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Post 126 - Il Maggiore Tilman in guerra nel Bellunese

 

A Cavarzano, in quel di Belluno, si trova una lunga e pittoresca via alberata intitolata al Maggiore inglese Harold William Tilman. Ma chi fu il Maggiore Tilman? E perché alla sua memoria è dedicata una via proprio a Belluno? 

Harold William Tilman, detto “Bill”, nacque a Wallasey, in Inghilterra, nel 1898. Frequentata l’accademia militare, durante la Prima guerra mondiale partì per il fronte occidentale, distinguendosi in azioni sul campo di battaglia e ricevendo per questo ben due Military Cross

Bill Tilman

Terminata la guerra, Tilman partì per il Kenya per dedicarsi alla coltivazione del caffè ed in seguito anche alla ricerca di oro. Lì incontrò Eric Shipton, con cui iniziò a scalare le vette del Kilimangiaro e del monte Kenya.

In sella alla bicicletta decise di attraversare il continente Africano da est a ovest, prima di fare ritorno a casa. 

Bill Tilman, molto spesso assieme a Shipton, intraprese poi una serie di spedizioni alpinistiche ed esplorazioni. Fra queste ricordiamo quelle sull’Himalaya, in cui nel 1936 conquistò la vetta più alta mai raggiunta allora dall’uomo, il Nanda Devi (7816 m s.l.m.), e nel 1938 guidò una spedizione con il tentativo di conquistare la vetta dell’Everest.

Questa mole di avventure e imprese basterebbe già a chiunque per ritenersi soddisfatto, e il racconto potrebbe tranquillamente finire qui in gloria. Ma a 41 anni, scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, senza pensarci troppo, Tilman rientrò come volontario nell’esercito e operò nei più vari scenari e campi di battaglia in Francia, in Medio Oriente, nel deserto Africano, ed infine in Albania e in nord Italia, dietro le linee nemiche, assieme alla resistenza.

Nel 1944, gli Alleati riuscirono a sfondare le linee nemiche in sud Italia e quindi a risalire la penisola fino allo sbarramento della Linea Gotica, a ridosso della Pianura Padana.


Esempio di lanci paracadutati


Pensando che la guerra in Italia fosse agli sgoccioli, furono organizzate svariate missioni alleate nelle zone occupate dalla Repubblica Sociale Italiana e dai nazisti con l’obiettivo di prestare aiuto concreto alla resistenza, e coordinare al meglio le operazioni belliche sul campo al momento dell’avanzata finale. Ricordiamo che in questo periodo la provincia di Belluno non era soggetta alla Repubblica di Salò ma era sotto diretto controllo tedesco, essendo stata inglobata nella “Zona di operazioni delle Prealpi”. In questo contesto venne partorita la Missione alleata “Beriwind”, anche nota come missione “Simia”, destinata al settore bellunese.

Nella notte del 31 agosto 1944, dopo due tentativi falliti nei giorni precedenti, furono paracadutati sulla Piana di Granezza, sull’Altipiano di Asiago, i quattro membri della missione: il Maggiore Tilman al comando della squadra, il Capitano John Ross, vicecomandante della missione e capitano d’artiglieria, il trentino Vittorio Gozzer, interprete della missione ed ex ufficiale degli Alpini, ed infine Marini, ex radiotelegrafista di sommergibili. L’atterraggio non fu dei migliori: sia Tilman sia Marini non ne uscirono illesi e, per giunta, tutto l’equipaggiamento, fra cui la radio, rimase a bordo dell’aereo. 

Una volta atterrati, l’obiettivo era quello di collegarsi alla Divisione garibaldina Nino Nannetti ed organizzare lanci paracadutati di armi, munizioni, cibo e vestiti da distribuire alle forze partigiane. 

Gozzer e Ross partirono quasi immediatamente. Tilman, invece, dovette riprendersi e sostituire il radiotelegrafista, che gli venne fornito assieme ad un apparecchio radio dal Maggiore Wilkinson, di un’altra missione alleata. Fu così che attraversando il Grappa, Tilman e “Pallino”, ovvero il nuovo radiotelegrafista Beppo Palla, raggiunsero Gozzer e Ross a Cesiomaggiore. 

