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Post 98 - La Muraglia di Giau

 
Fra le tante persone che ogni anno si avventurano in Giau, attratti da uno degli scenari più splendidi delle Dolomiti, sarà forse capitato a qualcuno di notare uno strano vallo, appena affiorante dal terreno. La “Marogna de Jou”, come si dice in ladino, non ricorda, come si potrebbe pensare, guerre o battaglie, ma un altro tipo di lotta: la secolare disputa tra Ampezzo e San Vito per il controllo dei pascoli e dei boschi di Giau.

Sin da tempi immemorabili, nonostante geograficamente ricada nella conca ampezzana, Giau fa parte del territorio sanvitese. Alcuni fanno risalire questa strana confinazione addirittura ai romani, che incuranti della conformazione naturale del territorio, avrebbero creato unità amministrative basate esclusivamente su linee rette e forme regolari. Per poter fruire del proprio pascolo i proprietari godevano da sempre del diritto di passare in territorio ampezzano, e questo equilibrio fu mantenuto per secoli, come dimostrato da un documento del 1331, con cui le Regole di Ambrizzola (Ampezzo) e Mondeval (San Vito) confermarono i confini tramandati di generazione in generazione.

Uno dei termini di confine posti alle estremità della Muraglia. Il leone marciano e lo stemma austriaco ricordano che essa fungeva da confine anche tra i due Stati.

Questo rapporto di buon vicinato, tuttavia, non era destinato a durare: a causa di altre dispute confinarie, dal 1644 gli ampezzani iniziarono a molestare il pacifico godimento di Giau da parte dei legittimi proprietari, negando loro il diritto di passaggio sul loro territorio, tagliando i ponti, rendendo impraticabili le strade. Le azioni di disturbo continuarono per decenni, finché nel 1687 i sanvitesi, esasperati, non si decisero per un’azione di forza: radunatisi in più di cento partirono armati alla volta di Giau, ripararono la strada danneggiata e presero possesso del loro pascolo. Gli ampezzani, a loro volta, appena l’ebbero saputo, imbracciarono le armi e si diressero verso il luogo conteso per affrontare i nemici. Alla fine lo scontro fu evitato, ma la questione restò sospesa, anche a causa della sua particolare rilevanza: il confine disputato non delimitava solo le comunità di San Vito ed Ampezzo, ma anche i territori veneziani e quelli asburgici.

La Marogna de Jou, come si dice in ladino ampezzano, si estende per più di due chilometri tra il Beco de ra Marogna e le Penes de Formin.

Negli anni successivi le molestie continuarono, ed i sanvitesi effettuarono nel 1717 una seconda marcia in Giau: gli ampezzani, che nel frattempo avevano fallito nel cercare sostegno da parte di Innsbruck e Vienna, si arresero ad un compromesso, che fu firmato nel 1718, riconoscendo tutti gli antichi diritti di San Vito. Probabilmente ciò non fu ancora sufficiente a placare i vicini rivali, tanto che nel 1753 un’ulteriore commissione dovette ribadirli nuovamente. In questa occasione, tuttavia, per risolvere definitivamente la questione, fu imposto ai sanvitesi di erigere una muraglia lungo il confine conteso: lunga più di due chilometri, dal Beco de ra Marogna alle Penes de Formin, alta circa due metri, larga più di uno e mezzo alla base e più di mezzo in cima. Qualora non vi fossero riusciti entro il termine di un mese, sarebbero stati costretti ad alienare Giau agli ampezzani.

La Muraglia verso il Beco de ra Marogna originariamente era alta circa due metri, larga più di uno e mezzo alla base e circa sessanta centimetri in cima

Il 9 luglio 1753, gli arbitratori giunsero in Giau, e constatarono che la muraglia era stata costruita, e che rispettava i parametri richiesti. Un’impresa probabilmente titanica per un piccolo paese come quella di San Vito nel ‘700, che con questo ultimo sforzo vide finalmente, e definitivamente, riconosciuto nel modo più concreto possibile i suoi diritti. Piccole diatribe per alcuni appezzamenti ampezzani restati in territorio sanvitese si protrassero ancora per qualche anno, finché la questione non fu definitivamente risolta nel 1767. Sul documento contenente le disposizioni finali in merito alla lite, un funzionario scrisse: “Ciò termina il molesto affare di Ampezzo che durò da due secoli e che li nostri sapientissimi maggiori non poterono mai accomodare.” Come dargli torto!


[Bandion & Bepo]


Bibliografia

G. RICHEBUONO, “Storia d’Ampezzo”, La Cooperativa di Cortina, 2008

S. LORENZI, “Atlante toponomastico d’Ampezzo”, Istitut ladin “Cesa de Jan”, 2012

I. DE ZANNA, “I confini del territorio comunale di Cortina d’Ampezzo”, Ghedina, 1977


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