Nel giugno del 1944 presso il carcere di Belluno, a Baldenich, si compiva una delle più importanti operazioni della Resistenza bellunese, destinata a passare alla storia come la “Beffa di Baldenich”, durante la quale le forze partigiane riuscirono a liberare una settantina di prigionieri politici senza sparare un singolo colpo. Gli 80 anni dal giorno in cui venne condotta, il 16 giugno 1944, cadono proprio oggi.
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Foto 1:Profilo di Mariano Mandolesi, tratto da un manifesto realizzato da Eronda nel 1945 che riproduce i volti dei membri del Comando Piazza di Belluno. |
In quel mese del ‘44, presso il carcere di Baldenich si trovavano infatti numerosi prigionieri politici incarcerati perché coinvolti nella lotta partigiana, chi come oppositore politico o collaboratore, chi come combattente in armi nelle formazioni partigiane. Fra questi ultimi c’era Francesco Pesce (nome di battaglia “Milo”), ex capitano dell’esercito e un prigioniero importantissimo, perché responsabile del comando militare dell’intero CLN (Comitato di liberazione nazionale) bellunese. [1]
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Foto 2: Belluno, maggio 1945, a destra «Carlo» (Mariano Mandolesi), del Comando Piazza di Belluno, e a sinistra «Rudy» (Decimo Granzotto), sindaco di Belluno dopo la Liberazione. |
Il tempo stringeva: Milo, secondo le informazioni raccolte dai partigiani, sarebbe stato trasferito a Trento di lì a breve per essere giustiziato. Fu così che il CLN affidò il delicato compito di liberarlo alla brigata partigiana “Pisacane”, guidata da Mariano Mandolesi (nome di battaglia “Carlo”), uno dei promotori della Resistenza padovana unitosi alla lotta nel Bellunese alla fine del 1943.
Compiere un assalto al convoglio che avrebbe scortato Milo a Trento sarebbe stato troppo rischioso, e quindi si dovette ripiegare su un’altra idea: quella di liberarlo direttamente dal carcere. Così facendo, si sarebbe potuto approfittare per liberare altri prigionieri politici che in quel momento si trovavano dietro alle sbarre presso Baldenich. Si trattava di un’operazione delicatissima e altamente rischiosa, che andava pertanto progettata nei minimi dettagli e mantenuta segreta fino all’ultimo momento, affinché non trapelassero informazioni al nemico.
La missione avrebbe richiesto 25 uomini, di cui 12, Carlo compreso, sarebbero entrati nel carcere, mentre i restanti sarebbero rimasti pronti all’azione all’esterno, qualora la situazione fosse sfuggita di mano. Ma come sarebbe stato possibile introdurre un’intera dozzina di uomini, senza dare nell’occhio, in un carcere sorvegliato da venti o trenta uomini fra secondini e carabinieri?
L’unico modo possibile era quello di travestire da soldati tedeschi, con vestiti e armi rubate durante un’altra azione, alcuni partigiani sovietici dall’aspetto e dall’accento decisamente più germanico rispetto agli italiani. Queste finte guardie avrebbero scortato all’interno del carcere Carlo e altri compagni in veste di partigiani catturati durante un rastrellamento.
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Foto 4: Il carcere di Baldenich visto dall’alto. Foto da https://www.ilgazzettino.it/ |
Quando tutto fu pronto, il drappello di uomini scese dalla Casera i Ronch – caposaldo partigiano della “Pisacane” posto sul versante nord del monte Serva – raggiungendo Bolzano Bellunese, dove avrebbe passato la notte prima dell’operazione. All’alba del giorno seguente i partigiani si misero in marcia, raggiungendo Baldenich e appostandosi, pronti per entrare in azione.
La situazione si fece subito tesa per un primo grave imprevisto: l’assenza dell’informatore che aveva il compito di riferire i movimenti del personale nel carcere durante le ultime ore. Il gruppo non conosceva quindi la situazione della guarnigione che si sarebbe trovato ad affrontare. Non poteva però attendere oltre: bisognava agire lo stesso. Così, nonostante l’imprevisto, il drappello di uomini si diresse verso le porte della prigione, dove i partigiani russi, con estro, recitarono la parte dei tedeschi, riuscendo a beffare le guardie con maestria e a far entrare nel carcere l’intera squadra.
Foto 5: Casera i Ronch posta sul versante settentrionale del monte Serva. Foto da http://ilbellodeldislivello.blogspot.com/2012/01/case-bortot-c.html |
Una volta dentro, divisi in gruppi, i partigiani svelarono l’inganno estraendo le armi, catturando e neutralizzando le ancora incredule guardie presenti e infine, prese le chiavi, liberando tutti e 73 i prigionieri politici incarcerati senza sparare un singolo colpo ed evitando qualsiasi spargimento di sangue. Il tutto fu eseguito velocemente, tanto che, quando fu dato l’allarme, i prigionieri ed il gruppo di partigiani già erano in salvo fra i boschi, distanti dal luogo dell’accaduto.
L’operazione fu portata a compimento egregiamente e la risonanza che ebbe portò, assieme ad altri fattori (anche psicologici, come la speranza che la guerra finisse a breve), a ingrossare le file partigiane nel territorio bellunese durante l’estate del 1944.
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Foto 6: Ericailcane mentre completa la sua opera dedicata alla Beffa di Baldenich. Foto da https://www.sonego.net/6372/la-beffa-di-baldenich/ |
Ad omaggio e ricordo dell’impresa, restano oggi due memoriali: l’iscrizione presso Casera i Ronch, e il simbolico dipinto dell’artista Ericailcane, realizzato nel 2018 all’angolo fra via san Giuseppe e via Rivabella a Baldenich, su di una torretta dell’elettricità nei pressi del carcere.
[Trinceo]
NOTE
[1] CLN: organizzazione politica e militare formata dai principali partiti di opposizione al governo nazi-fascista dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
BIBLIOGRAFIA
MANDOLESI, M., Operazione Baldenich : Belluno 16 giugno 1944, a cura di E. Bacchetti, Belluno, 2016;
1943-1945: occupazione e resistenza in provincia di Belluno. I documenti, a cura dell'Istituto storico bellunese della Resistenza, s.l., 1988.
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