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Post 104 – Il colle delle ville. Prima parte.

 


La nostra provincia è principalmente nota (se davvero è nota per qualcosa) per le sue splendide catene montuose. Meno noti potrebbero essere invece gli intriganti paesaggi rurali della Valbelluna, valle collocata tra le Prealpi e le Dolomiti e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dal fiume Piave, alimentato da numerosi affluenti che scendono dai monti circostanti. Al di là di centri come Feltre, Sedico, Trichiana o Belluno stessa, caratterizzati dai tipici processi di urbanizzazione degli ultimi decenni, questa porzione di territorio è punteggiata da centri minori, fattorie, case rurali e ville venete. 



Nella zona circoscritta che prendiamo in considerazione in questo post, un colle collocato a nord-est di Feltre, i segni di un passato rurale sono tuttora ben visibili nella campagna delle frazioni Vellai e Cart e delle località loro circostanti. Uno degli elementi più suggestivi di questo paesaggio, facilmente idealizzabile nel ricordo dei “bei tempi andati” (e forse mai esistiti), sono le ville. Cercheremo qui di accennare brevemente alla storia e a dettagli significativi di alcune di loro. Per farlo, immagineremo di fare assieme una lunga passeggiata, divisa in due parti, che comincia a Vellai, sale verso Cart Alto, scende prima verso il centro di Cart e poi termina in località Traversere, percorrendo il bellissimo viale di carpini di via San Liberale. 



Il nostro giro parte, dando le spalle a Feltre, dal centro di Vellai, il villaggio più corposo della zona, che conta tuttavia pochi abitanti, molti dei quali vivono nelle varie località sparse per la sua ampia campagna. Procedendo su via Vellai, che svolta a sinistra all’incrocio con via Beato Luigi Guanella, troviamo subito la nostra prima tappa: Villa Tomitano. La villa è situata all’interno dell’Istituto Agrario “Della Lucia”, nel complesso originariamente fatto costruire come collegio da don Guanella (quello della via!) a metà del secolo scorso. La storia di questa villa, come suggerisce il nome, è legata alla famiglia Tomitano, una delle più influenti di Feltre, il cui membro più noto è sicuramente Bernardino da Feltre (1439-1494).  La data di costruzione non è chiara, ma sicuramente esisteva già all’inizio del XVI secolo, con ogni probabilità nella seconda metà del ‘400. L’edificio, dall’interessante pianta a croce greca, ospita ora i dormitori per gli studenti dell’istituto, ed è stata recentemente oggetto di importanti restauri, che hanno riportato alla luce le bizzarre e fantasiose decorazioni murarie che adornavano le stanze. La vera particolarità di questa villa però è l’essere stata con Daniello Tomitano (1588-1658) quello che si può definire il primo nucleo museale di Feltre. Daniello era cultore di storia dell’arte e di antichità, e accumulò nel tempo una notevole collezione; per questa, sono passate molte delle più importanti epigrafi provenienti dal territorio feltrino, tra cui quella del pretoriano Lucius Oclatius Florentinus rinvenuta ne 1564 dopo l’esondazione del Colmeda, ora conservata al Museo Civico di Feltre. Non ci soffermeremo qui per ragioni di spazio ad approfondire i vari cambi di proprietà di queste ville e dei loro fondi terrieri (ben approfondite comunque dal testo di G. Sasso in bibliografia): basti sapere che di rado, per vicissitudini dinastiche, matrimoniali o economiche, appartengono ancora alla famiglia che le edificò. I nomi con cui sono conosciute ora, allo stesso modo, non sempre sono quelli degli ultimi proprietari: Villa Tomitano stessa, infatti, dalla seconda metà del ‘700 passò per mano di altre tre famiglie.



Si procede poi verso la collina di Cart, su via Case Bianche e poi svoltando su via Cart. La prossima tappa è Villa dei Rosada, presso la località Case Bianche. Queta villa è innanzitutto legata alla famiglia Dei, originaria di Santa Giustina. Questi nel ‘500 avevano la loro residenza locale nel centro di Vellai (Palazzo Dei – Rosada che si trova poco distante dall’incrocio tra via Vellai e via Guanella), oltre che ad una serie di terreni. Col tempo, espansero le loro proprietà nella zona, acquistandole da altre famiglie con terreni adiacenti ai loro, e, una volta consolidato il matrimonio, avrebbero acquistato infine la località Case Bianche, dove precedentemente si trovava una casa colonica. La villa nel ‘700 doveva apparire così: la facciata principale doveva essere rivolta verso oriente, dove si doveva trovare l’accesso principale, rendendola così una delle poche ville non rivolte a sud. Il giardino era dotato di un gazebo in pietra, denominato Caffè Haus, di una corte con pozzo e della chiesetta dedicata a Sant’Anna, tuttora esistente e visibile dalla strada. Questa conformazione fu cambiata già all’inizio dell’800. È riportato che la coltivazione di gelsi sui terreni delle Case Bianche era particolarmente fiorente: la cosa è interessante alla luce del fatto che la campagna tra questa zona e quella della località Pezzol (verso sud-est) ne è tutt’ora piena. Gli ultimi possessori delle case Bianche furono invece i Rosada, coloro che danno l’attuale nome alla villa, i quali sottoposero il complesso ad ulteriori trasformazioni tra l’800 e il ‘900. 



