I terrazzamenti sono stati in passato una soluzione ai problemi dell’abitare in montagna, permettendo a generazioni di contadini e contadine di riuscire a coltivare i territori montani italiani (e non solo). Questa modificazione del paesaggio da parte degli abitanti, che agiva sul piano agrario e su quello idraulico, ha rappresentato un’innovazione che ha aumentato la produttività del suolo e, non meno importante, è diventata caratteristica identitaria del territorio.
L’Enciclopedia Treccani descrive il terrazzamento come una «sistemazione di un terreno naturale fortemente acclive mediante costruzione di una serie di ripiani, detti terrazze, ognuno sostenuto da un muretto, per lo più a secco, o da una scarpata». La scarsità di terreni coltivabili in montagna veniva in questo modo risolta costruendo terrazzamenti. [1]
Un sistema terrazzato è un’infrastruttura ecologica complessa, strutturata da percorsi di accesso, sentieri interpoderali di attraversamento, canalizzazioni per il deflusso delle acque, cisterne e vasche per la raccolta, edifici e annessi rustici in pietra, spesso a secco.
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Foto 1: Ortofoto di San Donato di Lamon |
Se guardiamo al paesaggio odierno e a come esso si sia formato, i primi grandi interventi risalgono già al Millecento, quando in Italia i terrazzamenti conoscono una fase di diffusione in varie aree della penisola, spesso ad opera di ordini monastici. Tuttavia, allo stato delle ricerche, le fonti documentarie non offrono ulteriori chiarimenti. In mancanza di prove certe sui primi terrazzamenti nel comune di Lamon (BL), si può analizzare lo sviluppo che tali sistemi hanno avuto in aree vicine dell’attuale Veneto. Un’attenzione particolare va posta sulle masiere [2] del Canale di Brenta (VI), una valle molto stretta situata nelle Prealpi Venete, caratterizzata da monti con pendii molto scoscesi [3]. Qui le masiere hanno trovato il periodo di maggiore sviluppo ed estensione nella seconda metà del Settecento, in stretta relazione con la parallela crescita demografica dell’area. In quest’epoca la coltura del tabacco si espandeva a scapito delle colture tradizionali del Canale (canapa, gelso, granoturco, patate, vite, foraggio).
In particolare, si può guardare al Comune di Valstagna. Tra l’Ottocento e il Novecento, l’unico modo per la popolazione locale di procurarsi terra da coltivare era rappresentato proprio dalla realizzazione di terrazzamenti, che si innalzavano oltre i 500 metri di quota e permettevano di conquistare la montagna pezzo dopo pezzo.
Il ciclo del terrazzamento, che va dalla sua costruzione alla raccolta del prodotto, era da considerare come uno sforzo per la sopravvivenza, un modo per far fronte alle difficoltà e alla scarsità di risorse dell’area. Infatti, attorno alla coltivazione del terrazzamento non ruotava solamente il paesaggio, ma anche un intero sistema di vita: scavare la roccia per ricavare piccoli terrazzamenti, spesso chiamati ‘fazzoletti di terra’. Questa era una vera e propria modalità di sopravvivenza, una ‘conquista’ della montagna che trasforma i pendii in suoli coltivabili con cui sostenere la propria famiglia.
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Foto 2: Terrazzamenti di San Donato |
Questi terrazzamenti erano caratterizzati dalla costruzione di un muretto a secco impiegando roccia estrapolata dalla montagna per mezzo di una piccola esplosione. L’ostacolo maggiore per questi contadini era trovare il terriccio con cui riempire i terrazzamenti; in ambienti poco fertili come questo costituiva una sfida quotidiana. La terra veniva cercata ovunque, sempre più in su, dove nessuno si era ancora spinto a farlo, in mezzo alle rocce e ai rovi; i viaggi con i sacchi colmi di terriccio erano estenuanti e pericolosi.
Portata la terra fino al terrazzamento, onde evitare la dispersione dello strato coltivabile in cui veniva stesa, si creava un fondo di sassi, su cui si compattava il terreno smosso. Si cercava di ricreare artificialmente il suolo che si poteva trovare in pianura allo stato naturale. Completata la copertura con il terriccio, veniva fatta la prima semina; i contadini iniziavano il ciclo del raccolto seminando erba. Questo passaggio permetteva di arricchire di materia organica lo sterile terreno di montagna. In un’intervista, un contadino della zona riportava come: «l’erba la rassoda e la concima (la terra), preparandola al raccolto». [4] Quando possibile, si trasportava fino in loco anche del letame, materia più preziosa e adoperata quindi con parsimonia.
