Passa ai contenuti principali

Post 151 - Un campanile per Ampezzo

 


Nei primi decenni dell’Ottocento il campanile della chiesa parrocchiale ampezzana iniziò a dare problemi: le campane si ruppero più volte, dalle pareti continuava a staccarsi pietrame ed intonaco. 


Campanile in legno

Nel 1846 le campane (che continuavano a fessurarsi) vennero trasferite su una struttura provvisoria in legno; la vecchia torre campanaria gotica fu abbattuta 5 anni dopo. Questa situazione suscitò l’ilarità dei cadorini, che sbeffeggiavano i vicini con l’adagio:

«Ampezzani gente di gran ingegno,

campane rotte e campanile di legno.»

Nel 1852 iniziarono i lavori per erigere la nuova torre, in bianca dolomia. Il progetto scelto, dopo lunghe trattative, fu quello dell’architetto viennese Hermann Bergmann. La struttura in pietra venne completata nel 1857. Essa venne coronata da una croce, poggiante su una sfera di rame dorato, e reggente una banderuola a forma di gallo.

L’irraggiungibile vetta del campanile ha suscitato la fantasia degli ampezzani, che del globo sono soliti dire che «stà inze un marangon con duta ra so botega» («ci entra un falegname con tutto il suo laboratorio»), e della banderuola che «canche l jal del cianpanin varda ra pites del pioan, vien guergno» («quando il gallo del campanile guarda le galline del parroco [cioè verso la sagrestia, a ovest] si prevede maltempo»).


Prima foto di Cortina


Nel frattempo la Magnifica comunità d’Ampezzo prese accordi col fonditore Grassmayr di Innsbruck, per fondere un nuovo concerto di 6 campane. La notte di Natale del 1858 si tenne l’atteso concerto inaugurale: dopo anni, Ampezzo poté di nuovo festeggiare al rintocco dei suoi alti bronzi.



E la torre provvisoria in legno? Una volta dismessa, la comunità di Venas di Cadore chiese a quella d’Ampezzo se potesse cedergliela, per impiegarla durante i lavori di costruzione del loro nuovo campanile. Gli ampezzani la scambiarono con tronchi di noce per l’arredo della parrocchiale, prendendosi una bella soddisfazione per gli sberleffi degli anni precedenti.

Dall’alto dei suoi 70 metri (73 con il globo, la croce e il gallo), e col suo solenne concerto di campane, la candida torre divenne subito fonte di stupore per paesani e forestieri. Lo stesso imperatore Carlo I d’Asburgo, in visita al fronte nel 1917, rimase così colpito dalla bellezza del tutto che decise di risparmiare i bronzi dal sequestro generale che era stato ordinato per ottenere metallo per l’industria bellica.



“El Cianpanin” è oggi uno dei simboli più identitari della Conca, motivo di grande orgoglio per tutta la comunità. Una strofa dell’Inno d’Ampezzo recita:

«El jal senpre de sguaita

par duta ra so śente

co sona el cianpanon

dute in Anpezo el sente.

Somea che l dighe in śiro:

‘Tornà a me ciatà’

un bel ‘sanin dapò’

de zerto el ve dirà.»

(«Il gallo sempre all’erta

per tutta la sua gente

quando suona la campana maggiore

tutti in Ampezzo la sentono.

Sembra dica in giro:

‘Tornate a trovarmi’

un bel ‘arrivederci’

di sicuro vi dirà»)



[pgbandion]



Tutte le immagini, tranne quella della prima e dell'ultima diapositiva, sono tratte dal libro "El Cianpanin", edito da @lacoooerativadicortina , che si ringrazia per la disponibilità.


Bibliografia:

M. F. Belli, “El Cianpanin. Storia del Campanile di Cortina d’Ampezzo”, Cortina d’Ampezzo, 2009, La Cooperativa di Cortina

G. Cilione, “Il Campanile di Cortina d’Ampezzo. L’architettura del compromesso”, Cortina d’Ampezzo, 2005, Union de i Ladis de Anpezo

Commenti

Post popolari in questo blog

Post 38 – Il Sas del Diàol, a Facen

  Oggi vi parliamo di un misterioso masso inciso!  Si chiama “ Sas di Pirulava ” o più notoriamente “ Sas del Diaol ”, ed è stato scoperto da Candido Greco nel 1977, studioso che ci ha fornito la prima descrizione delle incisioni presenti. Il masso è di dimensioni di circa 90 x 110 cm ed è leggibile solo nella faccia orientata verso sud-est. Presenta una decina di segni a forma di croce, di cui tre che poggiano su dei cerchi contenenti altre croci di dimensioni minori e quella che sembra una lettera “A”. Greco interpreta le iscrizioni come simboli preromani, individuando dei numeri etruschi dei quali i Reti si sarebbero serviti per misurare le libbre di fieno tagliato in loco. Inoltre altri simboli parrebbero legati al culto di Mitra.  Nelle note del testo, inoltre, vengono presentati a titolo esemplificativo e comparativo ulteriori massi che riportano croci incise, ma dotati anche di coppelle. Un appunto: nel testo si fa riferimento a questo masso come quello che secondo la leggenda s

Post 147 - La chiesa della discordia

  In alcuni post precedenti ( post 123 e 124 ) abbiamo ricostruito la storia delle frane dell’Antelao che hanno coinvolto Borca e San Vito. Durante la frana del 7 luglio 1737, stando alle memorie del pievano Bartolomeo Zambelli, il primo edificio a restar sotterrato fu la chiesa di San Canciano che sorgeva sul confine tra Borca e San Vito, chiesa che fu in seguito ricostruita accanto all’antica Strada regia ( post 101 e 102 ), nel territorio di San Vito, ad una novantina di metri dal confine. Ne nacque molto tempo dopo una contesa, di cui vi parleremo oggi. La storia della chiesa di San Canciano è assai antica. Vi è infatti un atto notarile datato 1418 rogato dal notaio Bartolomeo fu ser Ungaro in cui il testatore lega due prati in val di Tiera al lume di San Canciano: in altre parole si lasciava per testamento due prati alla suddetta chiesa perché col ricavato si mantenesse un lume acceso per il santo [1]. Dai documenti delle visite pastorali del 1604 conservati nell’Archivio della Cu

Post 104 – Il colle delle ville. Prima parte.

  La nostra provincia è principalmente nota (se davvero è nota per qualcosa) per le sue splendide catene montuose. Meno noti potrebbero essere invece gli intriganti paesaggi rurali della Valbelluna, valle collocata tra le Prealpi e le Dolomiti e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dal fiume Piave, alimentato da numerosi affluenti che scendono dai monti circostanti. Al di là di centri come Feltre, Sedico, Trichiana o Belluno stessa, caratterizzati dai tipici processi di urbanizzazione degli ultimi decenni, questa porzione di territorio è punteggiata da centri minori, fattorie, case rurali e ville venete.  Nella zona circoscritta che prendiamo in considerazione in questo post, un colle collocato a nord-est di Feltre, i segni di un passato rurale sono tuttora ben visibili nella campagna delle frazioni Vellai e Cart e delle località loro circostanti. Uno degli elementi più suggestivi di questo paesaggio, facilmente idealizzabile nel ricordo dei “bei tempi andati” (e forse mai esistiti