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Post 214 - Chi è il Maestro dei Crocifissi bellunesi?

 




Con il generico (e un po’ ingrato) nome di Maestro dei Crocifissi bellunesi ci si riferisce a un artista attivo a cavallo del XV e XVI secolo nella provincia di Belluno, di cui oggi ancora non conosciamo l’identità. Non ci sono documenti che leghino a un nome le raffinate sculture che ci ha lasciato, ma grazie ai restauri realizzati all’inizio degli anni Duemila sul monumentale crocifisso della chiesa di San Giacomo di Feltre [1] e sul gruppo del Calvario della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Belluno,[2] gli studiosi hanno potuto riconoscere in modo più preciso la sua maniera fino a ipotizzare la sua identità. 

Foto 1: Crocifisso, fine XV - inizio XVI secolo, legno di tiglio scolpito policromo e dorato, 203 x 163 x 30 cm, croce 232 x 167 x 5 cm, Feltre, chiesa di San Giacomo

Foto 2:  Calvario, primo decennio del XVI secolo, legno di tiglio scolpito policromo e dorato, 120 x 40 cm, Belluno, chiesa cattedrale di Santa Maria Assunta, cappella absidale della navata sud, altare della Sacra Spina

Dal confronto delle quattro sculture salta subito all’occhio la vicinanza formale che permette di attribuirle alla stessa personalità. Osservando i volti si può notare un intaglio profondo nello scavo: l’orbita oculare è incavata, le sopracciglia sono divise da una ruga profonda, la bocca ha il medesimo taglio ed è accuratamente definita anche nei denti e nella lingua. I due crocifissi, in particolare, si assomigliano tanto da far pensare a uno stesso modello tradotto in scale diverse: oltre al volto troviamo strette somiglianze nelle vene sulle braccia, nella profonda ferita al costato, nel perizoma basso e con il nodo laterale.

Foto 3: Dettaglio: volto del crocifisso della chiesa di San Giacomo


Foto 4: Dettaglio: volto del crocifisso del gruppo del Calvario della cattedrale di Santa Maria Assunta

La ricerca dell’identità dell’anonimo artista è passata attraverso le indagini documentarie, lo studio della tecnica e dei materiali e il confronto dei due crocifissi di cui abbiamo parlato con opere stilisticamente affini, un'operazione che è risultata più fruttuosa tra i dipinti che tra le sculture. Spicca in particolare un’affinità con i caratteri stilistici dell’artista veneziano Giovanni Bellini (1430-1516), quali la gabbia toracica allargata ma morbida, la posizione sofferta della testa, sporta in avanti e con le spine della corona che penetrano la fronte, e il perizoma annodato a destra, che si ripiega più volte sul davanti. 

Foto 5: Dettaglio: volto della Madonna del gruppo del Calvario della cattedrale di Santa Maria Assunta


Foto 6: Dettaglio: volto di San Giovanni del gruppo del Calvario della cattedrale di Santa Maria Assunta


La monumentalità e la forza espressiva si fondono a proporzioni anatomiche ben precise, che coincidono con quelle canonizzate dall’Uomo vitruviano leonardesco del 1490. Questi legami fanno pensare a un artista aggiornato sulle novità del suo tempo in ambito teorico e pratico, ma di formazione veneta. Le analisi effettuate in occasione del restauro, infatti, hanno potuto confermare l’analogia con la tecnica pittorica delle botteghe veneziane tardo quattrocentesche, evidente soprattutto nella sperimentazione dei leganti oleosi combinati con zone a “tempera” e a “smalto” e nelle stesure multiple che compongono gli strati pittorici.[3] Il nostro anonimo artista, quindi, potrebbe essere stato influenzato da disegni provenienti dalla bottega di Bellini o aver direttamente collaborato con essa, dunque avvicinandosi a quest’ultimo anche nella tecnica.

Foto 7: Il Calvario, Giovanni Bellini, 1450-1475, Museo del Louvre, Parigi


Foto 8: Crocifisso Niccolini di Camugliano, Giovanni Bellini, 1480-1482 o 1502, Galleria di Palazzo degli Alberti, Prato


Le forme compiutamente rinascimentali dei due crocifissi – in particolare di quello feltrino – però, si fondono a motivi ancora legati al gotico internazionale, quali l’intaglio accentuato delle ciocche dei capelli, la barba bipartita, i riccioli a chiocciola e le vene scolpite, ma entrati da tempo nel gusto veneziano e che possiamo ritrovare anche in opere dello stesso Bellini.

