«Plebem de Agorde cum capellis suis. […] Capellam Sancti Simonis Canalis de supra…»[1]
così recita la bolla di Papa Lucio III datata al 1185 che costituisce la prima attestazione, finora conosciuta, della chiesa di San Simon, oggi situata nel comune di Vallada Agordina. Viene riconosciuta come l’edificio sacro più antico dell’intera Valle del Biois e rimane l’unico fino alla costruzione delle chiesa di San Giovanni Battista, nel vicino paese di Canale d’Agordo, che viene nominata per la prima volta in un documento del 1361[2].
La chiesa sorge lungo il versante meridionale del Monte Celentone ed è circondata da un fitto bosco che la nasconde in parte alla vista; è raggiungibile in auto salendo dalla frazione di Sacchet attraverso una stretta strada asfaltata. L’edificio di culto è accompagnato dalla torre campanaria e dal cimitero utilizzato ancora oggi dalla comunità; di fronte alla facciata della chiesa, invece, è possibile ammirare l’edificio costruito per la Confraternita della Beata Vergine dei Battuti realizzato probabilmente intorno alla metà del ‘300.
Fonte sansimon.eu
Entrando nella chiesa attraverso l’ingresso laterale, posto lungo il lato sud, è curioso soffermare l’attenzione sull’ultimo gradino della scalinata che risulta particolarmente consumato e presenta un avvallamento; si racconta, infatti, che il logoramento sia il segno del continuo passaggio dei fedeli che nel corso dei secoli hanno frequentato la chiesa.
La planimetria attuale della chiesa è rimasta invariata fin dagli ultimi lavori di allargamento intrapresi tra 1770 e 1776 per volere delle Regole di Vallada e Carfon-Fregona-Feder. L’edificio è costituito da un'aula a navata unica che termina ad est con l’abside, che oggi ospita l’organo realizzato da Gaetano Callido (1802) e il Flügelaltar (1525 circa) opera di Andrè Haller.
Fonte: openalpsmap.it
Lungo le pareti della navata è possibile ammirare il ciclo di affreschi eseguito dall’artista veneto Paris Bordon (1500-1571) nel 1549. Così viene descritto il corpus affrescato nella relazione della visita pastorale del vescovo Luigi Lollino datata al 29 luglio 1600:
«vide quella chiesa tutta dipinta in modo magnifico ed eccellente dalla mano del defunto signor Paris Bordon, pittore insigne […] Sul soffitto dell’abside sono dipinti i quattro evangelisti; sulla parete meridionale le immagini di San Sebastiano e di San Rocco, sulla parete settentrionale le immagini di san Pietro e di san Giovanni. Sulla parete della navata sono dipinte le seguenti immagini: sulla parete nord, tra l’altare di san Bartolomeo e l’altare di sant’Antonio, ci sono le seguenti immagini: la Natività di nostro signor Gesù Cristo […]; invece, sulla parete tra l’altare di Sant’Antonio verso ovest, in due cornici, è racchiuso il martirio di san Simone. Sulla parete occidentale sono raffigurate le immagini di sant’Agostino, di sant’Ambrogio e dei santi Rocco e Cipriano. Sulla parete meridionale ci sono le immagini di san Giorgio e della Cena del Signore e di San Michele arcangelo […] E tutte sono straordinarie e davvero degne di essere viste»[3].
Traspare con chiarezza il fascino e lo stupore che provò il vescovo alla vista di una tale opera d’arte, emozioni che per secoli devono aver provato i fedeli che qui si recavano e che ancora oggi i visitatori possono sperimentare seppur il ciclo pittorico, da allora, non sia rimasto completo. Originariamente, infatti, come ci testimonia il documento, gli affreschi bordoniani ricoprivano l’abside, le pareti della navata e la volta che proprio in quest’occasione venne realizzata a copertura delle capriate che fino ad allora erano rimaste a vista. Nel 1774, però, a seguito di alcuni lavori di ampliamento e rimodellazione dell’edificio sacro venne abbattuto il catino absidale causando la distruzione delle raffigurazioni che lo decoravano; venne inoltre realizzata una nuova volta di copertura comportando la perdita del probabile scena di “Giudizio Universale” o di “Paradiso” che qui doveva essere dipinta; sempre in quest’occasione, per rendere più omogeneo lo stile della nuova chiesa, l’intero ciclo di affreschi del Bordon lungo le navate venne ricoperto da uno strato di calce.
La riscoperta del corpus affrescato avvenne solo in occasione di nuovi lavori di restauro intrapresi nel 1894, pochi anni dopo la dichiarazione della chiesa di San Simon monumento nazionale dello Stato Italiano.
I motivi scelti a soggetto del ciclo di affreschi comprendono scene tratte dai Vangeli, come la Natività e l’Ultima Cena e raffigurazioni di numerosi santi di cui molti sono ricordati in diverse pergamene trecentesche nelle quali i vescovi di Belluno venivano concesse diverse indulgenze alla chiesa e alla comunità in occasioni particolari quali riconsacrazioni in seguito ad episodi di profanazioni o di pestilenze che colpirono la vallata. Molti di questi santi, inoltre, riprendono diverse devozioni presenti sia nel territorio della Valle del Biois sia nella Pieve di Agordo: troviamo, infatti, la raffigurazione di Sant’Antonio Abate venerato presso Cencenighe Agordino, San Cipriano a Taibon Agordino che ospita a sua volta opere realizzate da Paris Bordon; tra gli affreschi andati perduti si trovavano invece le raffigurazioni di san Sebastiano, santo venerato dalla comunità di Falcade e San Giovanni Battista a Canale d’Agordo.
Fonte: santimon.eu
La chiesa di San Simon rimane oggi una viva testimonianza non solo della spiritualità ma anche della storia, dell’impegno delle comunità di questo territorio che nel tempo hanno contribuito al modellamento, al mantenimento e alla custodia di questo patrimonio; una storia che continua ancora oggi grazie a coloro che si impegnano per far conoscere ai visitatori questo gioiello incastonato tra le montagne della Valle del Biois.
Fonte: tuttiartisticreativi
[look]
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA:
Serafini L. - Vizzutti F., Le chiese dell’antica pieve di San Giovanni Battista nella valle del Biois, a cura delle parrocchie dell’antica Pieve di Canale d’Agordo, Belluno 2007.
[1] Archivio Capitolare di Belluno, Pergamena n. 7, 18 ottobre 1185, busta 27/1.
[2] Archivio Parrocchiale di Cencenighe Agordino, Pergamene, Pergamena n. VI, 1° novembre 1361.
[3] Archivio Vescovile di Belluno, Visita pastorale vescovo Luigi Lollino – 1600, busta 4/1A (V), cc 9 e segg. Traduzione dal latino di Loris Serafini.
Commenti
Posta un commento