L’8 settembre, a un anno esatto dall’armistizio, la missione guadò il Piave e giunse a Trichiana, con l’idea di proseguire nei giorni seguenti verso il Cansiglio, dove si trovava il comando della Divisione garibaldina. Ciò non fu però possibile a causa dei rastrellamenti, e pertanto i quattro dovettero far ritorno a Cesio. Da lì, l’11 settembre, raggiunsero la Brigata Gramsci sulle Vette Feltrine, sostando presso Casera Pietena, di cui oggi restano solo i ruderi.

In quel gruppo montuoso si trovavano nascoste diverse centinaia di partigiani e fra questi anche una decina di inglesi detti “Compagnia Churchill”, con cui la missione subito fece amicizia. 

Il lavoro lì consistette nel cifrare e decifrare messaggi, studiare la geografia dei luoghi e visitare i vari battaglioni presenti, oltre che a cercare, senza successo, di ottenere lanci aviotrasportati di armi, equipaggiamenti e quanto potesse essere utile alla resistenza.


Disegno fatto da Tilman delle zone in cui la missione operò – dal libro di Tilman H. W., “When Men and Mountains Meet”, s.l., Vertebrate Digital, 2016.

Durante la permanenza della missione nelle Vette Feltrine, Tilman riuscì a raggiungere la Brigata Pisacane nelle zone di Canale d’Agordo. Con diversi mezzi di trasporto fra cui un furgone della TODT, i due attraversarono la Valle del Mis e arrivarono poco prima di Agordo, da dove proseguirono a piedi fino alla Val di Gares, attraversando la forcella Cesuratte. Con la Brigata Pisacane si cercò di pensare a dove si sarebbero potuti organizzare dei lanci in zona, e, prima di tornare sulle Vette, Tilman gli lasciò del denaro da usare in caso di necessità.

Non passò molto tempo prima che anche sulle Vette Feltrine si scatenasse un furioso rastrellamento: era il 29 settembre. La sera seguente, visto il vano tentativo di fermare le forze nemiche, arrivò il momento del “si salvi chi può”, e così Tilman e la sua squadra (assieme ad altri dodici partigiani tra cui gli inglesi della Compagnia Churchill) cercarono riparo nell’impervio versante nord del monte Ramezza, scendendo per un ripido ghiaione ghiacciato ed innevato fino ad un salto di roccia strapiombante. Senza cibo e con una sola coperta a testa, i sedici uomini resistettero per ben tre giorni. La fame, il freddo, un ferito e gli arti congelati, spinsero il gruppo a tornare in cresta e di lì a valle, dove constatarono che il rastrellamento, dopo gli scontri, si era concluso con l’incendio delle malghe e delle casere. 

A metà ottobre, dopo due settimane passate nei pressi di Cesiomaggiore, la missione riuscì finalmente a raggiungere il comando della Divisione Nino Nannetti in Cansiglio. La speranza di poter organizzare e ricevere dei lanci si affievoliva ormai sempre più dopo i ripetuti fallimenti.

Effettuare i lanci non era uno scherzo. Non solo erano difficili per via della capillare presenza nemica, che li braccava e contrastava in ogni maniera possibile, ma lo erano anche per l’aspra conformazione del territorio e per le frequenti condizioni meteorologiche avverse.

L’inverno era ormai alle porte e le rappresaglie di agosto e settembre sul territorio bellunese (incendi, uccisioni, requisizioni, rastrellamenti ecc.) avevano messo in ginocchio interi paesi e molte brigate partigiane, evidenziando le criticità della lotta in montagna. Per questo, al fine di garantire la sopravvivenza delle brigate partigiane e di risparmiare ulteriori pericoli e privazioni alle comunità rurali, si decise di seguire le direttive alleate, cercando di passare l’inverno in relativa tranquillità e facendo rimanere in montagna solo gli uomini necessari fino alla primavera seguente, in cui si sarebbero ricomposti i ranghi delle brigate e si sarebbero riprese le operazioni a pieno regime.