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foto 3: Cartografia delle principali aree terrazzate del Bellunese (fonte GAL) |
Una volta concimato, il campo veniva segnato formando dei quadrati. Questa era una tecnica per coltivare il tabacco, che veniva seminato ai quattro angoli a distanza regolare. Nella zona veniva coltivata la varietà del “Nostrano del Brenta”, e queste coltivazioni si potevano considerare come un’impronta paesaggistica unica in ambito veneto. [5] Nonostante la resa fosse molto bassa, la sua coltivazione era molto diffusa in quanto si trattava dell’unica pianta che resisteva in zone sterili come questa. Fino agli anni Cinquanta, la sua produzione in quest'area era intensiva, insieme alle coltivazioni tradizionali di patate, fagioli e piccoli frutti. Tuttavia, con il passare degli anni e la conseguente crescita delle coltivazioni in pianura e delle importazioni, la produzione del tabacco cominciò un rapido declino, e con esso anche la tradizione dell’uso del terrazzamento come metodo di produzione. [6] Durante la seconda metà del Novecento assistiamo a un crollo della produzione della pianta del tabacco, con una superficie coltivabile che passa dai 194 ettari del 1929 alle ultime decine di ettari ufficialmente registrati nel 1991. Il drastico calo delle aziende a conduzione familiare diretta e della piccola proprietà coltivatrice si tradusse in un abbandono generalizzato dei versanti terrazzati e nell’avanzata del fronte vegetativo che ricopre oggi oltre la metà dei terreni un tempo coltivati.
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foto 4: Terrazzamenti di Aune, Sovramonte |
Per quanto riguarda il Bellunese, l’apice della costruzione e dell’utilizzo del terrazzamento è stato raggiunto nell’Ottocento, in corrispondenza, non a caso, dell’ultima grande spinta all’acquisizione di nuove terre per l’agricoltura nell’Europa mediterranea e alpina.
Un esempio di studio è la frazione di San Donato nel comune di Lamon (BL), che si trova a circa 800 m s.l.m.. Il suo nucleo è collocato su un terrazzo con orientamento Nord-est/Sud-ovest, che le garantisce un’ottima esposizione al sole e delle condizioni ambientali che hanno permesso di praticare una rigogliosa attività agricola.
Il comune di Lamon si estende per 54,36 km2 e confina per gran parte del perimetro occidentale e settentrionale con i comuni trentini di Cinte tesino (TN), Castello Tesino (TN) e Canal San Bovo (TN), a sud ed est confina con i comuni di Arsiè (BL), Fonzaso (BL) e Sovramonte (BL). Il comune rientra nella fascia pedemontana veneta e lambisce da sud l’area delle Dolomiti Bellunesi. È solcato lateralmente da due vallate formate dai torrenti Cismon e Senaiga, alimentati da numerosi affluenti.
La frazione di San Donato è stata interessata da un calo demografico soprattutto a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. Attualmente vi risiedono stabilmente solo poche famiglie, tutte concentrate nell’abitato principale (mentre le località minori sono del tutto disabitate), anche se si sta assistendo alla crescita d’interesse per le seconde case frequentate assiduamente nel periodo estivo.
Lo spopolamento che ha interessato la frazione non si legge solamente nell’abbandono dell’edilizia rurale storica ma anche, e soprattutto, nell’evoluzione del paesaggio circostante. L’avanzamento del bosco e il cambio d’uso del suolo da seminativo a prativo rappresentano i segni più visibili dell’abbandono delle attività agricole su questo territorio. I seminativi, principalmente a mais e a fagiolo, hanno permesso a generazioni di contadini di abitare questi luoghi. Il centro abitato ora è lambito dal bosco che è composto da specie pioniere come abete rosso e larice, anche se hanno aumentato la loro estensione anche le tipologie forestale della faggeta termofila e il carpino nero. Con la progressiva diffusione di gas e di idrocarburi per il riscaldamento domestico, l’utilizzo di legna da ardere finisce via via per diminuire, fatto che comporta un minor sfruttamento delle superfici forestali e favorisce a sua volta la ricolonizzazione da parte della foresta dei campi e dei prati abbandonati, attraverso la cosiddetta ‘successione secondaria’.
