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Post 172 - Il castello di Mirabèi

 




Il sito di Noàl di Sedico, di cui già si è parlato nel post 157 per le sue fasi protostoriche, venne scoperto nel 1986 con scavi abusivi, condotti con l’intento di rintracciare il “Castello di Mirabèi”, di cui si narrava  nella tradizione orale. 

Nei circa vent’anni di successive indagini archeologiche si sono scoperti i resti di un castello medievale sopra quelli del castelliere protostorico, ovvero un’area fortificata e rialzata di forma ovale. 

Orientato nord-sud, il castello, come anche il castelliere, assumeva una funzione strategica nel controllo del territorio e delle sue risorse, ma soprattutto dei due assi viari e commerciali dati dalle valli del fiume Piave e del torrente Cordevole. Assieme ad altre fortificazioni presenti nelle zone vicine, il castello di Mirabèi doveva fare parte del sistema di difesa del territorio basato sulla trasmissione di segnali fra siti posti ai vertici di triangoli geografici. Questi segnali potevano essere dati in vario modo, ad esempio con fumo, durante il giorno, e con fuochi durante la notte.


Il sito di Noàl di Sedico rispetto alla confluenza fra la valle del Piave e la val Cordevole.

Ma cerchiamo di riagganciare il filo con la storia precedente di questo sito. Le testimonianze archeologiche ci dimostrano che dopo i primi secoli di frequentazione, sul finire della seconda età del Ferro (in Nord Italia circa fra il VI ed il II secolo a.C.), il sito venne abbandonato. Se durante l’epoca romana l’uso del sito si limita a frequentazioni scarse e sporadiche, invece nel medioevo Noal conosce una nuova fase di fortificazione ed insediamento. Va bene, medioevo, ma quando di preciso?


Pianta con le principali aree e rilievi del sito.

Beh, le prime evidenze risalgono al VI-VII secolo d.C., come attestato dai frammenti ceramici e dalla costruzione di una torre in legno sulla sommità del rilievo B, a sud, assieme ad una palizzata lignea che correva probabilmente tutt’intorno al sito. Ma nelle fasi successive le sue difese vengono ulteriormente rafforzate, e fra IX e XII secolo il castello di Mirabèi arrivava all’apice della sua imponenza.


Sulla sommità del rilievo B, venne costruito il fulcro del castello, ovvero una torre in pietra e malta di oltre dieci metri di altezza, con una base quadrangolare di circa 6,5x6,5 metri dotata di mura spesse e poderose. Il basamento della torre si è conservato, ed è tuttora ben visibile. Per proteggerlo dalle intemperie è stata ora montata sopra di esso una struttura che riproduce la torre originaria: con la sua elevazione domina sulle aree circostanti, permettendo ai visitatori di farsi un’idea chiara di quanto fosse strategica la posizione


La base della poderosa torre costruita sul rilievo B.

Da questa torre partivano due cortine murarie in pietra, una prima che doveva cingere il sito lungo il grande argine C, ad ovest, e una seconda lungo il margine est, sopra la scarpata naturale, cortine che chiudevano infine il lato nord congiungendosi sul rilievo A. Sulla sommità del rilievo A si trovava dunque una torre più piccola in legno e pietra, di cui si sono trovati i resti dei muri di fondazione, che doveva controllare l’accesso al sito rivolto verso nord.


Fra il rilievo A e la scarpata ad est doveva trovarsi infatti la porta d’accesso al castello, protetta nell’area antistante, verso nord, da un piccolo terrapieno con palizzate lignee: l’argine D. Lungo il lato sud-ovest, ad ulteriore protezione del sito, venne scavato un profondo fossato, successivamente riempito con le macerie della torre più imponente, quella del rilievo B, quando il castello verrà distrutto nel 1196.


Ipotetica ricostruzione del Castello di Mirabèi nella sua fase fra IX e XII secolo d.C.


All’interno della cinta muraria si trovava in posizione centrale un bacino di raccolta delle acque piovane. Questo, con un diametro di circa 6 metri, doveva forse presentare nella sponda orientale una struttura in pietrame e pali infissi nel terreno. La principale ipotesi è che si trattasse di una struttura utile ad impedire l’inquinamento dell’acqua da parte del bestiame presente. Di questo, infatti, restano le evidenze in reperti rinvenuti durante gli scavi, come chiodi da ferratura e ferri di cavallo, ma anche un campanaccio e delle cesoie per la tosatura delle pecore. Intorno al bacino idrico altri manufatti attestano infine la presenza di abitazioni, ma anche di attività produttive, come la probabile officina di un fabbro. 


Il castello di Mirabei conobbe effettivamente degli scontri armati, che ne portarono alla distruzione. Verso la fine del XII scoppiò una guerra tra i vescovadi di Feltre e Belluno uniti da una parte,  e il Comune di Treviso dall’altra, che, nel tentativo di estendere i suoi domini sul Bellunese, era riuscito ad incunearsi in Valbelluna acquisendo il controllo di alcuni castelli, tra cui quello di Noal. Nel 1196, contingenti armati di Belluno e di Feltre, guidati dal vescovo Gerardo de Taccoli, partirono quindi alla volta del Castello di Mirabei, che venne strappato dalle mani del Comune di Treviso e quindi raso al suolo (come Casteldardo, post 33), chiudendo un capitolo avvincente nella storia di Noal. 



[Trinceo]


Bibliografia:

  • BIANCHIN CITTON E., COZZA F., DE VECCHI G., Noàl di Sedico (Belluno) da castelliere preromano a sito fortificato medievale: leggenda, storia, archeologia, valorizzazione, Sedico, 2014.

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