Una parola che conosce una varietà enorme di forme diverse in provincia è una parola in realtà molto semplice: il corrispondente dell’italiano “labbro”. È una ricchezza di due tipi:
Etimologica: dove vari idiomi derivano la propria parola da radici diverse, alcune latine, alcune di origine germanica (ma non solo, come vedremo)
Fonetica: a seconda della diversa evoluzione linguistica che le componenti sonore (i fonemi, le sillabe) hanno subito nei secoli, portando ad esiti diversi nei vari idiomi locali
Abbiamo innanzitutto le forme che derivano dalla radice latina labrum (“labbro” appunto). In labrum la -B- si è evoluta nel suono -V-: ovvero da un suono articolato con labbro contro labbro (-B- appunto) si è passati a uno prodotto con labbro inferiore contro arcata dentale superiore (-V-). Provate a pronunciare questi due suoni e ve ne accorgerete.
Si è poi aggiunta una vocale di appoggio tra -B- ed -R- che rendeva, secondo la pronuncia dell’epoca, più semplice articolare la parola. Si è quindi arrivati a *lavero (o simili forme)
È breve poi passare quindi alle varianti làver (Bellunese, Agordino) e lavar (Alpago) con la caduta della vocale finale -O
La variante làoro o làore ha conosciuto invece un altro passaggio. Probabilmente il suono -V- davanti a -R- si è progressivamente indebolito trasformandosi in un suono semivocalico -U-. A questo punto -AU- ha conosciuto anche l’apertura della -U- in -O-. Inoltre, in alcune varietà la vocale finale -O è diventata -E. Troviamo làoro nel Feltrino esteso (talora làor a Lamon), làore in Agordino.
Abbiamo però una seconda famiglia di varianti, che hanno come genitore comune non il latino labrum, ma una parola germanica del tipo di leffur/lefze. Questa famiglia è radicata nell’Agordino, dove, con l’aggiunta del prefisso (latino, questa volta) EX-, abbiamo:
Sléf, con apocope (caduta) della vocale o della sillaba finale, fino a Colle Santa Lucia e poi a Livinallongo;
Slèf, nel medio-basso Agordino;
Sliéf, con ulteriore dittongamento di -E- in -IE-, a Rocca Pietore;
Sgiéf, con metamorfosi di -F- in -G-, a Laste;
Altra origine ancora hanno le varianti bèssola (Zoldo), béssola (Rocca Pietore, Laste, Colle Santa Lucia), sbèssol (Agordino), quest’ultimo con l’aggiunta del prefisso EX-.
L’etimologia in questo caso è incerta, ed è forse ricostruibile in un preromano *beciula. L’esito si può confrontare con quello delle varianti venete, sbèsola (“mento sporgente”), o con l’italiano ‘bazza’ (stesso significato).
Si tratterebbe in questo caso di un raro e prezioso esempio di sopravvivenza di elementi lessicali dalle lingue parlate nell’arco alpino prima della romanizzazione, e quindi della diffusione del latino.
Rimangono però da spiegare tutte le varianti del ladini cadorino. Le varianti del tipo aurèl/orèl hanno probabilmente la stessa radice delle varianti laore/laver. Come? Seguendo dapprima l’evoluzione -B->-V->-U-, si sono poi differenziate con l’aggiunta del suffisso vezzeggiativo/diminutivo -ELLUM.
Ma come spiegare quindi la caduta della vocale iniziale L- dall’ipotetica forma *laurel fino a quelle diffuse ora? Con la “discrezione dell’articolo”, ovvero con un errore nell’interpretare la separazione dell’articolo determinativo dalla parola che introduce, come nell’oscillazione tra “l’America” e “la Merica”. In questo modo la L- iniziale di *laurel è stata reinterpretata nel parlato come articolo di “l’aurel”, e dunque al plurale diventa “i auriei”.
Abbiamo avuto quindi l’evoluzione in:
Aurel a Pieve, Lozzo e Borca di Cadore
Ourel, con regolare evoluzione del dittongo -AU- in -OU, in Ampezzo
Orel e urel, con semplificazione del dittongo in sola vocale, rispettivamente a Campolongo e a Dosoledo.
A cura di MUSLA e per CRODAP [Nic].
BIBLIOGRAFIA
PELLEGRINI G. B. – SACCO S., Il ladino bellunese. Atti del convegno internazionale (Belluno, 2-3-4 giugno 1983), Belluno, Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali, 1984;
NICOLAI L., Il dialetto ladino di Selva di Cadore. Dizionario etimologico, Belluno, Union de i Ladign de Selva, 2000.
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