Nel post 162 abbiamo approfondito la figura di Gaspare Diziani, pittore bellunese tra i più noti. Non si può dire altrettanto per un’altra personalità menzionata nella stessa sede, ovvero quella del primo maestro dell’artista, Antonio Lazzarini.
Lazzarini nasce a Belluno probabilmente nel 1672. Non ci è nota la data precisa di nascita, mentre è stata rinvenuta quella di battesimo, fissata al 16 giugno di quell’anno.
Mentre con Diziani siamo di fronte a una personalità assolutamente permeabile alle novità artistiche e che riesce a mutare i propri modi nel corso del tempo, lo stesso non si può dire per Lazzarini. Per quasi tutta la vita manterrà dei modi molto conservatori, rifacendosi in primis a quel Francesco Frigimelica che dominò l’arte bellunese tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII. Probabilmente frequentò la bottega di Agostino Ridolfi, artista che – seguito l’ambito dei tenebrosi a Venezia – ritornò tra i monti con questo nuovo stile pittorico. La costante dell’esaltazione chiaroscurale viene ampliata dalla lezione dell’austriaco Mathias Gremsl, che Lazzarini conobbe mentre era all’opera nel Cenedese. Autore piuttosto sconosciuto, influenzò l’artista bellunese con un certo gusto luministico mentre erano al lavoro per la decorazione interna di un oratorio a Revine. Appartengono a questo ciclo i primi lavori a noi noti del Lazzarini: due tondi (1700 ca.) con San Giovanni Battista e San Domenico, ora conservati al Museo diocesano di Vittorio Veneto.
Lo stile di Lazzarini si mantiene pressoché immutato per due decenni, fino a quando non recepisce la lezione di colui che era stato il suo stesso allievo, Diziani, e dell’ormai internazionale Sebastiano Ricci. Si badi bene, però: Antonio non muterà mai completamente la propria maniera, dando a vedere di aver capito una lezione che però non avrà mai interesse nel portare a compimento. I suoi committenti principali, infatti, erano parte di un’élite che non aveva nessuna attenzione per l’ambito pittorico più aggiornato.
È a questo periodo, collocato tra il 1720 e il 1725, che appartengono le sue opere migliori. Ne fanno parte anche le due importanti tele realizzate per la chiesa di San Martino Vescovo a Costa, nel territorio di Valle di Cadore. Contestuali alla ricostruzione del tempio, portata avanti in meno di un anno tra il 1718 e il 1719, le due pale accolgono il visitatore all’ingresso dell’edificio, rispettivamente al primo altare di sinistra e di destra.
Crocifissione di Cristo con angeli e anime del Purgatorio (1721)
La Crocifissione di Cristo con angeli e anime del Purgatorio, datata 1721, fu commissionata dalla famiglia Barnabò, il cui stemma compare nella parte inferiore della pala. Il fulcro della composizione è l’evidente figura di Cristo crocifisso, sulla quale si impernia tutto il resto della tela: alla base, dietro di esso, figurano le anime immerse in un fuoco purgante, ma non sono le fiamme a generare la luce che illumina il tutto. Il focus luministico è proprio sul personaggio di Gesù, che splende nel suo bianco cadaverico. È una scena di grande drammaticità, un memento mori di reminiscenze secentesche, amplificato dal teschio e dal femore alla base della croce.
Transito di San Giuseppe (1722) |
L’altra tela – datata 1722 e commissionata dalla medesima famiglia –illustra il Transito di San Giuseppe. Anche qui sono evidenti l’interesse e l’abilità del pittore per i giochi di luce. In questo caso, l’illuminazione di tutta scena si propaga a partire dalla mano di Dio, che spande i suoi raggi sul resto delle figure. Colui che ne beneficia maggiormente è Giuseppe, nudo dal busto in su, sul quale lo sguardo del fruitore viene veicolato. Il santo è attorniato nel letto di morte da Gesù e Maria, ma figurano anche altri personaggi. Nella parte superiore, centinata, Dio circondato da una torma di angeli, mentre in quella inferiore, due santi. A sinistra vediamo il Battista, riconoscibile dalla croce e dall’agnello, mentre a destra San Gaetano da Thiene invita chi guarda la pala a concentrarsi sulla scena principale.
Con queste due tele, Antonio Lazzarini raggiunge tra i punti più alti della sua produzione. Morirà dieci anni dopo, il 16 aprile del 1732, e verrà seppellito nella chiesa di Santo Stefano a Belluno.
[IlCervo]
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