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Post 125 - Qualcuno visse sul Col del Buson

 


Il Col del Buson è un sito archeologico posto lungo la destra orografica della valle dell’Ardo, a nord di Belluno, lungo il sentiero che porta al rifugio 7° Alpini.

Il sito si trova a quota 715 m s.l.m., su un promontorio naturalmente difeso da pareti rocciose che danno verso valle e sulla sottostante e suggestiva forra fossile del Bus del Buson, nata dall’azione erosiva del torrente Ardo. 

Fu scoperto nel 1998, grazie ad un'intuizione, dai soci dell’associazione Amici del museo di Belluno. A partire dallo stesso anno sono iniziate una serie di campagne archeologiche condotte dalla Soprintendenza e finanziate dalla Fondazione Cariverona e dal comune di Belluno. Gli scavi hanno messo in luce uno dei più importanti siti tardo preistorici del Bellunese, con un’estensione complessiva di ben 225 m2.

Già questa presentazione basterebbe per capire l’importanza del sito, che, per la sua completezza, ha fornito finalmente un confronto per i coevi ritrovamenti sparsi che si erano susseguiti nei decenni precedenti in zona, e che erano rimasti fino a quel momento isolati e difficili da interpretare. 


Campionario di reperti, foto da C. Mondini 2013

Il sito è stato frequentato ininterrottamente tra il Neolitico recente e tutto l’Eneolitico (ovvero, anno più anno meno, tra i 5400 e i 4000 anni fa) per poi essere abbandonato con la fine dell’Età del rame. Nell’Età del bronzo, invece, si osserva una frequentazione sporadica, molto probabilmente per scopi rituali — NdR: religiosi —. Questo tipo di frequentazione casuale e limitata è avvenuta anche nel periodo altomedievale.

Dal punto di vista dei reperti si osserva un campionario estremamente vario: si trattava infatti di un vero e proprio insediamento. Lo studio della ceramica, a partire del Neolitico, diventa fondamentale per la determinazione delle culture materiali dei siti. In un sito come il Col del Buson, dove l’assenza di eventi traumatici per il deposito archeologico ha consentito la conservazione ottimale di questi reperti particolarmente fragili, è stato possibile anche ricostruire tali reperti e comprendere al meglio la sequenza archeologica (il cosiddetto “record archeologico”). Quali risultati sono emersi?

Beh, la ceramica, al suo ritrovamento, si presentava in uno stato molto frammentario e usurato, cosa dovuta a processi naturali (per esempio il ruscellamento dai versanti, il calpestio, e altri fattori che hanno eroso le superfici dei cocci). Nonostante ciò, è stato comunque possibile riconoscere le diverse forme ceramiche presenti nel sito, grazie ad un paziente lavoro ricostruttivo. La categoria più presente risulta quella delle cosiddette “forme chiuse”, come olle o scodelle. Tra le decorazioni presenti si segnalano le incisioni, le decorazioni plastiche, impressioni delle dita o di rametti. Tra i reperti più interessanti c’è un frammento di una piccola coppa attribuita alla cultura eneolitica balcanica di Vučedol, traccia degli scambi tra le genti neolitiche che abitavano il nord-est italiano con il mondo balcanico.

Per quanto concerne l’industria litica si osserva come le litologie preferite siano prettamente quelle locali, in particolare dal Col Indes, preferendo quella del Rosso Ammonitico e della Scaglia Variegata. Non solo selce: dal sito provengono anche molti elementi in ossidiana, un vetro vulcanico non presente nel Bellunese, che doveva provenire dai Carpazi, ulteriore prova degli scambi con popolazioni molto distanti. Della selce è interessante il fatto che nel sito si possa osservare l’intera catena operativa, dall'approvvigionamento, alle varie fasi di lavorazione fino al suo abbandono. Le varie classi di strumenti sono ben rappresentate: sono presenti ad esempio bulini, grattatoi, becchi (o perforatori), elementi di falcetto e raschiatoio, e punte di freccia bifacciali. Sono state trovate oltre 300 di queste ultime: un campionario pressoché completo di quelle che si possono individuare nel bellunese.


Le asce del Bus del Buson. Foto da “Axes and Metal Deposits in the Caucasus from the 5th to the 2nd Millennium BCE.” di Svend Hansen 2022

Sono emersi poi numerosi strumenti in metallo dell’Età del rame. Innanzitutto due asce rinvenute in un ripostiglio, una a margini rialzati e una a immanicatura a occhio. La prima, per avere un’idea, ricorda molto quella rinvenuta con Ötzi, mentre la seconda è simile invece alle nostre attuali accette, con il manico che si infila nella testa metallica, tipologia già in uso all’epoca nell’Europa centro-orientale. Sono presenti anche elementi decorativi personali come parti di collana e spirali — tra cui una di grandi dimensioni in un altro ripostiglio —. Inoltre, è stata trovata anche evidenza di una colatura di rame, traccia forse di un’attività fusoria nel sito. Nel complesso, questo catalogo di reperti in metallo costituisce l’insieme più ricco dell’intero areale padano-veneto.

Si presume che il Col del Buson avesse un'importanza non solo residenziale, ma anche di controllo del territorio e del passaggio nella forra fossile poco distante di chi saliva ai soprastanti pascoli (quelli di Caiada oltre forcella Cervoi (1730 m). In quest’ultimo luogo sono stati effettivamente rinvenuti reperti ceramici e di selce.  La presenza di tesoretti con materiali in rame o di reperti sparsi in ossidiana, indicano la presenza di genti che riuscivano ad ottenere oggetti in materiali esotici o costosi da produrre, ma la loro deposizione poteva anche avere un valore simbolico e religioso.


Parziale ricostruzione della capanna realizzata poco distante dal sito.

Un sito complesso, ricco, e in un luogo che da sempre deve aver suggestionato chi lo visitava, ora arricchito dalla ricostruzione di una capanna lì ritrovata. Voi ci siete mai stati?


[MattIki]


Bibliografia

  • Bianchin Citton E., Di Anastasio G., Bettinardi I., Mondini C. 2006. Col del Buson nella Valle dell’Ardo: un sito a lunga frequentazione, dal tardo Neolitico agli inizi dell’Età del Bronzo. Nota preliminare. Quaderni di Archeologia del Veneto, XXII, pp. 15-25.

  • Bianchin Citton E., Balista C., Fontana A., Martinelli N., Mondini C. 2015. Il sito del Col del Buson (Belluno) nella Valle dell'Ardo: aspetti geomorfologici, strutturali, culturali e paleoeconomici delle stratificazioni dell'Età del rame. Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, pp. 157-167.

  • Mondini C. 2013. La preistoria, in Conte P. (a cura di), Belluno. Storia di una provincia dolomitica. I, Forum, Udine, pp.113-121.

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