Abbiamo già visto (post 57 e 124) come le acque violente ed implacabili con la loro furia hanno inghiottito interi paesi e soffocato centinaia di vite, ma vi sono anche pagine di storia più gioiose scritte grazie alle stesse. Per lungo tempo, infatti, lo sfruttamento dell’acqua è stato di primaria importanza nella vita delle comunità di montagna non solo per soddisfare i bisogni primari degli abitanti, ma anche per permettere un certo grado di sviluppo industriale.
Immaginando di sorvolare il Boite ed i suoi affluenti, da San Vito di Cadore a Vodo di Cadore, si potrebbero scorgere, qui e là lungo il loro corso, dei ruderi o delle costruzioni ancora in buono stato, in parte celate dalla vegetazione. La stessa forza inesauribile dei fiumi che ha sovente portato con sé distruzione è stata anche sfruttata dagli abitanti della valle per facilitare le operazioni di macina dei cereali, taglio del legname e lavorazione della lana.
Vi erano infatti svariati mulini che, sfruttando la forza dell’acqua ed un sistema di ruote dentate, trasformavano la forza cinetica dell’acqua in energia per azionare le macine per granturco e frumento ed i rulli del pestaorze. Il prodotto della macinazione era poi setacciato nei burate, delle strutture di legno con diversi strati di tela a trama sempre più larga, che ruotavano su se stessi e permettevano di setacciare i vari tipi di farina, dalla più raffinata (da destinare al consumo umano) alla crusca (sembola) impiegata per l’alimentazione degli animali.
Prima dell’avvento dell’elettricità, poi, la forza dell’acqua permetteva di segare i preziosi tronchi in tavole. Il moto circolare della ruota idraulica, attraverso un sistema basato sul principio della biella a manovella, era tradotto in moto alternato permettendo di ridurre in tavole di 25/30 millimetri di spessore un metro cubo di legno ogni cinque ore circa. Le tavole ottenute avevano però i margini laterali grezzi e dovevano essere successivamente rifilate e rese regolari prima di poter essere messe a stagionare, dapprima ponendole al sole per una stagione in posizione verticale, ed in seguito in appositi essiccatoi. Solo una volta essiccate erano pronte per l’utilizzo o la commercializzazione.
Un altro esempio di impiego dell’acqua per la lavorazione delle materie prime grezze si ebbe con il lanificio della famiglia Pordon di San Vito fondato nel 1883. Il lanificio proseguì la propria attività impiegando un sistema di alimentazione idraulico fino all’alluvione del 1966, che danneggiò iereparabilmente i macchinari, sostituiti solo allora da quelli elettrici con cui l’attività fu proseguita fino al 1985.
[Bepo]
Commenti
Posta un commento