«Dies signanda lapillo nigro»
Così don Apollonio Piazza, arciprete di Pieve d’Alpago, inizia il suo racconto dei fatti del 25 agosto 1944, riferendosi all’usanza dei romani di indicare i giorni felici con sassi bianchi e quelli avversi con pietre nere. Quel giorno infatti il paese di Pieve d’Alpago è dato alle fiamme dai tedeschi: l’incendio è opera di rappresaglia per le azioni partigiane nella zona.
Pieve d'Alpago, prima dell'incendio. Fine anni ‘30 o inizio ‘40.
Nel mese di agosto, infatti, i partigiani avevano fatto saltare i ponti situati in Val Cantuna, Schiucaz, Borsoi e presso il bivio di Cornei per proteggersi da eventuali incursioni tedesche. Inoltre, il giorno stesso dell’incendio, nel paese di Pieve d’Alpago ebbe luogo uno scontro tra un gruppo di diciotto partigiani della brigata “Fratelli Bandiera” e alcuni soldati tedeschi, forse appartenenti al battaglione SS Polizei “Schroder” di Belluno.
Nel diario delle azioni partigiane della Divisione “Nino Nannetti" si legge:
«25.8.44 – Il distaccamento. “Piave” della brigata “Fratelli Bandiera” al comando del garibaldino “Zero”, presso Pieve d’Alpago, viene attaccato da circa 600 tedeschi. Sostiene l’urto per tutta la giornata fino al completo esaurimento delle munizioni, causando al nemico circa 200 perdite fra morti e feriti. Nessuna perdita da parte dei garibaldini.» Lo scontro dura dalle 9.30 del mattino fino alle 16 del pomeriggio.
I tedeschi armati di mortai bombardano il paese, vi irrompono seminando il terrore, e dopo aver costretto la popolazione civile a rifugiarsi in chiesa lo danno alle fiamme.
«Lo spettacolo del paese è terrificante: le fiamme altissime che si levano da ogni parte consumano fra l’altro anche tutto il frumento raccolto da qualche settimana.» scrive Don Apollonio Piazza. Tra il centro del paese e la frazione di Mistran bruciano una trentina di case, altrettante stalle e poi negozi, trattorie, l’Ufficio postale e telegrafico.
Pieve d’Alpago dopo l’incendio che la distrusse il 25 agosto 1944. |
Ci sono anche tre vittime, uccise perché scambiate per partigiani e quattro uomini che vengono arrestati e liberati solo qualche giorno dopo. Vengono risparmiate canonica e chiesa, dove la popolazione terrorizzata si era rifugiata in massa, perché «anch’essi essere cristiani e credere a un Dio che è per tutti» dichiara un soldato tedesco al parroco.
Quando alle 22.00 i tedeschi lasciano Pieve, sono circa 40 le famiglie che hanno perso tutto. I partigiani sono i primi a portare aiuti alla popolazione colpita, seguiti dalle cinque parrocchie della conca alpagota e da Belluno tramite il Vescovo.
Pieve d’Alpago oggi. |
[Faghe]
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