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Visualizzazione dei post da ottobre, 2022

Post 120 – “Cognomi agordini con radice tedesca”

L’importanza economica nel passato delle miniere della Valle Imperina ci è testimoniato dall’immigrazione. Questo fenomeno fu particolarmente importante da alcune regioni germaniche dell’Impero Asburgico, con il movimento di un alto numero di minatori e lavoratori specializzati nell’arte dell’estrazione, soprattutto a cavallo dei secoli XV e XVII. Ne è rimasta traccia nei cognomi, che possono rispecchiare la provenienza della propria famiglia una volta che si interrogano gli archivi storici. La maggior parte dei cognomi di origine tedesca infatti deriva dal modo in cui era chiamato il primo antenato arrivato in paese.  Questa tipologia di immigrazione ha interessato per lo più le aree minerarie del Poi, Val Biois e il capoluogo Agordo. La maggior parte dei tedeschi arrivavano dal Tirolo, dall’Austria e anche da altre valli vicine: Salisburgo, Vienna, Schwatz, Brunico, Val Badia e Gardena, etc. Facciamo quindi una veloce panoramica dei cognomi agordini con radice tedesca che sono arriva

Post 119 - Lupi toscani, lupi bellunesi

  Da qualche anno il lupo è tornato a poco a poco a diffondersi nel nostro territorio: si merita un post dedicato, che, come vedrete, vi sottoporrà qualche curiosità ma soprattutto un grande punto di domanda. Nelle numerose lingue parlate nella nostra provincia, il nome di questo animale conosce molte varianti, ognuna della quali, come forse già sapete, deriva direttamente dal latino deriva direttamente dal latino. Ebbene sì, i vari volgari e dialetti italiani si sviluppano tutti a partire dalla lingua latina, ognuno per conto proprio, non come molti credono come “storpiature dell’italiano”. Iniziamo subito col dire che la parola ‘lupo’ non è assolutamente indigena: si tratta della parola toscana importata con la diffusione dell’italiano. La variante di base, propria di tutto il nord Italia è ‘lovo’, che si formò a partire dal latino ‘LUPUM’ (accusativo). Dopo la caduta della -M finale, le due U si evolvettero in ó chiuse, e la P si trasformò in v (come le v di ‘vescovo’, che deriva da

Post 118 - L’assalto italiano alla Marmolada con un pallone aerostatico

  Correva l’anno 1917 e sul massiccio della Marmolada, di cui si è parlato nel post 87 “La Città di Ghiaccio”, la guerra continuava, con ferocia e senza sosta, a dilaniare l’uomo e la montagna.  Dal 1916, la cresta della Marmolada fino a Forcella a Vu (o Vesura) era controllata dalle forze austro-ungariche, che avevano creato, a ridosso della Forcella (intorno a quota 3153 m s.l.m.) una vera e propria inespugnabile roccaforte a cui si contrapponevano le antistanti postazioni italiane del Serauta.  In questo settore, con l’intenzione di scardinare la presenza nemica da quota 3153, gli scontri si susseguirono a caro prezzo e senza i risultati sperati dai comandi italiani, nonostante i ripetuti attacchi ed il tentativo di scalare le verticali pareti meridionali della Marmolada, per altro ben sorvegliate e tenute sotto tiro dagli austriaci. Fu così che, nell’estate del 1917, osservando la parete sovrastante a picco il Pian d’Ombretta, si notò sotto alle creste della Regina delle Dolomiti,

Post 117 - La filigrana d’argento in Ampezzo

  Per “filigrana” si intende, in oreficeria, la tecnica di lavorazione ad intreccio di sottili fili d'oro o d'argento – come nel nostro caso - i quali, dopo la ritorcitura, vengono fissati su un supporto, anch'esso di materiale prezioso, in modo da creare un elegante effetto di struttura traforata. Conosciuta dall’uomo sin dall’Antichità, raggiunse una delle sue massime espressioni tra XIX e XX secolo, in una conca ampezzana che appena si affacciava sull’età del turismo. Le origini della filigrana in Ampezzo sono antiche, tanto da essere avvolte nel mito: secondo quanto riportato da Karl Felix Wolff, l’arte sarebbe stata insegnata da una strega, la Svalaza, ad una giovane salvana caduta nei suoi inganni, Filadesa. La ragazza sarebbe stata costretta ad assumere la forma di un’aquila e rapire i figli maschi dei valligiani, per poi rinchiuderli, trasformati in uccellini, in gabbiette, appunto, in filigrana. La giovane donna sarebbe stata liberata solo dall’amore del pastore Gh