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Post 193 - Neanderthal nella provincia di Belluno, un quadro della situazione.

 


Nei nostri post a tema preistoria (e non solo, in realtà), ad oggi vi abbiamo parlato sempre della storia di un’unica specie: l’Homo sapiens. Ma questa non è stata la prima specie umana a colonizzare l’Europa e la zona alpina. Anche l’Homo neanderthalensis ha frequentato le nostre montagne durante il lungo periodo del Paleolitico medio (circa 300.000 - 35.000 anni fa). Un’epoca in cui hanno fatto in tempo ad alternarsi glaciazioni e fasi interglaciali.

Che tracce ha lasciato? Ad oggi nella provincia di Belluno le evidenze così antiche sono poche: consideriamo che l’ultima presenza di questa specie umana risale a circa 35.000 anni fa (molto a spanne), cioè con la fine dell’ultima glaciazione, detta “Glaciazione Würm”. I cambiamenti climatici, da allora, hanno profondamente trasformato l’ambiente e l’orografia, lasciando pervenire a noi solo poche tracce antropiche dell’epoca.


I paesaggi delle zone che ci sono familiari, al tempo in cui le abitavano i Neanderthal, ci risulterebbero quasi irriconoscibili: se potessimo vederle oggi molti dei nostri landmarks, dei nostri punti di riferimento, mancherebbero o risulterebbero diversi.

Un dato, per dare una misura dei cambiamenti che interessarono l’ultimo massimo glaciale (110.000 - 11.000 anni fa): nel fondovalle della Valbelluna e in generale di tutto il territorio dolomitico, si trovava con un ghiacciaio in lento movimento con uno spessore che doveva raggiungere i 1000 metri sopra l’attuale città di Belluno. Quindi per noi è difficile cogliere come dovevano apparire le nostre vallate agli occhi dei Neanderthal nei momenti interglaciali (momenti caldi, tipo quello in cui stiamo vivendo noi oggi e negli ultimi 10.000 anni circa, in cui tali ghiacciai scomparivano). 

Possiamo comunque immaginarlo come un paesaggio orografico non molto diverso, ma che servirebbe uno sforzo per riconoscere. Le montagne e i loro versanti avevano una forma certamente differente (perché da allora i fenomeni erosivi le hanno modificate molto, rendendo per esempio le crode più scoscese e acuminate). In Valbelluna mancavano per esempio del tutto le masiere del Mas, e le colline di fondovalle dovevano risultare probabilmente più alte e meno arrotondate. 


Spessore del ghiacciaio würmiano sopra Belluno (Broglio et alii 1992)

Una caratteristica sicuramente avrebbe colto la nostra attenzione: la presenza di una flora rigogliosa, e composta in parte da specie differenti. Anche la fauna risultava più ricca, pensiamo alla presenza dell’alce o del famoso orso delle caverne, per non parlare della possibile presenza di mammuthus, o mammut, come quello rinvenuto a Vidor. Insomma, un mondo molto differente da quello che oggi possiamo anche solo immaginare, che i ghiacciai avrebbero rimodellato ancora per decine di migliaia di anni a venire. 


Le poche evidenze, quindi, dei nostri Neandethal sono dei rimasugli sopravvissuti dalle grandi asportazioni avvenute a causa ghiacciai. Queste sono concentrate in zone sommitali, come sul Monte Avena e sulle Prealpi Bellunesi e nell’altopiano del Cansiglio. Insomma, per trovare tracce dei Neanderthal bisogna guardare dove le lingue glaciali del Piave, del Cismon e del Cordevole non hanno eroso il suolo.


Queste evidenze sono limitate a pochi manufatti litici, riconoscibili in quanto industria Musteriana. Ma, seppur pochi, questi reperti ci raccontano di come anche queste genti conoscessero il territorio e cosa esso poteva offrire loro dal punto di vista delle risorse naturali utili per la sopravvivenza.


I ritrovamenti più significativi sono stati fatti presso il Campon d’Avena, dove emersero durante le campagne degli anni Ottanta degli strumenti in selce attribuiti ai Neanderthal, tra cui raschiatoi, lame, schegge e nuclei.


Industria musteriana del Monte Avena.

Ma è dalla località Prenduól che proviene un nucleo tipico dei Neanderthal, un nucleo di tipo Levallois, come viene chiamato dall'omonima località dove è stato identificato per la prima volta. Questo si caratterizza per una forma a ‘carapace di tartaruga’: per ottenere questa forma era necessaria una certa capacità organizzativa della sequenza di lavorazione. Tale reperto consente di datare il sito e di poterlo attribuire con certezza al Neanderthal. Altre evidenze provengono dal Cansiglio, nelle località di Cornésega Alta e Tramedère.


Quello che si riscontra è comunque una traccia labile della presenza dei Neanderthal, piccoli indizi che ci fanno comprendere come conoscessero il territorio e le risorse che poteva offrire loro, come la selce della scaglia rossa del Monte Avena, ma anche delle vie d’accesso alla Valbelluna. Purtroppo le evidenze nel Bellunese sono estremamente limitate, data sia la natura dell’ambiente sia l’erosione attuata dai ghiacciai würmiani che hanno asportato il suolo dell’epoca cancellando qualsiasi evidenza contenesse.


[MattIki]


BIBLIOGRAFIA


  • C. MONDINI, La preistoria, in P. CONTE, Belluno. Storia di una provincia dolomitica, Vol 1, Dalla preistoria all'epoca romana, Udine, 2013, pp. 17-131.

  • R. DISCORSI, M. PERESANI, Archeologia in montagna. Alla ricerca delle tracce preistoriche della frequentazione umana sulle nostre montagne, Milano, 2023. 

  • D. VISENTIN, M. PERESANI, E. PIUTTI, P. ALESSANDRO, G. TERLATO, N. ABU-ZEID, C. BERTO, M. CARRA, G. CONTE, E. CRISTIANI, V. DE SAVORGNANI, N. FASSER, C. NICOSIA, A. PELLEGRINELLI, G. RIGOLIN, P. RUSSO, Y. TADDIA, Una nuova stagione di ricerche preistoriche in Cansiglio: la grotta del Pian di Landro, «Frammenti. Conoscere e tutelare la natura bellunese», n. 8, 2018, pp. 66-72.

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