Passa ai contenuti principali

Post 131 – La Contea di Cesana

 

Come abbiamo già scritto più volte in questa sede, l’attuale provincia di Belluno si trova per la prima volta unita territorialmente nel 1806. Fino ad allora, era suddivisa nei tre territori di Feltre, Belluno e Cadore.
Forse non tutti sanno che oltre a essi esistevano anche due piccoli feudi indipendenti, tra cui la Contea di Cesana. Corrispondente a livello territoriale all’ex comune di Lentiai, apparteneva per legge al Sacro Romano Impero, ma era di fatto parte della Repubblica di Venezia. Il piccolissimo contado manteneva tuttavia una forma di governo autonoma rispetto ai domini circostanti. 


Cesana negli Anni 1820. È visibile a nord il passo barca che la metteva in comunicazione con Busche e con il resto del Feltrino.

Nominalmente creata nel 973 con Ottone III, la contea subì vari mutamente politici fino al 1174, anno della sua conformazione definitiva: alcuni conti di Zumelle – tre fratelli di nome Gabriele, Albertino e Satillo – acquistarono il terreno per il proprio usufrutto. Si tratta di un momento storico particolare, in cui la frammentazione politica era massima; erano numerose le comunità che si auto-amministravano in possedimenti territoriali minuscoli. La peculiarità di Cesana sta proprio nell’aver superato questa fase durando per quasi seicentocinquant’anni. 

Il sistema politico a reggenza del territorio era quello feudale. Dai tre fratelli discesero altrettante famiglie, che avrebbero gestito il contado per tutta la sua durata: i Vergerio, i de’ Mozzi e i dal Colle. La proprietà di Cesana venne riconosciuta ai conti nel 1311 da Enrico VII di Lussemburgo; da questo momento essa entrava nell’orbita del Sacro Romano Impero.


Il castello ancora in piedi nel novembre 1919. Foto di A. Tremea

Con l’espansione di terraferma della Repubblica veneta, nel 1404 il feudo si ritrovò completamente circondato dai possedimenti della Serenissima. Il 16 agosto dello stesso anno Venezia ne riconosceva l’indipendenza, confermando tutte le sue proprietà. Ciononostante, la comunità di Feltre tentò, con il passare del tempo, di inglobare i territori della Contea, sempre senza successo. Dal 1501 in avanti l’integrità di Cesana non sarebbe più stata minacciata. Il territorio feltrino costituiva la principale comunità di dialogo con questa giurisdizione e la comunicazione tra le parti era garantita da un traghetto che faceva la spola sul Piave fino a Busche.

Cesana era la sede del potere politico del minuscolo contado. La dimora dei conti era collocata in un piccolo ma robusto castello che, nel corso dei secoli di vita di questa curiosa entità territoriale, avrebbe ospitato personalità importanti: Federico III d’Asburgo, Carlo IV ed Ezzelino III da Romano. Il governo veniva invece esercitato nel dirimpettaio Palazzo Pretorio, che possiamo vedere ancora oggi nella ricostruzione attuata tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento. Oltre a questi edifici che potremmo definire “amministrativi”, nel vecchio capoluogo trova posto l’antica e pregevole chiesetta di San Bernardo – recentemente restaurata – contenente lacerti di affresco che vanno dalla seconda metà del Duecento al Quattrocento. 


Palazzo Pretorio. Dal balcone della facciata sud si affacciava il Vicario per la lettura delle sentenze.

A Lentiai invece andava la palma di paese più popoloso. Oltre a questo, era il centro religioso del contado, con la bella chiesa pievanale di Santa Maria Assunta, che certamente sarà oggetto di un post futuro.  

La contea si costituiva a livello amministrativo come l’unione di otto borgate, o “ville”. Oltre alle due che abbiamo citato, erano rilevanti le comunità di Villapiana, Ronchena, Colderù, Canai, Stabie e Marziai. Quest’ultimo abitato presentava una peculiarità, dal momento che il suo territorio era diviso quasi esattamente a metà dal corso del torrente Val Paula. La metà nord cadeva sotto il controllo della Contea, mentre quella sud era sotto la reggenza di Castelnuovo di Quero! Tale suddivisione si ripete identica ai giorni nostri, con le due parti amministrate rispettivamente dai comuni di Borgo Valbelluna e Quero Vas. 