Come previsto, le incursioni nazi-fasciste in Cansiglio e nel resto della provincia si succedettero con minor frequenza ed intensità in inverno. In questo periodo Tilman, oltre a compiere escursioni per incontrare altre missioni alleate come quella di Barcis, in Valcellina, o i CLN in pianura, avrà il piacere di scoprire alcune chicche dei nostri territori, che citerà nelle sue memorie: grappa, polenta e osei, castagne e vino, e ovviamente la ricotta del Cansiglio.

A dicembre si attendevano nuovi lanci: il 2 del mese sfortuna tragicomica volle che due aerei sganciassero i carichi destinati ai partigiani sopra un presidio fascista a circa 15 km dal Cansiglio, rifornendo il nemico di armi, munizioni, cioccolata, sigarette e molto altro.

Sebbene anche a Natale si attendessero dei lanci, questi arrivarono il giorno seguente, sganciati questa volta con estrema precisione assieme anche ad un operatore radio sull’area stabilita e allestita con segnali luminosi.

A fine dicembre la missione Beriwind lasciò i boschi del Cansiglio per raggiungere e cercare di dar manforte alla Divisione Belluno, facendo tappa a Sant’Antonio di Tortal.

Il 9 gennaio riuscirono ad arrivare a Bolzano Bellunese e ad entrare in contatto con la Divisione. Nelle tre settimane passate nascosti nella valle dell’Ardo vicino a Gioz si cercò di capire se si potessero organizzare dei lanci in zona, ma vista la diffusa presenza di forze occupanti e la scarsità di zone adeguate e sicure per i lanci, si decise si provare a far arrivare i carichi altrove, in Val di Gares.

In queste settimane Tilman trovò il tempo di salire sulla vetta del monte Serva accompagnato dal partigiano Burrasca (Florindo Righes), che assieme alla sua famiglia diede più volte ricovero ai membri della missione presso casa sua a Gioz, il celebre “Recapito 67”.

Preparato il viaggio per raggiungere Canale d’Agordo e la Val di Gares — viaggio che sarebbe dovuto durare diversi giorni — la missione Simia lasciò la valle dell’Ardo.


Tilman davanti alla Prefettura di Belluno, appena liberata, il 2 maggio 1945 - dal libro di Tilman H. W., “When Men and Mountains Meet”, s.l., Vertebrate Digital, 2016.

Il 30 gennaio Tilman e i suoi uomini dormirono nel quartier generale della Brigata Pisacane, alle porte del Canal del Mis, per attraversarlo di notte raggiungendo Rivamonte. Da qui il piccolo gruppo di uomini scese verso Agordo e lì vicino dovette sostare in una locanda sulla strada. Dalla stanza in cui si trovavano, al piano di sopra, era possibile vedere e sentire il viavai di gente e soldati, che si fermavano spesso al piano di sotto. Nonostante questo, furono in grado di mandare e ricevere diversi messaggi radio.

Ripartiti, raggiunsero con fatica Cencenighe e poi Canale d’Agordo, nonostante la neve e la fitta presenza di pattuglie e posti di blocco. Incontrato il comando partigiano, il gruppo fu portato al nascondiglio preparato in Val di Gares: una cascina in legno su un pendio.

Grazie ai partigiani locali, con la massima segretezza e con altrettanto lavoro e fretta, nella notte del 13 febbraio si allestì il campo di lancio, scavando buche e accendendovi fuochi di segnalazione all’interno, e fu così che i lanci andarono a buon fine. All’alba tutto già era stato trasportato e nascosto a Canale d’Agordo. Quattro notti più tardi sarebbero stati paracadutati ulteriori lanci con successo. Mentre si preparava la discesa, peraltro, Tilman ne approfittò per scalare alcuni dei monti della zona.

Il ritorno sarà più lento del previsto a causa dei continui pattugliamenti tedeschi e dell’aumento dei posti di blocco. Così, passando per la forcella Cesuratte e la Val di San Lucano, si raggiunse a piedi Rivamonte il primo marzo, dove per più giorni gli uomini si nascosero in cerca di una soluzione per scendere verso Belluno e portare con sé il grosso dei lanci.

