipiero continuò a svolgere la sua funzione di alloggio per Feltrini per i successivi dodici anni. La caduta della Repubblica avrebbe fatto venire meno il ruolo di queste albergherie, destinate in seguito agli usi più vari. Nel nostro caso, il palazzo sarebbe diventato per un certo periodo di tempo dimora di Pietro Buratti, poeta che si distinse a cavallo tra Sette e Ottocento per la sua produzione dialettale.
[IlCervo]
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