La nascita del Regno d’Italia nel 1861 (l’annessione di Belluno avviene in realtà cinque anni dopo, nel 1866) segna l’inizio di una stagione di interventi nell’ambito delle politiche educative. Nel 1877, con l’avvento della cosiddetta Sinistra storica, è emanata la Legge Coppino, che porta la durata della scuola elementare a cinque anni e introduce l’obbligo scolastico per il primo triennio. Nel 1904 è invece approvata la Legge Orlando, che estende l’obbligo scolastico fino al dodicesimo anno d’età, limitando la durata della scuola elementare a quattro anni ma introducendo al contempo il “corso popolare”, una sorta di scuola di avviamento professionale della durata di un biennio (da svolgersi dopo il quadriennio elementare) al termine della quale si otteneva la licenza elementare. La Legge rende obbligatoria l’istituzione del corso popolare in tutti i comuni con popolazione superiore ai 4.000 abitanti.
Le novità legislative dell’Italia postunitaria mettono in luce le carenze strutturali dell’educazione elementare a Belluno. A inizio Novecento le scuole urbane sono ancora collocate nei locali del convento di via Loreto, mentre quelle frazionali si trovano in locali presi in affitto. Durante il mandato del sindaco Vittorio Zanon (1906-1911) vengono costruiti ben undici edifici scolastici nelle frazioni del comune, alcuni ancora oggi sede di scuole elementari (come ad esempio Mur di Cadola, Bolzano, Badilet, Giamosa). Al contrario, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale impedisce di arrivare a una soluzione per le scuole elementari del centro.
Nel marzo 1921, con sindaco Vincenzo Lante, viene istituita la Commissione per i fabbricati scolastici urbani, che porta alla redazione di un piano per la costruzione di cinque fabbricati scolastici (il Liceo, le Scuole tecniche, le Scuole normali femminili, le Scuole elementari maschili e quelle femminili), due palestre e un orto sperimentale nell’area dell’ex stazione, nel frattempo ricollocata a nord (nella posizione in cui si trova tutt’ora) per permettere il prolungamento verso il Cadore del tracciato ferroviario.
Il progetto tuttavia non vede la luce secondo queste forme. Il Comune riesce ad acquisire l’area dell’ex stazione solamente nel 1926, ma tra il 1927 e il 1929 la nuova amministrazione fascista, guidata dal podestà Antonio Dal Fabbro, immagina di destinare l’area a costruzioni private. Per le Scuole elementari e la Casa del Balilla si pensa invece di utilizzare il Parco dei Gesuiti (oggi Parco Città di Bologna), nonostante il Comune abbia il solo godimento dell’area concesso dal Ministero della Guerra.
Nel 1930 il Comune è costretto a tornare sui propri passi a causa di ristrettezze di bilancio, deliberando di costruire le sole Scuole elementari nell’area dell’ex stazione, senza concentrarvi anche tutte le scuole superiori. In seguito, nel luglio 1933, la parte orientale del compendio viene ceduta all’Opera Nazionale Balilla, che vi costruirà lì la Casa del Balilla, poi demolita nel 1982 per il nuovo edificio del Tribunale.
Nel gennaio 1932 il capo dell’Ufficio tecnico comunale, ingegnere Agostino Zadra, e il fratello, ingegnere Guglielmo Zadra, presentano il progetto dell’edificio scolastico. Decisivo risulta essere l’apporto dell’educatrice bellunese Pierina Boranga, direttrice generale delle scuole elementari dal 1927, che con le proprie parole indirizza il progetto dei fratelli Zadra in una precisa direzione: «Desidero una scuola che abbia della villa di campagna e che si discosti quanto più è possibile dal tipo degli edifici tradizionale, simili a caserme, con le finestre alte e strette allineate in monotona successione; una scuola che si veda e non si veda, mezzo nascosta dalle pietre, con un bel giardino davanti». Oltre all’edificio, un’ampia parte è riservata ai giochi (1.500 metri quadri) e al giardino-orto (7.200 metri quadri) con presenza di varie essenze arboree perenni. Anche su questo Boranga influenza i progettisti: «Lo scoperto – cioè il giardino, l’orto e il frutteto – è al servizio dell’attività didattica delle scolaresche. Vi si fanno coltivazioni di piante erbacee a breve ciclo per esercizio di osservazione e di ricerche per fare acquistare conoscenza della vita, della natura e dei fenomeni biologici più interessanti e accessibili alla mente del fanciullo. La coltivazione dei fiori e la loro distribuzione nel giardino a scopo sperimentale educano al sentimento del bello e ingentiliscono l’animo». [1]
Nel gennaio 1933 la Commissione edilizia del Comune approva il progetto, pur con alcune prescrizioni e un giudizio netto dal punto di vista architettonico: «dissentendo dal genere di stile adottato, che non ritiene consono né alla località né al carattere dell’edificio, comunque si pensi in materia di razionalismo». [2]
L’edificio viene completato in poco meno di due anni «con rapidità fascista», come riportato nell’articolo dedicato alla scuola sul Gazzettino, per essere inaugurato nel giorno dell’anniversario della Marcia su Roma, il 28 ottobre 1934, alla presenza del Ministero dell’Educazione Nazionale Francesco Ercole. La Scuola viene intitolata ad Aristide Gabelli (1831-1890), tra i più importanti pedagogisti italiani del XIX secolo, originario di Belluno.
Nei decenni successivi la Scuola Gabelli sarà considerata una delle scuole più all’avanguardia d’Italia sia per la struttura che per la didattica applicatavi. È sempre a Pierina Boranga che si deve l’introduzione nella scuola del metodo educativo sperimentale della pedagogista Giuseppina Pizzigoni, appreso dalla stessa Pizzigoni nella Scuola della Rinnovata, nel quartiere Ghisolfa di Milano, dove Boranga lavora tra il 1918 e il 1927. Dopo la Seconda Guerra Mondiale uno dei più significativi interventi di Boranga, nel frattempo divenuta anche assessora all’istruzione del Comune tra il 1956 e il 1964, è la costruzione della piscina interrata della Scuola nel 1962, finanziata quasi interamente dallo Stato grazie alle entrature ministeriali dell’assessora.
Nel maggio 2009 il crollo di una controsoffittatura ha reso inagibile la Scuola, decretandone la chiusura e rendendo necessaria la costruzione di un edificio provvisorio nel Parco Città di Bologna per ospitare gli alunni. A seguito di importanti lavori di restauro, la Scuola è stata riaperta nell’aprile 2022 tornando così alla sua funzione originale.
[Ste]
NOTE
[1] A. BONA, – O. CEINER, La scuola elementare Aristide Gabelli a Belluno. Tra storia e architettura, Belluno, 2014, p. 20.
[2] Ivi, pp. 21-22.
BIBLIOGRAFIA
A. BONA – O. CEINER, La scuola elementare Aristide Gabelli a Belluno. Tra storia e architettura, Belluno, 2014
P. BORANGA, La Gabelli di Belluno: scuola di sperimentazione didattica, Brescia, 1962
P. BORANGA, La lunga memoria degli anni dal 1927 al 1958 quand’ero dirigente di scuola, Belluno, 1982
La scuola elementare bellunese e Pierina Boranga, atti del convegno (Belluno, 17-18 maggio 1990), a cura di F. VENDRAMINI, Belluno, 1991
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