Passa ai contenuti principali

Post 154 - L’ospedale nel bosco

 


L'ospedale da campo venne costituito nel luglio del 1944, quando l'Altopiano del Cansiglio, occupato dai residenti, era zona franca. Contava 50 posti letto, era rifornito e supportato dall'Ospedale Civile di Vittorio Veneto.

Nel corso del rastrellamento del settembre '44, per non intralciare lo sganciamento dei reparti in Pian Cavallo, l'Ospedale venne fatto partire in anticipo, il pomeriggio del 9 settembre.

Tuttavia fu costretto a rientrare a Pian Osteria a causa di una presunta infiltrazione dei tedeschi a Ceresera.

L'unica possibilità rimasta per scappare dai tedeschi era quindi quella di rifugiarsi nel bosco del Cansiglio.

Il 10 settembre l'Ospedale in fuga incontrò i Comandi del Gruppo Brigate "Vittorio Veneto" e della Divisione "Nanetti" impiegati a loro volta nel trasferimento. 

Il comandante della Gruppo Brigate "Vittorio Veneto" si trovò di fronte alla scelta se aiutare o meno i feriti con il rischio di mettere in pericolo i responsabili del movimento di lotta partigiana.



Così il comandante Giovanbattista Bitto “Pagnoca” ricorda quei momenti: "Io mi vedo ancora seduto, sdraiato, stanco morto e preso da un senso di tragedia, con il mio vice commissario che mi diceva: 'Qui è nostro dovere prendere questi feriti e portarli in salvo'. Dal punto di vista umanitario i feriti avrebbero dovuto essere la nostra prima preoccupazione, ma dal punto di vista della nostra responsabilità bisognava non essere travolti dal sentimento, salvare le formazioni, mantenere la forza morale. [...] 

Così quella sera dovetti fare una scelta tragica, che mi sono portato nella mente e nella coscienza per anni e anni: abbandonare i feriti e dirigersi verso Pian del Scheo. [...] Militarmente fu necessario agire così perché noi non potevamo difendere i prigionieri se fossero capitati consistenti rinforzi nemici. E inoltre avevamo il compito, una volta passata la bufera, di riorganizzare i quadri e continuare la resistenza. [...] Nondimeno, quella sera, ci sentimmo un po' tutti male nell'abbandonare quei feriti al loro destino". 


Silvia De Faveri “Dirce” Infermiera [ da Assalto al Cansiglio di P.P. Brescacin]

I 35 degenti (di cui una decina impossibilitata a muoversi) si nascosero in Val Bona, dietro l'allora esistente insediamento cimbro "Casoni Scatoleri". Vennero suddivisi in piccoli gruppi, nascosti nel folto bosco su barelle e materassi di fortuna e venne loro consegnato un piccolo pacco di viveri.

Il personale dell'Ospedale si posizionò invece ai margini del bosco per poter fornire cure ai vari gruppi di malati.

Qui restarono nascosti per una decina di giorni senza essere scoperti dai tedeschi, solo un ferito perse la vita in questo arco di tempo.


[Faghe]


Commenti

Post popolari in questo blog

Post 38 – Il Sas del Diàol, a Facen

  Oggi vi parliamo di un misterioso masso inciso!  Si chiama “ Sas di Pirulava ” o più notoriamente “ Sas del Diaol ”, ed è stato scoperto da Candido Greco nel 1977, studioso che ci ha fornito la prima descrizione delle incisioni presenti. Il masso è di dimensioni di circa 90 x 110 cm ed è leggibile solo nella faccia orientata verso sud-est. Presenta una decina di segni a forma di croce, di cui tre che poggiano su dei cerchi contenenti altre croci di dimensioni minori e quella che sembra una lettera “A”. Greco interpreta le iscrizioni come simboli preromani, individuando dei numeri etruschi dei quali i Reti si sarebbero serviti per misurare le libbre di fieno tagliato in loco. Inoltre altri simboli parrebbero legati al culto di Mitra.  Nelle note del testo, inoltre, vengono presentati a titolo esemplificativo e comparativo ulteriori massi che riportano croci incise, ma dotati anche di coppelle. Un appunto: nel testo si fa riferimento a questo masso come quello che secondo la leggenda s

Post 147 - La chiesa della discordia

  In alcuni post precedenti ( post 123 e 124 ) abbiamo ricostruito la storia delle frane dell’Antelao che hanno coinvolto Borca e San Vito. Durante la frana del 7 luglio 1737, stando alle memorie del pievano Bartolomeo Zambelli, il primo edificio a restar sotterrato fu la chiesa di San Canciano che sorgeva sul confine tra Borca e San Vito, chiesa che fu in seguito ricostruita accanto all’antica Strada regia ( post 101 e 102 ), nel territorio di San Vito, ad una novantina di metri dal confine. Ne nacque molto tempo dopo una contesa, di cui vi parleremo oggi. La storia della chiesa di San Canciano è assai antica. Vi è infatti un atto notarile datato 1418 rogato dal notaio Bartolomeo fu ser Ungaro in cui il testatore lega due prati in val di Tiera al lume di San Canciano: in altre parole si lasciava per testamento due prati alla suddetta chiesa perché col ricavato si mantenesse un lume acceso per il santo [1]. Dai documenti delle visite pastorali del 1604 conservati nell’Archivio della Cu

Post 104 – Il colle delle ville. Prima parte.

  La nostra provincia è principalmente nota (se davvero è nota per qualcosa) per le sue splendide catene montuose. Meno noti potrebbero essere invece gli intriganti paesaggi rurali della Valbelluna, valle collocata tra le Prealpi e le Dolomiti e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dal fiume Piave, alimentato da numerosi affluenti che scendono dai monti circostanti. Al di là di centri come Feltre, Sedico, Trichiana o Belluno stessa, caratterizzati dai tipici processi di urbanizzazione degli ultimi decenni, questa porzione di territorio è punteggiata da centri minori, fattorie, case rurali e ville venete.  Nella zona circoscritta che prendiamo in considerazione in questo post, un colle collocato a nord-est di Feltre, i segni di un passato rurale sono tuttora ben visibili nella campagna delle frazioni Vellai e Cart e delle località loro circostanti. Uno degli elementi più suggestivi di questo paesaggio, facilmente idealizzabile nel ricordo dei “bei tempi andati” (e forse mai esistiti