Passa ai contenuti principali

Post 173 - L’abitato lacustre di Modolo


 

Oggi, dopo tanto tempo, si torna a parlare di ritrovamenti e reperti archeologici dimenticati e scomparsi. Si tratta di un sito palafitticolo (un abitato di palafitte) in provincia di Belluno. Se non sapevate che esistesse un sito simile nella nostra provincia, o non ne avete mai sentito parlare, forse però conoscete altri siti simili fuori provincia, come Fiavè e Ledro in Trentino, Lago di Revine, nel Trevigiano. 



Uno dei pochi ad interessarsi di questo antico abitato che si trovava a Modolo, nei pressi di Castion, è Michele Leicht (1827-1897), magistrato e storico friulano. Egli dedicò un opuscolo ai ritrovamenti preistorici (o meglio: protostorici) della provincia di Belluno e intrattenne una corrispondenza con Luigi Pigorini, coinvolgendolo negli studi del sito di Cavarzano (ne abbiamo parlato nel Post 24). 

Nella sua pubblicazione, Leicht riporta la notizia di alcuni ritrovamenti avvenuti presso la Villa di Modolo, di proprietà dei conti Miari Fulcis, e presso l'abitazione dell'allora sindaco di Belluno, il Cavaliere De Bertoldi. Tra queste due abitazioni vi era un piccolo bacino, da cui in quei tempi si estraeva la torba.


Ripresa aerea dell’area di Modolo.

Riporta poi che da questo piccolo bacino, ad una profondità di 1,5 m, affioravano dei «legni anneriti dal tempo», indicando che erano «numerosi, accatastati o sovrapposti in varie direzioni»(1). Quella che procede a descrivere è quindi una situazione del tutto simile a quella che si osserva ancor’oggi presso la torbiere di Fiavé, di Ledro o di Revine, come abbiamo anticipato. In queste località lacustri e, all’epoca, paludose, sono stati rinvenuti e scavati importanti abitati palafitticoli. Si tratta di un peculiare tipo di insediamento che in epoca protostorica interessava tutto l’arco alpino, dalle Alpi francesi alle Alpi slovene. La motivazione delle popolazioni dell’epoca di posizionare i propri insediamenti in zone di questo tipo ha generato molte ipotesi. La più accreditata è quella legata alle esigenze di difesa. Ma il motivo più importante per il periodo dell’Età del bronzo è il cambiamento climatico verso un clima più freddo e secco, di fronte al quale lo spostamento in aree più umide fu una scelta adattiva.


Disegno del pugnale, Michele Leicht 1871.

Per tornare al sito di Modolo, Michele Leicht ebbe l’occasione di osservare direttamente la presenza di ceramiche, nei pressi della zona di estrazione della torba, attribuibili proprio all’Età del Bronzo. Egli riporta anche la notizia di alcuni ritrovamenti fortuiti di «grossolanissimi tessuti»(2), giunti intatti fino alla loro scoperta sicuramente grazie all’ambiente anossico (senza ossigeno) e umido tipico delle torbiere. Non mancano oggetti in metallo: una campanella da animali in bronzo, che descrive come «quelle dei romani custodite a Napoli», ma, più importante, un pugnale in «metallo ricco di rame» (3) con base a cinque fori e lama a forma triangolare allungata, con costolatura mediana, di cui nel testo dello studioso troviamo anche un disegno. Questi indizi, già portarono Michele Leicht a ipotizzare la presenza di un insediamento lacustre nella zona di Modolo. 


Ricostruzione ipotetica del villaggio. Autore: Fausto Tormen.

Questo sito (e non è l’unico caso) getta luce sul fatto che anche l’area bellunese fosse coinvolta nel fenomeno alpino degli insediamenti lacustri. Purtroppo la testimonianza di Leicht è tutto quello che abbiamo. Ad oggi non ci sono stati tentativi di indagine archeologica, tranne una: dalle analisi polliniche condotte durante dei sondaggi del geologo G.B. Pellegrini, si è riscontrata una traccia di impatto antropico risalente all’età del Bronzo medio recente. Al contempo, come spesso accade con i ritrovamenti del XIX secolo, i reperti originali sono andati dispersi, ma la storia di questi ritrovamenti ci offre un’opportunità: potrebbe fungere da stimolo per nuove ricerche e indagini. Forse, nelle profondità delle torbiere bellunesi, ci sono ancora le tracce per ricostruire la storia dell’Età del bronzo della provincia.

