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Post 143 - Uno scorcio sulla Gusèla del Vescovà

 


Duecentocinquanta milioni di anni fa iniziarono a formarsi le rocce che, scolpite dall'erosione e dai crolli causati dall'acqua, dalla gravità e dai cicli di gelo e disgelo, compongono oggi il maestoso ed imponente gruppo della Schiara, che prende il nome dal monte omonimo, il quale con i suoi 2.565 m di quota domina sul gruppo e sulla città di Belluno. Caratteristico ed iconico simbolo del capoluogo, il gruppo, con le sue pareti e guglie in dolomia principale, è infatti visibile «in tutta la sua superba bellezza da Belluno, fra le verdeggianti quinte del Terne e del Serva, con il Col de Roanza a guisa di proscenio» come scrisse il grande Piero Rossi [1].


Foto 1: La Gùsela del Vescovà- dal sito https://www.ferrate365.it/


Il nome Schiara deriverebbe dal termine «s’ciara» ovvero ‘anello’, utilizzato nelle varianti linguistiche bellunesi e agordine, e che parrebbe richiamare la forma della finestra che si apre nei pressi di forcella del Balcón. Tuttavia, risulta essere più diffusa la credenza che l’origine del nome sia legata all’antica leggenda del vescovo e poi santo patrono di Belluno, ovvero S. Martino. Questi, infatti, durante le sue peregrinazioni apostoliche in zona, sarebbe stato solito bivaccare fra le rocce della Schiara legando il suo cavallo ad un anello di ferro, miracolosamente poi trasformatosi in un anello d’oro.


Foto 2: Il gruppo della Schiara con la Gùsela del Vescovà- fotografia gentilmente concessa da Mario Vazza.

Un pinnacolo, tanto amato da figure quali Dino Buzzati e Piero Rossi, fra le circostanti cime più tozze e talvolta rotondeggianti, rende tuttavia la visione di questo gruppo montuoso qualcosa di inconfondibile ed unico: si tratta della Gusela del Vescovà, ovvero un’isolata guglia di roccia alta circa 40 metri e appoggiata sulla cresta di una parete strapiombante di circa 600 metri.


Anche nota in passato come Pónta de la Priéta, dal bellunese per ‘punta della piccola cote’, la pietra utilizzata per affilare le falci, la Gusela (‘ago’ o ‘guglia’), si configura non solo come il simbolo dell’alpinismo bellunese ma anche come un luogo legato a varie e folte credenze popolari. Si diceva infatti, per esempio, che la Gusela fosse stata usata dal Patriarca Noè per legarci la celebre Arca quando le vallate erano sommerse dall’acqua, o che sulla cima della Gusela ci fosse un gran cespuglio di ortiche, o ancora, che sempre lì si potesse girare un carro trainato da buoi senza problemi, o infine che di notte le streghe danzassero attorno alla torre rocciosa trascinando con sé le anime dannate dei cacciatori che avevano peccaminosamente cacciato nei giorni festivi.


Foto 3: Schizzo eseguito da Piero Rossi nel 1980- da ROSSI P. 1982, Schiara: Dolomiti Bellunese, Milano, Club Alpino Italiano e Touring Club Italiano.

Ma quand’è che si inizia a pensare di scalare questo inviolato pinnacolo di roccia che tanto aveva attirato l’attenzione quanto la fantasia dei valligiani?

Nel 1909 un piccolo gruppo di ufficiali del 7° Reggimento Alpini cercò di scalare la Gusela, servendosi di una scala a pioli per superare il primo tratto di parete fino ad una cengia, viste le tempistiche strette, ma il tentativo fallì a causa di problemi logistici.


Solo quattro anni più tardi, il 16 settembre 1913, la piccola cima fu conquistata dalla cordata composta dalla guida fassana Francesco Jori, dal celebre alpino ed alpinista milanese Arturo Andreoletti e dall’alpino della Valle del Biois Giuseppe Pasquali. I tre, grazie al supporto nella logistica della spedizione dal Cav. Tamburini di Milano, iniziarono la via alle 11.45 circa e, nonostante la pericolosa visita in parete da parte di una coppia di aquile reali, arrivarono in vetta verso le 13.30, issandovi un’asta di due metri con la bandiera tricolore. 


Foto 4: 1909, un piccolo gruppo di ufficiali del 7° Reggimento Alpini cercò di scalare la Gùsela, servendosi di una scala a pioli- da SANI G., SOVILLA L. 2017, Schiara: Storia e immagini dell’alpinismo bellunese, Belluno, Vividolomiti

Da questo momento in poi, per la Gusela sarebbe cominciata una lunga stagione legata all’alpinismo che perdura ancora oggi. 


Oltre all’apertura delle diverse vie oggi presenti, è doveroso ricordare la prima ascensione femminile da parte di Maria Breveglieri, di Claut e sposata con un bellunese, nel settembre del 1928, accompagnata da Eugenio Da Rold, alpinista, cacciatore e rocciatore locale. 


Foto 5: La Gùsela vista dalle Cime di Zità.


La prima ascensione invernale fu invece compiuta da un gruppo di ufficiali del 7° Reggimento Alpini nel 1938, mentre nel settembre del 1947 venne avventurosamente portata e posizionata sulla vetta della Gusela la prima croce da un gruppo di giovani bellunesi.


Foto 6: La croce sulla vetta della Gùsela- da SANI G., SOVILLA L. 2017, Schiara: Storia e immagini dell’alpinismo bellunese, Belluno, Vividolomiti.

Numerose altre scalate, ascensioni in libera, solitarie ed imprese fuori dal comune, come la camminata fra il Nasón e la cima della Gusela prima del Natale del 2016 tramite una slackline, hanno reso questo iconico pinnacolo del gruppo della Schiara la meta per eccellenza dell’alpinismo bellunese nel corso del secolo scorso e di quello presente.


Foto 7: Il gruppo della Schiara, il Col di Roanza e la chiesetta pedemontana di San Liberale- fotografia gentilmente concessa da Mario Vazza.

Dal 2005, visti i frequenti crolli di porzioni di pareti e cime dolomitiche, con l’Università di Padova si è deciso di monitorare maggiormente lo “stato di salute” della Gusela, oggigiorno provata nella stabilità dal tempo e da numerosi altri fattori, nell’ottica di poter continuare a vederla lì dov’è stata scolpita come una vera e propria opera d’arte. 


[Trinceo]


[1] ROSSI P. 1982, Schiara: Dolomiti Bellunese, Milano, Club Alpino Italiano e Touring Club Italiano, p. 205.

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