Ma la foresta non si è estesa solamente su prati e semplici seminativi: ha ricoperto anche molte sistemazioni agrarie strutturate, come i terrazzamenti, che permettevano l’attività agricola anche sui versanti ripidi e scoscesi come quelli che circondano la frazione di San Donato. Dove il processo di rimboschimento è avvenuto già da decenni, la struttura muraria dei terrazzamenti ha cominciato a deteriorarsi, tanto da conoscere ormai crolli diffusi.
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foto 5: Mappa delle aree terrazzate (in verde) censite nello studio del GAL |
Poco distante dal comune di Lamon, troviamo l’altopiano di Sovramonte. Anch’esso rientra in quella categoria di paesi del Bellunese che hanno utilizzato il sistema dei terrazzamenti per la produzione agricola.
I terrazzamenti sovramontini sorgono soprattutto nei pressi della frazione di Aune, ad una quota media di 900 m s.l.m., rappresentando uno dei siti terrazzati più alti della regione. L’area circonda praticamente tutto il nucleo di Aune. Lo stesso toponimo del vicino impluvio, ‘Val de la Masiera’, potrebbe proprio derivare dal sistema di muri a secco. [7] Secondo un censimento promosso dal GAL Prealpi e Dolomiti, la quasi totalità di queste strutture si trova in avanzato stato di degrado: i crolli maggiori sarebbero stati causati dall’utilizzo dei terrazzamenti come area di pascolo del bestiame. La presenza dei muri a secco è preponderante anche all’interno del centro abitato, in cui i terrazzamenti ospitano orti, prati e alberi da frutto come meli e noci. Solo una parte delle strutture è però ancora usata, mentre le altre sono in stato di abbandono, ricoperte da erbe infestanti e arbusti. Anche qui fino alla metà del secolo scorso i terrazzamenti erano utilizzati per la coltivazione di fagioli, patate, granoturco e vite. Si tratta dei terrazzi più significativi dal punto di vista costruttivo: più alti e imponenti (quasi tutti oltre il metro) e con banche più strette (2-4 metri) a sistemare tratti scoscesi di pendio.
L’abbandono dei terrazzamenti è uno dei sintomi dei cambiamenti che dal Novecento ad oggi stanno colpendo le zone montane. Nello scorso secolo gran parte delle aree interne e della montagna italiana hanno subito processi di abbandono e spopolamento, che ancora oggi insistono su vaste regioni a causa di un modello di sviluppo e di crescita che ha spinto molte persone a spostarsi nei poli urbani ed industriali di pianura. Di pari passo, anche narrazione entrata a far parte del sentire comune, che pervade anche gran parte del discorso politico, riflette l’immagine di una montagna marginale e improduttiva, ormai disabitata e relegata ad ospitare flussi turistici intensivi nei luoghi considerati esteticamente più attrattivi.
A cura di [Marta Dalla Corte e Alessio Resenterra]
NOTE
[1] Bonardi, L. - Varotto, M.. Paesaggi terrazzati d'Italia, Milano, 2016
[2] Dal latino MACERIES, col significato di “muri a secco”, o “mucchi di pietre”.
[3] Chemin, A. - Varotto, M., Le “masiere” del Canale di Brenta, in Paesaggi terrazzati dell'arco alpino. Atlante, Venezia, 2008, pp. 97-101
[4] Intervista estrapolata dal video “fazzoletti di terra”, Giuseppe Taffarel, 1963
[5] https://altreconomia.it/un-fazzoletto-di-terra/
[6] https://fai-website.imgix.net/uploads/2017/11/23151351/FAI_MissionePaesaggio_4.4.pdf
[7] https://galprealpidolomiti.it/wp-content/uploads/2017/03/Ricerca-2_Paesaggio-rurale.pdf
BIBLIOGRAFIA
Bonardi, L. - Varotto, M., Paesaggi terrazzati d'Italia, Milano, 2016.
Chemin, A. - Varotto, M., Le “masiere” del Canale di Brenta, in Paesaggi terrazzati dell'arco alpino. Atlante, Venezia, 2008, pp. 97-101.
Pacitti, D.. «La necropoli romana Piasentot.» 2018
FONTI VIDEO
https://youtu.be/kANTrq5aK7k?si=jGVjcYtFO5Od3gTT
SITOGRAFIA
https://www.treccani.it/vocabolario/terrazzamento/
https://altreconomia.it/un-fazzoletto-di-terra/
https://fai-website.imgix.net/uploads/2017/11/23151351/FAI_MissionePaesaggio_4.4.pdf
https://galprealpidolomiti.it/wp-content/uploads/2017/03/Ricerca-2_Paesaggio-rurale.pdf
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