[MattIki]

NOTE

  1. LEICHT, Avanzi preistorici nel Bellunese. Note di Michele Leicht, Belluno, 1871, p. 8.

  2. Ibidem.

  3. Ibidem.


BIBLIOGRAFIA

DONADEL V., Il territorio bellunese e feltrino tra il II e inizi I millennio a.C.. Indagine archeologica sulle caratteristiche e l’evoluzione del popolamento in relazione ai territori pedemontani confinanti, tesi di dottorato, Università degli Studi di Padova, 2015.

LEICHT M., Avanzi preistorici nel Bellunese. Note di Michele Leicht, Belluno, 1871.

MICHELI R., I villaggi sull’acqua: l’occupazione delle aree umide nel corso della preistoria, in ID. (a cura di), Palù di Livenza e le palafitte del sito UNESCO. Nuovi studi e ricerche, Rodeano Alto di Rive d’Arcano (UD), 2017.

MONDINI C.,  Agricoltori, allevatori, pastori, cacciatori, artigiani. La prima colonizzazione del territorio bellunese dal Neolitico all’età del Bronzo, Pubblicazione straordinaria della rivista «Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore», Belluno, 2023.


Commenti

Post popolari in questo blog

Post 203 - Il Carnevale di Comelico Superiore

  Negli anni recenti il Carnevale in Comelico per molti è diventato una cosa quasi sacra: la preparazione, la vestizione, i riti della giornata sono ritenuti necessari e codificati. Guai se il Matazin si siede durante la festa in piazza, non esiste che a Dosoledo la calotta venga assemblata con le punte come a Casamazzagno e Candide, e ancora tante piccole cose che rendono la giornata complicata e magica. Durante la mia ricerca nel mondo dei carnevali europei ho scoperto che in realtà forse sarebbe meglio parlare di una nuova ritualizzazione dei carnevali. Foto 1:  L’arrivo della sfilata nel carnevale di Santa Plonia a Dosoledo Ma prima partiamo dalla definizione del termine. Oggi il Carnevale si caratterizza per raccogliere una serie di usanze e di pratiche comprese nel periodo tra Epiania e Quaresima.  Ma già si riscontrano dei problemi con l’inizio di detto periodo, dal 7 gennaio è Carnevale? O comincia dopo il 17, giorno di Sant’Antonio Abate? Inoltre qualcuno ha mai ...

Post 192 - Rocca d’Arsié, Storia di una valle stravolta

  Il lago del Corlo è oggi una meta estiva privilegiata della bassa provincia, che attira visitatori del luogo e da fuori per via delle sue bellezze naturalistiche. L’invaso è l’habitat di molte specie ittiche, tra cui alcune protette, e il luogo è ideale per la nidificazione di svariati uccelli acquatici. Questo ambiente tuttavia è stato creato distruggendone uno più antico e altrettanto ricco. Non tutti sanno infatti che l’invaso della diga ha sommerso quella che un tempo era una florida vallata, modificando per sempre le dinamiche sociali che attorno a essa gravitavano. Ma andiamo con ordine: prima di tutto qualche pillola di storia. Come ben si può comprendere dal nome, l’abitato di Rocca sorge come fortilizio in epoca altomedievale, essendo questo situato sull’erto sperone del “Col de la Roca”, che tuttora svetta sopra al paese. Il motivo è ben intuibile: difendere la stretta forra scavata dal torrente Cismon, il quale si getta nella Brenta dopo aver percorso il Primiero e att...

Post 24 – Il primo cimitero di Cavarzano

  Chi avrebbe mai detto che nei pressi di Cavarzano c’è una grossa necropoli dell’Età del Ferro? Anche all’epoca della scoperta fu molta la sorpresa quando in un vigneto emersero dal suolo delle lastre di pietra che si rivelarono appartenere a tombe antichissime.