In questa puntata della nostra rubrica dedicata ai vari idiomi della provincia parliamo della parola ‘casa’.
Vi stupirà forse vedere quanta variabilità fonetica, ovvero quante diverse evoluzioni dei suoni del parlato, si possano trovare anche in una parola così semplice, che deriva da una radice comune: il latino volgare casa(m), che in latino classico significava ‘capanna’, ‘abitazione rustica’.
Come si può vedere dalla cartina, nel veneto settentrionale della Val Belluna e nel ladino-veneto di Zoldo e Basso Agordino si ha la forma più vicina a quella latina: casa, uguale all’italiano, con la caduta della -M finale e la sonorizzazione della -S- (che però nell’italiano standard è sorda). Fin qui tutto semplice.
Casa di Paderno. |
La cosa si complica nelle varianti ladine. Qui è avvenuto un ulteriore passaggio comune: la ‘palatalizzazione’ del suono C- “duro” davanti ad A nella C- “dolce” (dell’italiano ‘ciao’).
L’ipotesi più probabile colloca questa evoluzione al pieno Medioevo.
Arriviamo in questo modo alla forma ciasa, conservatasi in alcune varietà: a Falcade, in parte del Cadore (Lozzo per esempio), in Ampezzo.
In Alto Agordino si incontrano invece tre varianti:
cèsa (con E aperta) che arriva attraverso la palatalizzazione di -A- tipica nei ladini atesini. È il caso di Laste e Livinallongo
cesa, (con E chiusa) con un diverso esito di palatizzazione della -A- dopo suoni già palatizzati (come qui la C- dolce), a Colle S. Lucia
ciesa con dittongo, derivato a sua volta da cesa, a Rocca Pietore
Spostandoci all’estremo opposto, in Comelico, troviamo delle varianti del tutto peculiari, dato che in alcuni casi l’evoluzione fonetica ha coinvolto anche la consonante -S-:
cesa, con esito identico a quello di Colle S. Lucia, nel caso di Padola
ceda, nel caso di Candide e di Costalta, in cui c’è stata una profonda evoluzione della -S- che è diventata -D- nelle sue varianti di pronuncia [ð] per la prima e [ɖ] per la seconda (rispettivamente dell’inglese ‘that’ e del siciliano ‘beddu’)
C’è un ultimo caso che rimane a sé: quello della Val Boite, in cui si riscontra la forma cèsa come a Livinallongo e Laste. In questo caso particolarmente – ma non solo – è molto difficile ricostruire le ragioni che hanno portato a questa distribuzione territoriale delle diverse varianti.
Questo ci dà un’idea di quanto possano essere state complesse le vicende linguistiche che hanno conosciuto nei secoli i vari idiomi di un territorio relativamente poco vasto.
A cura di MUSLA e per CRODAP [Nic].
BIBLIOGRAFIA
PELLEGRINI, G. B. – SACCO, S., Il ladino bellunese. Atti del convegno internazionale (Belluno, 2-3-4 giugno 1983), Belluno, Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali, 1984.
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