La vita della Contea ebbe fine nel 1806, quando venne sciolta da Napoleone e ricostituita come comune. Il primo sindaco fu Francesco Vergerio, che fino ad allora era rimasto in carica come conte. Cesana rimase capoluogo fino alla costituzione del Regno d’Italia nel 1866, anno in cui esso fu spostato a Lentiai. Esattamente vent’anni dopo, nel 1886, veniva costruito il ponte stradale che per la prima volta nella storia metteva in comunicazione diretta queste due parti di Sinistra e Destra Piave. Nel 1917 l’invasione austroungarica devastò il vecchio castelletto, che venne sciaguratamente demolito nel 1921 dopo essere stato giudicato inagibile. Negli anni Trenta venne eretta la diga e generato l’invaso artificiale del Piave, che modificò pesantemente l’assetto territoriale preesistente andando a cancellare le poche tracce rimanenti degli attracchi per le barche che avevano continuato a circolare da una parte all’altra del fiume fino alla realizzazione del ponte stradale. Alla fine degli anni Cinquanta si decise di portare la strada carrozzabile al di sopra della diga e si tracciò un nuovo asse viario che divise di netto le due metà del paese, una gravitante attorno ai vecchi edifici di governo e l’altra verso il fiume. 


Le otto ville di cui si componeva a livello amministrativo la Contea

Al giorno d’oggi Cesana sembra aver dimenticato di essere stata capoluogo di una contea feudale autonoma, né la gestione di questo piccolo paese sembra indirizzata in questo senso. Al di là di un paio di cartelli informativi, Palazzo Pretorio risulta in uno stato di conservazione disdicevole, mentre nulla ricorda lo scomparso castello che rendeva l’ingresso al paese così caratteristico.
Da un altro punto di vista, invece, Cesana vive una nuova vita, resa possibile da tutte quelle modifiche che, nel corso del Novecento, ne hanno così stravolto l’aspetto storico. “Cesana”, per i bellunesi di questa parte della provincia, è sinonimo di ritrovo estivo, grazie al fornito parco fluviale che ha aperto nel 1999 appena a valle dell’imponente chiusa del Piave. 

[ilCervo] 

Commenti

Post popolari in questo blog

Post 38 – Il Sas del Diàol, a Facen

  Oggi vi parliamo di un misterioso masso inciso!  Si chiama “ Sas di Pirulava ” o più notoriamente “ Sas del Diaol ”, ed è stato scoperto da Candido Greco nel 1977, studioso che ci ha fornito la prima descrizione delle incisioni presenti. Il masso è di dimensioni di circa 90 x 110 cm ed è leggibile solo nella faccia orientata verso sud-est. Presenta una decina di segni a forma di croce, di cui tre che poggiano su dei cerchi contenenti altre croci di dimensioni minori e quella che sembra una lettera “A”. Greco interpreta le iscrizioni come simboli preromani, individuando dei numeri etruschi dei quali i Reti si sarebbero serviti per misurare le libbre di fieno tagliato in loco. Inoltre altri simboli parrebbero legati al culto di Mitra.  Nelle note del testo, inoltre, vengono presentati a titolo esemplificativo e comparativo ulteriori massi che riportano croci incise, ma dotati anche di coppelle. Un appunto: nel testo si fa riferimento a questo masso come quello che secondo la leggenda s

Post 147 - La chiesa della discordia

  In alcuni post precedenti ( post 123 e 124 ) abbiamo ricostruito la storia delle frane dell’Antelao che hanno coinvolto Borca e San Vito. Durante la frana del 7 luglio 1737, stando alle memorie del pievano Bartolomeo Zambelli, il primo edificio a restar sotterrato fu la chiesa di San Canciano che sorgeva sul confine tra Borca e San Vito, chiesa che fu in seguito ricostruita accanto all’antica Strada regia ( post 101 e 102 ), nel territorio di San Vito, ad una novantina di metri dal confine. Ne nacque molto tempo dopo una contesa, di cui vi parleremo oggi. La storia della chiesa di San Canciano è assai antica. Vi è infatti un atto notarile datato 1418 rogato dal notaio Bartolomeo fu ser Ungaro in cui il testatore lega due prati in val di Tiera al lume di San Canciano: in altre parole si lasciava per testamento due prati alla suddetta chiesa perché col ricavato si mantenesse un lume acceso per il santo [1]. Dai documenti delle visite pastorali del 1604 conservati nell’Archivio della Cu

Post 104 – Il colle delle ville. Prima parte.

  La nostra provincia è principalmente nota (se davvero è nota per qualcosa) per le sue splendide catene montuose. Meno noti potrebbero essere invece gli intriganti paesaggi rurali della Valbelluna, valle collocata tra le Prealpi e le Dolomiti e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dal fiume Piave, alimentato da numerosi affluenti che scendono dai monti circostanti. Al di là di centri come Feltre, Sedico, Trichiana o Belluno stessa, caratterizzati dai tipici processi di urbanizzazione degli ultimi decenni, questa porzione di territorio è punteggiata da centri minori, fattorie, case rurali e ville venete.  Nella zona circoscritta che prendiamo in considerazione in questo post, un colle collocato a nord-est di Feltre, i segni di un passato rurale sono tuttora ben visibili nella campagna delle frazioni Vellai e Cart e delle località loro circostanti. Uno degli elementi più suggestivi di questo paesaggio, facilmente idealizzabile nel ricordo dei “bei tempi andati” (e forse mai esistiti