All’interno del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi si trovano diversi itinerari che ripercorrono, a tappe, frammenti di storia dei nostri paesi, monti e vallate. Talvolta si tratta di storie dimenticate o poco conosciute, come quella di cui vi parleremo.
Nell’itinerario de “La Via degli Ospizi”, antico snodo viario che collegava la val Belluna e l’Agordino lungo la destra orografica del torrente Cordevole, si trovava un tempo il Castel Agordin o “Castello Gordino”, una fortificazione edificata sul Sass de San Martin.
1.Il Sasso di San Martino visto dal versante Agordino. |
Il modesto rilievo su cui fu edificato il Castel, era di fatto un punto nevralgico della val Cordevole, poiché si trovava in posizione dominante sul punto più stretto della valle, a nord dell’attuale doppio guado del torrente (ora bypassato dal tunnel dei Castèi) dato dal ponte della Muda e dal ponte dei Castèi, appena sotto al Sasso.
2.Il tratto più stretto della val Cordevole fra i due ponti, visto dalla sommità del Sasso di San Martino.
Secondo il conte Florio Miari, il Castel Agordino sarebbe stato edificato già intorno al 550 d.C., con la costruzione di un’imponente torre sulla sommità del Sasso di San Martino, vicino ad una piccola chiesa dedicata a San Martino. Nella prima metà del Duecento, per volere del vescovo Ottone da Torino, la fortezza sarebbe stata restaurata assieme ad altre nel bellunese.
La fortezza, tuttavia, comincia ad essere citata negli scritti del Duecento, lasciando la fase precedente come un’incognita priva di evidenze e portando quindi a supporre che la sua costruzione sia avvenuta nella prima metà del XIII secolo.
Probabilmente la costruzione o il restauro Duecentesco fu dovuto anche a ragioni di ordine pubblico e controllo della popolazione agordina, che fra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII, assieme alla popolazione zoldana avrebbe scatenato una rivolta contro Belluno, causando non pochi tumulti.
Il Castel, comunque, assunse crescente importanza militare e strategica nei secoli successivi, in cui oltre al controllo dei passaggi lungo l’asse viario, diventò un importante baluardo durante le invasioni e le varie guerre che si consumarono nel territorio, in particolare, fra Quattrocento e Cinquecento, nelle guerre fra Venezia ed il Sacro Romano Impero, in cui il Castel è citato più volte. Esso era presidiato da una guarnigione ridotta, composta in tempo di guerra da un capitano e otto soldati, mentre in tempo di pace doveva esserci solo un guardiano.
Nel 1431 venne affidato a Bartolomeo Miari, che venne mandato con un contingente armato a presidiare la fortezza per contrastare l’eventuale discesa delle forze Imperiali e pochi anni dopo, nel 1438, delle forze del Duca di Milano, con cui Venezia era entrata in conflitto.
3.Castrum Gordinii, schizzo di Marin Sanudo da Itinerarium cum syndicisterrae firmae, 1483. Il nord è orientato verso il basso. Si notino il torrente Cordevole (linea verticale), il sentiero tortuoso, le due fortificazioni di sbarramento e la chiesetta di San Martino- immagine tratta dal libro di De Nardin T., Poloniato G., Tomasi G., “La Via degli ospizi. Sulle antiche tracce di viandanti in Val Cordevole”, Feltre, Duck, 2002.
Nel 1483, il veneziano Marin Sanudo visitò il Castel e scrisse una relazione sullo stato di degrado in cui si trovava la struttura, evidenziando inoltre come fosse possibile arrivarci tramite un sentiero stretto e pendente, che consentiva il passaggio a poche persone per volta e difficilmente a cavallo. Un posto che risultava quindi facilmente difendibile da pochi uomini, come è attestato anche dalle altre fonti.
Pochi anni dopo la relazione, nel 1487, il Castel venne nuovamente ristrutturato e rinforzato, con l’invio di “altri venti uomini da spada” oltre a quelli già posti a difesa della fortezza, visto il conflitto con il Sacro Romano Impero e la valenza strategica dell’opera. Ciò fu dovuto anche al fatto che la strada lungo il Canal del Mis fu fatta distruggere da Venezia per difficoltare l’avanzata alle truppe imperiali, che tuttavia, nel 1510, distrussero il Castel Agordino.
Nei secoli successivi la fortezza perse via via d’importanza nonostante fosse stata ricostruita, come ricorda nel 1641 il Podestà di Belluno Giulio Contarini in una sua relazione al Doge.
4.Disegno del Podestà Giulio Contarini. ASVe, Senato, Dispacci dei Rettori al Senato, Cividal di Belluno, busta 9 (1640-1642).
5.Dettaglio del primo corpo di guardia posto sulla selletta e lungo 10 passi. |
7. Dettaglio del secondo corpo di guardia lungo 9 passi e dell’abitazione del custode. |
E’ dello stesso Giulio Contarini il disegno del 1640 raffigurante il complesso fortificato del Sasso di San Martino, in cui è possibile vedere in rosso l’antico tracciato viario, in direzione Belluno-Agordo, fra il Sasso e le pareti del Col Pizzon, con a destra il torrente Cordevole. Dal disegno si può notare la presenza di un primo corpo di guardia lungo 10 passi (17,5 metri circa) che sbarrava la selletta (dove ora si trova il “moderno” forte di San Martino), composto da una porta rivolta verso l’Agordino a cui è addossato un muro con numerose feritoie, chiuso all’estremità destra dalla parete del Sasso di San Martino. Dietro questa prima fortificazione si trovava una piccola edicola da cui si staccava il sentiero che saliva sulla sommità del Sasso, dove vi è raffigurata la chiesetta di San Martino.
8. Veduta del lato sud (versante bellunese) del Forte di San Martino al giorno d’oggi - foto gentilmente concessa da MattIki. |
9. Veduta del lato nord (versante agordino) del Forte di San Martino al giorno d’oggi- foto gentilmente concessa da MattIki. |
Scendendo dalla selletta verso Agordo, si raggiungeva un secondo sbarramento, raffigurato come un alto muro lungo 9 passi con una porta, sovrastata da un tavolato coperto da una tettoia con feritoie per fucilieri. A destra dello sbarramento è poi raffigurata un’abitazione su di un terrapieno, che sarebbe dovuta servire per alloggiare il custode in tempo di pace.
Il complesso fortificato del Sasso di San Martino non resterà tuttavia inghiottito dalla vegetazione e dal silenzio della natura, poiché fra la fine dell’Ottocento ed i due conflitti mondiali del secolo successivo assumerà nuovamente un ruolo strategico nel territorio bellunese, attirando l’attenzione prima del Regno d’Italia e successivamente della Germania nazista, ripopolandosi di uomini e di opere difensive. Ma di questo andremo vi parleremo in un prossimo post.
[Trinceo]
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