Il restauratore Federico Velluti e la storica dell’arte Giuliana Ericani suggeriscono, come identità per il nostro Maestro, quella di Vittore Scienza, più conosciuto come Vittore da Feltre (ma da non confondere con il pedagogo Vittorino da Feltre). Questi, documentato nel primo ventennio del XVI secolo, fu il protagonista della cultura dell'intaglio a Feltre, ma fu attivo anche a Padova e Venezia. La sua unica opera sopravvissuta è la cornice del polittico di Capodistria di Cima da Conegliano. Il resto della sua attività è noto solamente grazie ai documenti, che riportano grandi incarichi da parte del governo veneziano ma non accennano a sculture a tutto tondo; gli vengono attribuite anche due “croci dipinte” per il duomo di Feltre tra il 1514 e il 1525 ma la sua attività sembra più quella di un decoratore.

Foto 9: Polittico di Sant’Anna, Cima da Conegliano, 1513, per il convento di Sant’Anna di Capodistria, oggi al Museo di Palazzo ducale di Mantova


Il Maestro dei Crocifissi bellunesi resta ancora senza identità e su di lui si hanno pochi punti fermi, dedotti dai confronti formali e dall’analisi della tecnica esecutiva. Va aggiunto, però, che l’originaria provenienza del crocifisso di San Giacomo dal convento francescano di Santo Spirito di Feltre, farebbe pensare a una committenza importante e a un artista di una certa notorietà. 




NOTE


[1] Oggi l’opera si trova sulla parete sinistra, in una nicchia realizzata nel 1926, ma proviene dal convento francescano di Santo Spirito a Feltre, dove probabilmente era esposta sospesa sull’arco trionfale dell’abside della grande chiesa, viste le dimensioni monumentali della scultura e l’anatomia studiata per essere vista dal basso. Il convento venne soppresso nel 1808 e successivamente demolito; il crocifisso fu acquistato probabilmente su richiesta del vescovo Bernardo Maria Carenzoni, per evitare che finisse disperso.

[2] La prima testimonianza del gruppo del Calvario del Duomo di Belluno risale al 1640 e appartiene al notaio Giovanni Delai, già allora conservati con la reliquia della Sacra Spina. Il gruppo scultoreo, l’altare marmoreo e la reliquia vennero spostati per un riordino: le parti lapidee dell’altare vennero inserite sull’altare della Madonna delle Grazie, mentre il Calvario e la Sacra Spina vennero collocati sull’altare della cappella che conclude la navata sud, dove si trovano ancora oggi. L’attuale disposizione risale al 1855, anno in cui l’intero complesso venne restaurato da Giovanni Feltrin, che dipinse anche il fondale. 

[3] La tecnica pittorica è molto raffinata e studiata, le analisi hanno mostrato, ad esempio, come la composizione stratigrafica degli incarnati cambi a seconda del soggetto. Nei dolenti lo strato pittorico di base è composto da due stesure corpose, dove quella inferiore è più spessa e scura e contiene cinabro, biacca, ocra rossa e giallo di piombo e stagno, mentre quella superiore è più sottile e contiene biacca, ocra gialla e rari grani di giallo di piombo e stagno. Tra le due, inoltre, si interpone un film a base di resine naturali atto a conferire maggior lustro e profondità alla pittura. Nei due crocifissi, invece, la stesura è unica (composta da biacca, cinabro, giallo di piombo e stagno, ocra gialla e nero vegetale) e poggia su un film di resine naturali steso direttamente sulla preparazione di gesso e biacca. Questa diversa composizione degli strati ha permesso all’artista di ottenere nei dolenti un incarnato più lustro e vivo che nei due crocifissi. 



BIBLIOGRAFIA

  • SPIAZZI Anna Maria, GALASSO Giovanna, BERNINI Rita, MAJOLI Luca (a cura di), A Nord di Venezia. Scultura e pittura nelle valli dolomitiche tra Gotico e Rinascimento, Silvana Editoriale, Milano, 2004, pp. 427-435, 442-445, 478-479

  • SPIAZZI Anna Maria, MAJOLI Luca (a cura di), La scultura lignea. Tecniche esecutive, conservazione e restauro. Atti della giornata di studio - Belluno 14 gennaio 2005, Silvana Editoriale, Milano, 2007, pp. 187-206

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