Durante il XV secolo la Repubblica di Venezia aveva vissuto un periodo di fortissima espansione nell’entroterra, sfruttando con grande abilità la propria potenza economica e militare assieme alla propria diplomazia. Con la crisi dello stato visconteo di Milano, sconfitti ed eliminati i Carraresi di Padova, Venezia poteva ormai estendere le proprie mire a gran parte dell’Italia settentrionale, fino ad espandere il proprio dominio anche alla costa occidentale dell’Adriatico, lungo la penisola italiana.
L’impatto che questi nuovi equilibri di forza ebbero sui territori della nostra provincia fu determinante: nel 1404 Venezia aveva conquistato Belluno e Feltre per una prima breve dominazione (1404-1411), ristabilita poi definitivamente nel 1420, quando venne estesa anche al Cadore, di cui Ampezzo – lo ricordiamo – era parte ab immemorabili. L’avanzata di Venezia turbò gli equilibri territoriali preesistenti, danneggiando gli interessi e le mire che le altre potenze limitrofe avevano su queste regioni: il Papato, il Regno di Francia, ma in particolare il Sacro Romano Impero, che nell’arco di pochi decenni aveva visto erodere progressivamente i propri feudi e domini italiani. Sebbene ciò non sfociò subito in una guerra aperta, gli imperiali non dimenticarono i loro antichi diritti su quelle terre, e la tensione tra le due parti, sostenuta anche da altri fattori, aspettava solo un’occasione per scatenarsi.
E l’occasione venne: nel 1508 Massimiliano d’Asburgo (1459-1519) venne eletto Sacro Romano Imperatore, e chiese alla Repubblica di poterne attraversare il territorio in armi per recarsi a Roma ed essere incoronato dal papa. I veneziani negarono il permesso, temendo che l’Asburgo ne approfittasse per occupare col proprio esercito le terre che rivendicava; Massimiliano, col pretesto di tale smacco (ma mosso in realtà da un progetto ben più esteso, che mirava a conquistare Venezia stessa e con essa il dominio dell’Adriatico), mosse le sue truppe. Era l’inizio di una lunga serie di scontri, che, partendo dall’alleanza antiveneziana siglata in segreto a Cambrai, avrebbe finito col coinvolgere buona parte degli stati europei dell’epoca, dalla Scozia all’Aragona, dai Cantoni svizzeri al Papato, e che oggi gli storici chiamano Terza guerra d’Italia (1508-1516).
Foto 1: L’imperatore Massimiliano I ritratto da Albrecht Dürer (1519)
Una delle prime manovre del conflitto fu l’invasione da parte degli imperiali del Cadore, tra febbraio e marzo del 1508, che si concluse però con una loro sconfitta nella Battaglia di Rusecco. Quelli che seguirono furono anni di passaggi di truppe, saccheggi e scaramucce, in cui nessuna delle forze riuscì a prendere un decisivo sopravvento. Finché, nell’autunno del 1511, Massimiliano ordinò di ritentare la via del Cadore.
Foto 2: Copia di Rubens della “Battaglia di Cadore” opera di Tiziano ora perduta, che rappresentava la Battaglia di Rusecco (2 marzo 1508).
A ottobre le truppe imperiali mossero dalla Pusteria, e in breve tempo giunsero al Castello di Botestagno, la fortezza a presidio di Ampezzo e della valle del Boite. Dall’inizio delle ostilità il fortilizio era sempre restato in mano veneziana, anche mentre l’intero Cadore veniva occupato, ma la resistenza della guarnigione non poteva durare per sempre. Circondati da ogni lato, sotto i bombardamenti della moderna artiglieria imperiale, il castello capitolò. Era il 18 ottobre, l’assedio era durato due giorni. Subito le truppe si riversarono per il Cadore, mentre l’imperatore in persona giungeva in Ampezzo: il 21 ottobre era a Botestagno, la sera stessa raggiunse Cortina. Qui, di fronte a tutti i capifamiglia, chiese di sottomettersi e di diventare suoi sudditi. Secondo le consuete modalità dell’epoca, gli ampezzani resero omaggio offrendo la propria fedeltà all’Imperatore, e ricevettero in cambio il privilegio di continuare a reggersi secondo le proprie leggi e consuetudini, cioè secondo gli Statuti cadorini del 1338.
Probabilmente gli ampezzani non si resero conto che quel giorno avrebbe segnato un momento cruciale per la storia del loro paese: i tempi erano incerti, le alleanze politiche si creavano e si scioglievano, le fortune militari erano alterne. Tutto poteva ancora succedere. Intanto la guerra continuava, gli imperiali occuparono nuovamente il Cadore (dicembre 1511), ma dopo poco si ritirarono, mantenendo però il controllo di Botestagno e Ampezzo; così fecero anche nei mesi successivi, pur in un contesto generale di grande incertezza. La situazione infine si stabilizzò, e si giunse alle trattative diplomatiche: con i trattati di Noyon e di Bruxelles (1516) e la loro successiva ratifica (1517) vennero riconosciute le reciproche, esigue, conquiste. In un quadro territoriale quasi totalmente ripristinato alla situazione antecedente al 1508, veniva tuttavia sancito un netto mutamento: Botestagno e il suo territorio restavano all’Impero.
Così, anche di diritto, Ampezzo fu separato dal Cadore e accorpato al Tirolo, il che determinò dei necessari aggiustamenti all’interno della sua struttura amministrativa. Come anticipato, fu concesso il mantenimento degli Statuti cadorini: essi attribuivano alcune competenze alle singole centene - le unità territoriali in cui si articolava il Cadore -, mentre altre venivano esercitate dagli organi centrali della comunità, con sede a Pieve. Così la struttura amministrativa locale fu riorganizzata, in modo da poter svolgere in Ampezzo anche tutte quelle attività che ordinariamente si tenevano nel capoluogo cadorino. Ad esempio, le competenze del Vicario di Pieve (prima fra tutte, quelle in materia di giustizia penale) vennero attribuite al Capitano di Botestagno, nominato dal Conte del Tirolo. Ancora, all’assemblea generale dei capifamiglia si sostituì un consiglio ristretto, modellato sul Consiglio generale di Pieve, in cui, invece di sedere i rappresentanti delle centene cadorine, intervenivano quelli dei deceni, (poi sestieri) ampezzani. D’altra parte, si resero necessari degli adattamenti dovuti all’inquadramento all’interno della Contea del Tirolo: progressivamente alcune norme vennero estese anche ad Ampezzo, che, ad esempio, a partire dal 1573 dovette inviare due suoi rappresentanti alla Dieta di Innsbruck.
Questa situazione restò immutata per secoli, durante i quali il “Giudizio di Botestagno” – com’era chiamato il territorio ampezzano – continuò a far parte del Tirolo, pur mantenendo un ampissimo grado di autonomia. Dal 1511 le sue sorti restarono unite a quelle della dinastia asburgica, fino alla fine della Prima guerra mondiale, e questo lungo legame ha lasciato segni profondi, che ancora oggi caratterizzano le tradizioni e l’identità ampezzana.
Foto 4: La targa commemorativa posta a Cortina d’Ampezzo per il cinquecentenario della conquista di Massimiliano I (1511-2011)
BIBLIOGRAFIA
PELLEGRINI, M., Venezia e la Terraferma 1404-1797, Bologna, 2022.
RICHEBUONO, G., Storia d’Ampezzo, Cortina d’Ampezzo, 1993 (1a ed. 1974).
Commenti
Posta un commento