Post 213 - Sovramonte e i mulini ad acqua. Un’indagine cartografica (e una storia ancora da scrivere)
L’altopiano di Sovramonte ha una lunga storia di sfruttamento a scopo energetico dei propri corsi d’acqua, che risale molto prima degli impianti idroelettrici comparsi in età contemporanea. Ad oggi rimangono sul territorio molte tracce delle attività che funzionavano sfruttando la forza motrice idraulica in età moderna e in generale al periodo pre-rivoluzione industriale. Non dobbiamo dimenticare infatti che per millenni i mulini sono stati il più efficiente meccanismo per azionare macine, seghe, magli e altri impianti produttivi protoindustriali.
Per capire un po’ di più di questa storia è utile delineare quali sono le risorse che rendono possibile l’utilizzo della forza idrica. Il territorio di Sovramonte si sviluppa su un terrazzo fluvio-glaciale, formato dal ritiro dei ghiacciai alpini. Su questo terrazzo sorgono i principali abitati (in modo simile a quanto avviene a Lamon). È delimitato dalla forra del Cismon a ovest e dalla valle del torrente Ausor a est, che scende dai versanti del Monte Avena: questi due corsi d’acqua sono i principali punti di interesse.
Proprio lungo la valle dell’Ausor si concentra un primo importante nucleo di impianti idraulici. Sappiamo che lungo il corso del torrente — che si estende per circa 7 chilometri — negli anni ‘20 dell’Ottocento sorgevano numerosi mulini che garantivano la produzione di legname da costruzione e, soprattutto, che azionavano macine da farina per soddisfare il fabbisogno alimentare locale.
Abbiamo condotto una prima indagine esplorativa per avere un quadro più preciso dell’intensità dello sfruttamento, affidandoci a due fonti cartografiche: la cartografia IGMI (Istituto Geografico Militare Italiano) e la cartografia asburgica. [1] La prima ci offre un iniziale quadro interessante, segnalando tre opifici nel ‘900: la Segheria Pasquale, il Mulino della Corte (o “dalla Corte”) e un mulino anonimo in località Scaleta.
Ma è la cartografia ottocentesca, risalente al periodo asburgico, a regalare le informazioni più ricche. Sebbene non riporti toponimi precisi, permette di comprendere l'intensità dello sfruttamento idrico. A Sanzen sono segnalati due mulini; in località Mulìn (IGMI: Segheria Pasquale), addirittura sette; in località “Al Molino” (IGMI: C. Molìn), uno; e tra C. Molìn e Scaleta, un altro mulino non identificato. In tutto nel periodo rilevato dalla cartografia asburgica (1818-1829) possiamo contare dodici mulini lungo il solo torrente Ausor: un numero significativo, che ci parla di un’economia locale viva, articolata, e fortemente legata all’uso dell’acqua. Possiamo quasi parlare di un complesso pre-industriale sovramontino.
Dei due opifici a Sanzen si sa poco: situati sulla destra orografica del torrente, vicino all’attuale ponte, si trattava di un mulino e di una segheria di cui oggi restano solo poche tracce.
Più documentata, invece, è la zona di Molìn, dove già dal XVII secolo erano attivi numerosi opifici. All’inizio del Novecento ve ne erano ancora cinque in funzione: due segherie e tre mulini. Il complesso più noto è quello della Segheria Pasquale, alimentata da una rosta in uscita dal complesso Taran e azionata da due ruote orizzontali, che mettevano in moto una sega alla veneziana, cioè con taglio verticale per la produzione di tavole. Tale sistema costituì in età moderna un’innovazione industriale molto importante, per l’efficienza produttiva di questo tipo di impianto, che per funzionare tuttavia necessitava di una portata d’acqua elevata (che l’Ausor era in grado di garantire).
Tra i mulini più affascinanti spicca il Mulino della Scaleta, a circa 600 metri in linea d’aria da Sorriva, incastonato in un suggestivo riparo roccioso naturale. Rimasto in attività fino all’alluvione del 1966, era un opificio polifunzionale: grazie alla forza dell’acqua, azionava due macine per il granoturco, una segheria e persino una piccola centralina elettrica. Costruito e gestito dalla famiglia Moretta, oggi ne restano imponenti ruderi, sistemati grazie all’impegno del Gruppo Alpini locale. Le due macine originali sono ora esposte all’esterno delle scuole di Sovramonte, recuperate grazie al capogruppo ANA Giovanni Appocher.
Ma il Mulino della Scaleta è anche custode di una leggenda. Poco sopra il mulino si trova il “Crot de le Cros”, un piccolo riparo post su una crosta di travertino, dove numerose croci sono incise nella roccia tenera. Secondo la tradizione orale, un tempo un diavolo si divertiva a bucare i sacchi di farina degli abitanti di Sorriva. Fu San Giorgio a intervenire, scacciandolo su richiesta della popolazione. Come pegno della sconfitta subita, il demonio lasciò le croci incise nella pietra. Una leggenda che si intreccia profondamente con il valore simbolico e materiale dell’uso dell’acqua, delle difficoltà alimentari e della fatica quotidiana.
Oltre all’Ausor, anche altri torrenti sovramontini ospitavano opifici. Nella località Gorna, a valle di Zorzoi, le carte asburgiche della prima metà del XIX secolo segnalano una segheria e un mulino. Di questi sappiamo che, dopo un periodo di abbandono, furono rimessi in funzione nel 1908 dalla famiglia Pauletto che ampliò l’impianto.
Un altro mulino si trovava poi in località Molìn, lungo il torrente Cismon: il toponimo, già rilevabile nella seconda metà del XIX secolo, indica che la zona era già nota in precedenza per lo sfruttamento delle acque del Cismon deviate con una canaletta artificiale.
Quello che possiamo cogliere, dalla panoramica di queste poche fonti disponibili è la sorprendente densità di attività pre-industriali/artigianali, specialmente lungo il torrente Ausor. Una ricchezza in gran parte nascosta, ma di grande valore storico e culturale per la comunità locale che merita di essere studiata più a fondo, come è stato in parte già fatto per altre aree dentro e fuori del Bellunese.
A cura di [MattIki]
Per approfondire il tema, seppur in un contesto diverso rispetto a quello sovramontino, consigliamo: BARTOLINI D., Ruote ad acqua lungo il Vesés. Storia e tecnologia, Santa Giustina, 2005.
NOTE
[1] Le carte consultabili presso l’IGM si trovano sul portale nazionale: http://www.pcn.minambiente.it/viewer/. La cartografia asburgica è resa disponibile tramite il progetto Arcanum: https://www.arcanum.com/en/
BIBLIOGRAFIA
DE BORTOLI, L. (a cura di), Sovramonte, guida al territorio. Storia, arte, tradizioni e natura, 2016
Kriegskarte, 1798-1805. Il Ducato di Venezia nella carta di Anton von Zach, a cura di M. ROSSI, Treviso - Pieve di Soligo, 2005
CARTOGRAFIA
IGMI, 1:25000, 1950: http://www.pcn.minambiente.it/viewer/
Seconda campagna di rilevamento militare dell’Impero Asburgico - Lombardia, Venezia, Parma, Modena (1819-1822), 1852: https://www.arcanum.com/en/. Segnaliamo anche l’edizione riportata in bibliografia, a cura di M. ROSSI (2005).
SITOGRAFIA
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