Rieccoci con la rubrica ‘Bada a come parli’: oggi abbiamo scelto la parola “fuoco”.
Tutte le varianti parlate in provincia partono da una radice comune, il latino volgare focum. Come si arriva all’incredibile fioritura di varianti così diverse che potete vedere nella cartina che avete scorso? Vediamolo subito.
Dopo la caduta della -M finale (ne abbiamo già parlato negli scorsi episodi), la vocale finale evolve in -o, e la consonante -C- si sonorizza in -G-. [1]
L’evoluzione in breve è la seguente: focum > focu > fogo > *fog. Lo potete vedere bene nello schemino in figura.
Da questo tronco comune, l’evoluzione successiva si dirama in due direzioni:
Da un lato abbiamo le varianti in cui la consonante finale si conserva, ritornando però sorda (proprio come in fred > fret). Tra questi troviamo i ladini fodomi, agordini, zoldani più le zone del bellunese e feltrino: *fog > foch
Dall’altro abbiamo il gruppo cadorino-comeliano delle varianti in cui cade anche la consonante -g finale, dando esito a fo
Nel primo gruppo:
Molte varianti conservano la forma foch, con piccole variazioni di pronuncia: Agordino, Bellunese, Alpago, Feltrino, Lamonese. [2]
Altre invece conoscono un dittongamento della -o-, con il passaggio quindi foch > fuoch. Così è a La Valle e Alto Agordino.
In Zoldo avviene un fenomeno molto tipico della zona: anche qui avviene la dittongazione: foch > fuoch, ma poi il suono introdotto acquista forza divenendo una vocale a sé, e costituendo una nuova sillaba (da fuoch monosillabico a fu-och bisillabico), che si rafforza in sonorità al punto da causare lo spostamento dell’accento.
Mentre in tutte le altre varianti l’accento rimane sulla o, fuóch, qui passa alla -u-, fùoch. Nascono quindi due ulteriori varianti con la modificazione della seconda vocale: fùach e fùech.
Tornando al secondo gruppo, quello cadorino, abbiamo invece un’evoluzione più incerta. Quanto segue è comunque la versione più accreditata: a parte l’ampezzano che conserva fo, da fo abbiamo ancora un passaggio comune a fuo, con dittongamento, che si conserva nel resto della Val Boite.
Nei restati idiomi probabilmente si conosce una reintroduzione dei suoni (che erano in precedenza caduti) su influsso del veneto.
Da qui si avrebbero infatti le successive evoluzioni:
Fuou, variante della zona di Lozzo
Fuogo, variante di Auronzo
Attraverso un ipotetico *fuego: fuegu (Padola), fègu (Candide), fögo (Costalta)
Pazzesco vero? Eppure sono proprio parole di uso quotidiano come ‘fuoco’ che dimostrano il ricchissimo patrimonio linguistico dei territori e delle comunità della nostra provincia.
NOTE
[1] La sonorizzazione è il fenomeno inverso della desonorizzazione (di cui abbiamo parlato nella puntata scorsa per l’evoluzione fred > fret (freddo).
[2] In molte zone del fondovalle si può correttamente adoperare anche la variante fogo, che si è consolidata come uso alternativo già in epoca storica.
BIBLIOGRAFIA:
PELLEGRINI, G. B. – SACCO, S., Il ladino bellunese. Atti del convegno internazionale (Belluno, 2-3-4 giugno 1983), Belluno, Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali, 1984;
Atlante linguistico del Ladino Dolomitico e dei dialetti limitrofi (ALD), consultabile al link: https://www.ald.gwi.uni-muenchen.de/it/suche/?db=ald1
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