Oggi, giornata internazionale dei diritti delle donne, vogliamo parlavi di una donna che nel corso del Novecento si è battuta più volte per la libertà, per l’affermazione delle donne nel mondo dell’arte e per le lotte di genere. Lei è Liana Bortolon, scrittrice, giornalista, critica d’arte.
Foto 1: foto di Liana Bortolon |
Nasce a Feltre il 13 aprile 1923 in quella che possiamo definire buona famiglia (padre è geometra libero professionista e la madre è insegnante), e la sua educazione scolastica viene molto incoraggiata, anche se entro le rigide imposizioni della mentalità cattolica e un po' antiquata di una piccola città ai piedi delle montagne. Liana descrive così i suoi genitori e la sua educazione: «Nati alla fine dell’Ottocento, bravissime persone, i miei genitori andavano d’accordo in tante cose, e in particolare nell’educazione sessuale delle figlie, cioè silenzio assoluto sull’argomento [...]. La sorveglianza in famiglia era uno spionaggio continuo. Poveri ragazzi, se osavano alzare gli occhi su una di noi, gli arrivava una lettera raccomandata (non esagero) da mio padre che lo diffidava dal molestare sua figlia.»
Foto 2: foto di Angelo Giuseppe Zancanaro dal sito di Radio Più https://www.radiopiu.net/wordpress/eroico-combattente-doro-di-renato-bona/ |
Liana frequenta a Belluno un istituto classico e nel 1941 conclude il liceo «senza il trauma dell’esame di maturità, sospeso per via della guerra». Successivamente le viene preclusa dal padre l’Università di Padova, perché troppo preoccupato per la libertà di costumi di chi frequentava quell’ateneo: la giovane frequenterà quindi l’Università cattolica del Sacro Cuore a Milano, dove si laureerà con una tesi sulla storiografia dell’età barocca.
Foto 3: Foto di Monsignor Gaio Giulio presa dal sito biografie resistenti https://biografieresistenti.isacem.it/biografie/gaio-giulio/ |
Gli anni della sua formazione scolastica sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale e durante i venti mesi della Resistenza antifascista feltrina svolge il coraggioso ruolo di staffetta partigiana, facendo riferimento al gruppo organizzato da monsignor Giulio Gaio e del tenente colonello Angelo Giuseppe Zancanaro.
Foto 4: Foto di Liana Bortolon e Campigli a Saint Tropez. Archivio Musei Civici di Feltre |
A seguito della laurea Liana si trova alla ricerca di un lavoro a Milano per «non tornare a Feltre e insegnare come era nei voti paterni». Si rivolge quindi al rettore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, padre Agostino Gemelli, che riscontra in lei una forte predisposizione alla scrittura e la invita a scrivere per la casa editrice Vita e Pensiero. Ben presto però l’abilità di Liana come scrittrice viene notata e inizia a lavorare per varie testate e soprattutto riviste femminili: prima una rubrica d’arte su Gente e successivamente su Grazia. Quest’ultima è il suo trampolino di lancio, Liana afferma infatti che «da un giornale che tirava quasi cinquecentomila copie a diffusione nazionale e internazionale mi è venuta la popolarità. Inviti da ogni parte, viaggi, incontri, valanghe di lettere da chi voleva consigli e valutazioni, gente che ritagliava i miei articoli per leggerli, e un vortice di consumismo, bei vestiti, belle auto, ottimi alberghi, il corteggiamento da parte degli artisti che aspiravano a quella rampa di lancio».
Foto 5: Wanda Broggi, Ritratto. Collezione Liana Bortolon, Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda. |
Liana si dedica anche alle lotte femminili «incontrando non poche difficoltà sia nel mercato dell’arte ancora prevenuto, sia tra le stesse donne in arte che non capivano l'importanza della solidarietà». Liana stessa viene infatti vista con sospetto per il suo modo di raccontare l’arte, considerata fino ad allora proprietà di una cerchia ristretta maschile. Ciò nonostante riesce comunque ad imporsi nel settore, stimolando interesse verso le arti figurative ad un vasto pubblico femminile (ma non solo) grazie ad un linguaggio chiaro e semplice.
Foto 6: Pablo Picasso, Visage de femme. Collezione Liana Bortolon, Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda. |
Intervista i grandi artisti del Novecento, italiani e non, come Roy Lichtenstein, Morlotti, Cassinari, Carena, Dudovich… si trova inoltre a disputare una tartina ad Andy Warhol, farsi fotografare da Man Ray e tranquillizzare De Chirico, terrorizzato a mangiare in piedi. In confidenza le borbotta «non mi piacciono queste cene in piedi. La forchetta traballa sul piatto, può cadere, può ferire un piede, può provocare il tetano e si può morire».
Ma l’artista che lei definisce più importante è stato Massimo Campigli con cui instaura una bellissima amicizia, caratterizzata da tenere corrispondenze.
Foto 7: Gino Severini, Composizione. Collezione Liana Bortolon, Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda. |
Grazie a questi rapporti di amicizia e lavorativi e ad alcuni fortunati acquisti è riuscita a mettere insieme una collezione che percorre in maniera sistematica la gran parte della storia dell’arte del ‘900. Il posto migliore dove conoscere Liana? La Galleria Rizzarda di Feltre. Un intero piano è dedicato proprio alla collezione di opere d’arte che donò al museo della sua amata città natale. Oltre che artisti a lei molto cari ma meno conosciuti, si possono trovare anche opere di nomi molto noti come Picasso, Chagall, Gio Ponti e Severini.
Foto 8: Bruno Cassinari, Porto di Antibes. Collezione Liana Bortolon, Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda. |
La sua vita è raccontata in prima persona nel catalogo "Artisti del '900. La collezione d’arte contemporanea Liana Bortolon’’ e la testimonianza della sua attività come staffetta partigiana nel libro ‘’Comunisti e cattolici nella resistenza feltrina’’ curato da Giovanni Perenzin. Oltre ai libri, vi segnaliamo il documentario a lei dedicato da Soroptimist.
Foto 9: Massimo Campigli, danzatrici. Collezione Liana Bortolon, Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda. |
[@anastasiakhandros] e [Giot]
BIBLIOGRAFIA:
De Grada Raffaele. Artisti del 900. La collezione d’arte contemporanea Liana Bortolon. Comune di Feltre, Feltre. 2007.
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