L’attività pittorica trecentesca della città di Belluno è pressoché sconosciuta: mancano le testimonianze materiali, ma il nome di qualche pittore è noto grazie alla documentazione storica. Gli ultimi decenni del XIV secolo e i primi anni del XV secolo, invece, sono discretamente ricostruibili grazie a opere e documenti, quali i registri contabili del Capitolo di Belluno: i “Libri della Massaria”.
Madonna della Misericordia e storie di San Bartolomeo’ |
Gli storici considerano Simone da Cusighe come la prima personalità definita della pittura bellunese. Il suo nome compare per la prima volta nel 1386 «pro cinabro trito»* nei Libri della Massaria, dove lo troviamo documentato anche nel 1396 e nel 1397 «pro intayature» e «pro endorature» di una grande ancona, oggi perduta, destinata all’altare maggiore della della cattedrale. Si tratta di documentazioni importanti perché testimoniano il prestigio di cui godette Simone da Cusighe per ricevere una commissione così prestigiosa, che costò al Capitolo di Belluno 440 lire (per inciso: un bel po’ di soldi allora). Queste nozioni, inoltre, consentono di ricostruire il profilo della sua bottega: un’attività polivalente, in grado di assolvere a diverse richieste, non solo artistiche ma anche di fornitura di materiali.
Sant’Antonio Abate tra i quattro santi: San Gioatà, San Gottardo, San Bartolomeo, Sant’Antonio da Padova |
Nasce con lui la bottega "cittadina" a Belluno, caratterizzata da una produzione di tavole dipinte e ancone dorate e intagliate, opere preziose e fragili, molto diverse dai solidi affreschi dalle funzioni narrative e iconiche diffusi nella valle. A seguito dell’esperienza di Simone, però, non si formerà una scuola che sviluppi e tramandi la pittura su tavola: sono rarissime le tavole dipinte successive alla sua morte, come testimonia Clemente Miari nel suo “Chronicon Bellunense”. Probabilmente le opere di questo tipo commissionate dai bellunesi erano poche perché nella città non esistevano ancora le condizioni per il “conspicuous consumption", il consumo ostentativo che fu motore fondamentale dell’arte.
Oltre alle informazioni archivistiche, si conoscono due opere firmate da Simone da Cusighe, di cui una datata.
Santa Caterina d’Alessandria e San Giovanni Battista |
La Madonna della Misericordia e storie di San Bartolomeo, datata 1394 e firmata «Simon fecit» sullo zoccolo, è un polittico proveniente dalla chiesa di Col di Salce, commissionata dal cappellano Cristoforo, come scritto sulla stessa. Diventata parte della collezione Pagani di Belluno, è stata acquistata nel 1800 dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia e oggi è conservata alla Ca’ d’Oro. Al centro, la Madonna della Misericordia è raffigurata secondo l’iconografia veneziana che la vuole con la mandorla in petto e il Bambino benedicente, mentre ai suoi piedi accoglie con il mantello un gruppo di Battuti, una confraternita laica devota alla Madonna. Attorno, separate dalla cornice originale, sono raffigurate otto scene della vita e del martirio di San Bartolomeo. La pittura di Simone è caratterizzata dal gusto per la descrizione e per i particolari: basta osservare le corone di fiori, la veste alla moda della figlia del re o quelle rigate degli uomini che abbattono l’idolo, ma ancora, la minuzia delle lumeggiature degli incarnati e di barbe e capelli.
Sant’Antonio Abate tra i quattro santi: San Gioatà, San Gottardo, San Bartolomeo, Sant’Antonio da Padova è la seconda opera firmata, questa volta «Simon pinxit», ed è conservata al Museo Civico di Belluno, che la acquistò nel 1980 dalla collezione Pagani. Inizialmente ritenuta precedente a quella conservata alla Ca’ d’Oro per la minore cura usata nella realizzazione, si crede oggi successiva poiché denota una maggiore padronanza dello spazio, come si può notare confrontando il goffo podio da cui si sporge re Astrage nel polittico e l’architettura che avvolge i santi nel dipinto del Museo Civico, in particolare attorno a Sant’Antonio Abate, la figura centrale. A supporto di questa tesi abbiamo anche la presenza del tipico ancheggiamento gotico, soprattutto nel personaggio all’estrema sinistra, San Gioatà, completamente assente nella tavola conservata a Venezia.
Al Museo Civico di Belluno sono conservate due tavolette raffiguranti San Giovanni Battista e Santa Caterina d’Alessandria, acquistate dal museo stesso nel 1993 sul mercato antiquario a Monaco di Baviera. Si tratta di due scomparti di un polittico attribuiti a Simone da Cusighe grazie al confronto stilistico con alcuni dettagli delle sue opere certe, quali ad esempio le punzonature dei nimbi, le dita tozze, i piedi a punta, le erbe nel prato. Non si conoscono data di realizzazione e provenienza, ma basandosi sui documenti d’archivio e le fonti ottocentesche, soprattutto del Pellegrini, si ipotizza che possano far parte del trittico che Simone da Cusighe realizzò nel 1406-8 per la chiesa parrocchiale di Sala Bellunese.
Note
*Il cinabro è un minerale costituito da solfuro di zolfo [HgS] utilizzato dall’uomo fin dall’Antichità per ottenere, dalla sua triturazione, un pigmento rosso vivo. In Europa veniva estratto in Spagna, nelle miniere di Amaldén, e in Italia dal monte Amiata. La sua variante sintetica è il vermiglione, ottenuta in Cina già in epoca post-classica e diffusa in Europa dagli Arabi. In pittura è stato tipicamente usato per gli incarnati e le vesti, come possiamo notare nell’opera di Simone.
BIBLIOGRAFIA
LUCCO, Mauro, La pittura nel Veneto, il Trecento’, Milano, Electa, 1989;
MIARI, Clemente, Cronaca bellunese (1383-1412), Ristampa a cura di Paolo Doglioni, Belluno, IBRSC, 1999;
LUCCO, Mauro, Due tavolette di Simone da Cusighe, «Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore», 1995 (LXVI), n. 290, pp. 31-37;
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