Arrivò così l’idea geniale: scendere nascosti con armi ed esplosivi in una specie di cassa di legno coperta da legna in un camion. Tutto filò liscio, e, passati i posti di blocco, tornarono a Gioz. Sfruttando la stessa strategia procedettero quindi con il trasporto delle rimanenti armi e munizioni.

I lanci cominciarono ad aumentare man mano che l’inverno volgeva a termine, in vista dell’ultima grossa offensiva. A fine marzo la missione si dovette dividere: Ross rimase con la Divisione Belluno mentre Tilman e Gozzer si recarono in Alpago per poi raggiungere il Cansiglio. Mentre i comandi e le truppe partigiane erano in fermento per lo sforzo finale dell’imminente offensiva Alleata, Tilman riuscì a scalare diversi monti dell’Alpago, quando non era impegnato a lavorare.


Tilman cittadino onorario di Belluno. In piedi da sinistra il terzo è Vittorio Gozzer, mentre il quarto è il Capitano John Ross. Seduti, il primo a destra è Decimo Granzotto “Rudy”, il sindaco di Belluno, mentre il secondo è Tilman - dal libro a cura di Cason Angelini E., “Missione “Simia” Harold W. Tilman, un maggiore inglese tra i partigiani”, Belluno, s.n., 1981.

Negli ultimi giorni di aprile gli Alleati riuscirono a sfondare la linea Gotica, ed ebbe inizio l’ultima febbrile fase della lotta partigiana nei territori occupati: ora era giunto il momento di tagliare la ritirata ai tedeschi e di fare più prigionieri possibile.

Il primo maggio Tilman si fiondò verso Ponte Nelle Alpi alla testa della colonna Alleata salita da Vittorio Veneto, nel tentativo di bloccare la ritirata alla lunghissima colonna tedesca di mezzi e uomini. Iniziò così uno scontro a fuoco a Ponte Nelle Alpi.

Fino al giorno seguente, a Belluno e provincia ci furono scontri più o meno accesi, dopodiché la guerra cessò del tutto. 

Tilman entrò in motocicletta nelle semideserte vie del capoluogo, finalmente liberato, che per tanto tempo aveva visto da lontano e di cui molto aveva sentito parlare. A Belluno quel giorno non trovò una folla esultante come si aspettava, poiché la gente ancora aveva timore di uscire, visti i cambi repentini e la situazione non ancora del tutto chiara. 

I suoi sforzi, tuttavia, sarebbero stati ripagati più avanti, il 26 maggio, quando gli fu conferita la cittadinanza onoraria di Belluno dal sindaco Decimo Granzotto, partigiano e primo sindaco di Belluno dopo la Liberazione.

Successivamente, oltre all’intitolazione della via a Cavarzano, gli sarebbe stata anche dedicata l’Alta Via da Falcade ad Asiago.

Dopo il ‘45 Tilman riprese le attività che aveva dovuto sospendere con lo scoppio del conflitto, ricongiungendosi peraltro con Shipton e recandosi più volte nel continente asiatico per compiere esplorazioni ed imprese alpinistiche.


Tilman, il mare e le montagne innevate

Sul finire degli anni Cinquanta, il Maggiore decise di cambiare rotta e di dedicarsi alle esplorazioni via mare, con piccole e datate imbarcazioni ed attrezzature a dir poco spartane per l’epoca. Gli mancava solo l’equipaggio, che trovò grazie ad un annuncio pubblicato sul Times: «Cercasi uomini per lungo viaggio su piccola barca, niente paga, niente prospettive e molti disagi».

Fu così che, con equipaggi più o meno entusiasti, solcò mari, oceani e ghiacci alla ricerca di montagne vergini e terre ancora inesplorate, in zone spesso inospitali ed inaccessibili come l’Antartide, la Groenlandia e la Patagonia.

Quasi ottantenne, nel 1977, Bill Tilman salpò a bordo dell’“En Avant” per la sua ultima avventura, da cui non avrebbe più fatto ritorno. Scomparve assieme all’equipaggio e all’imbarcazione sulla via delle Falkland.


[Trinceo]

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