Se prima di giungere al centro di Cart si svolta in direzione nord su via San Silvestro, si raggiunge un posto molto singolare. Una commistione di elementi rurali del paesaggio veneto e di testimonianze della militarizzazione del suolo italiano durante la Guerra fredda: l’ex polveriera di Cart. Chi non conosce questo posto e lo visita per la prima volta rimane sicuramente colpito. La villa al centro di questo luogo è la Villa di S. Silvestro, appartenuta alla famiglia Villabruna: storicamente una delle più potenti del territorio feltrino, i cui membri furono sicuramente attratti da uno dei luoghi più belli e panoramici del colle. L’edificio pare essere sorto nel XVIII secolo, e il suo frequentatore più illustre fu il poeta e canonico mons. Bartolomeo Villabruna (1761-1841), personaggio interessante la cui vita meriterebbe sicuramente un approfondimento. Poco più avanti, si trova la invece chiesetta dedicata a San Silvestro: sia questa che la villa sono state arricchite da elementi architettonici classicheggianti per volere di Bartolomeo stesso, che era tra l’altro appassionato di antichità. Le proprietà passeranno dopo la sua morte alla famiglia Bellati, imparentati con i Villabruna. 



Per raggiungere la prossima tappa del giro, si hanno sue opzioni: o si torna indietro per lo stesso percorso raggiungendo Cart, oppure si piò tagliare seguendo un pianeggiante ma trascurato sentiero che porta verso il culmine del colle, alle spalle della bellissima località di Cart Alto. Scendendo verso il paesello, sulla sinistra si scorge il retro di villa Bianco e dei suoi rustici, alla quale però si accede da un lungo vialetto che comincia dal centro principale di Cart (o Cart di Sotto). Si può considerare questa villa come il centro di controllo per la gestione del patrimonio fondiario che la famiglia Fontaner, diventata poi per varie vicissitudini Bianco, si stava costruendo a Cart. Giacomo Antonio Fontaner detto Bianco e i suoi figli furono molto attivi nell’espandere le proprietà di famiglia, riuscendo ad accumulare proprietà a Cart, a Vellai, in località Pezzol e in località Ai Saser, dove sorge oggi Villa San Liberale. Alla famiglia Bianco apparteneva Don Giovanni Bianco, figura di spicco per la località locale nel corso dell’Ottocento. 



Infine, giungendo nel centro di Cart Alto (o Cart di Sopra), si trova Villa Villabruna - Marsiai, ultima tappa di questa prima parte del nostro giro. Se la data sul retro (visibile dalla strada) indica l’anno 1632, è probabile che sia stata edificata su un complesso preesistente. È confinante con la strada che sale da Cart, sormontata da un suggestivo arco della casa Porta - Bottari. Anche questa villa, come suggerisce il nome, è documenta nelle proprietà della famiglia Villabruna almeno dal XVIII secolo. Alla fine del secolo, la vedova di un Villabruna, Marina Rocca, si risposò con un membro della sopracitata famiglia dei Fontaner detti Bianco. A ereditare l’edificio fu però la figlia di prime nozze Amalia Villabruna, sposatasi poi con un Marsiai; la loro discendenza però si estinse presto e la villa passò poi ad altri.  

C’è infine la questione di una villa della quale per anni non si è saputo identificare con certezza la posizione: la villa cinquecentesca del canonico e arcidiacono feltrino Girolamo Damello (la c.d. Villa Damelliana). Un’ipotesi è che si potesse trovare proprio a Cart Alto, ma approfondiremo l’argomento nella prossima parte.


 

Alla luce di quello che abbiamo qui in parte discusso può nascere una domanda: perché ci sono così tante ville di famiglie diverse in un’area così ristretta? Se si osserva la collina dalla strada statale sul fondovalle, ponendosi di fronte a Vellai in linea d’aria, si noterà che sul nostro colle molte di queste residenze sono ben visibili, pur tra l’incedente vegetazione. Ciò ci può sicuramente fornire uno dei motivi di questa concentrazione: una posizione ben esposta al sole che permette di avere un ottimo punto di panoramico sulla vallata sottostante.  


BIBLIOGRAFIA:

  • Daminato R., Doglioni F., Il restauro di Villa Tomitano a Vellai: conoscenze e scoperte, «Rivista Feltrina», XLI (2008), n.22, pp. 39-68.
  • Sasso G., La Collina delle Grazie. Storia di Vellai, Cart e dintorni, Santa Giustina, 1999.

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