L'Angelus - Jean-François Millet (1858-1859) |
Gli Tutto il territorio della nostra provincia raccoglie una quantità incredibile di storie, favole e leggende. Fino a qualche decennio fa, spettava al “contastorie” il compito di tramandare questi racconti, solitamente durante i filò nelle lunghissime giornate invernali, dove il tempo sembrava non passare mai. Quella del contastorie era un’attività tutt’altro che scontata: essi potevano essere uomini o donne del paese, ma se ne potevano trovare anche di erranti, che di villaggio in villaggio barattavano le loro novelle con un bicchiere di vino o un tocco di pane. Alternativamente, la tradizione orale era portata avanti dai membri anziani della famiglia: sulle loro labbra la narrazione non era mai uguale a sé stessa, e ogni volta che veniva raccontata presentava un dettaglio nuovo o differente, secondo le più tipiche dinamiche dei racconti tramandati a voce.argomenti erano i più disparati: potevano riguardare creature folcloriche come il Mažaról o il Badalìs, sabba di streghe e stregoni, oppure eventi miracolosi legati al santo di turno. Una cosa, tuttavia, distingue la nostra concezione di “racconto” da quella di chi fruiva di queste storie: la maggior parte delle volte erano percepite come vere, e gli eventi storici del passato – la “Storia” reale – si fondeva con la “storia” inventata in un amalgama estremamente fluido.
Capitava così che eventi storici di una certa rilevanza assumessero tutt’altra valenza nella mente di queste persone. Innanzitutto, questi erano astratti dalla loro temporalità, e il Concilio di Trento ne è un buon esempio, in quanto diffuso in tutti i racconti orali della provincia. Tenutosi a fasi alterne tra il 1545 e il 1563, nei discorsi dei contastorie del ‘900 era avvenuto ai tempi dei loro nonni, non più di centocinquant’anni indietro. Questo è un fatto molto interessante, che manifesta come, in assenza di una tradizione scritta, la mente dell’uomo tenda a non saper più collocare correttamente gli eventi nella cronologia del passato. Secondo punto importante, il senso degli eventi storici era modificato e piegato al mondo contadino. Controriforma? Macché! Da tutte le credenze raccolte tra gli anni Settanta e i primi del Duemila, emerge come l’obiettivo percepito del Concilio fosse quello di allontanare dal mondo le influenze magiche, positive o negative che fossero.
Per le prime si fa riferimento alla “fisica”, un potere di controllo mentale in mano ai preti. Mediante la fisica avrebbero piegato le menti delle persone annullandone la volontà, portandole verso la via del bene. Per le seconde, c’era la credenza che tutte le creature magiche che popolavano le valli e le montagne – streghe e stregoni compresi – fossero state catturate e rinchiuse a Trento, dentro ampolle o teche di vetro. Una fonte orale di Rivamonte Agordino è esemplare in questo senso: ci riporta che la bisnonna, durante il bombardamento di Trento nella Grande Guerra, tremava di paura al pensiero che le esplosioni avrebbero potuto rompere i bottiglioni in cui gli spiriti erano stati sigillati.
[ilCervo]
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