Passa ai contenuti principali

Post 94 - 14.000 anni fa qualcuno otturò una carie ad Adam


Vedendo il titolo, sicuramente molti di voi saranno rimasti perplessi. Chi è Adam? Si tratta del nome informale che gli scopritori hanno dato al cacciatore preistorico rinvenuto nei ripari Villabruna.


Come avevamo scritto nel post precedente (Post 92), la sepoltura si trovava negli strati più profondi del riparo Villabruna A, datati a circa 14.000 anni fa. Il cacciatore è il rinvenimento principale del sito dei ripari Villabruna. Fin da subito ha avuto una grande eco il suo rinvenimento, ma pochi sanno che a livello scientifico ha richiesto l’intervento di specialisti antropologi.


Lo studio ha portato a conoscere le caratteristiche fisiche dell’inumato, a partire dall’età di circa 25 anni di età. Come è stata stabilita l’età del defunto? In antropologia forense si vanno a considerare principalmente due parametri di riferimento: l’odontogenesi e lo stato evolutivo delle ossa lunghe; per i denti ci si riferisce allo stato dell’eruzione di tutti i denti e, se sono quelli definitivi, al loro stato di usura. Per le ossa invece si valutano lo stato di fusione delle epifisi delle varie ossa lunghe, cioè gli “estremi” dei femori, tibia, omero e radio e la fusione delle ossa che costituiscono il cranio.


ll fatto che i femori fossero stati danneggiati dall’escavatore, non ha impedito agli antropologi di stabilire l’altezza dell’individuo, che doveva aggirarsi tra i 1,65 e 1,69 metri.  Grazie sempre alle ossa lunghe, e non solo, è possibile stabilire il peso corporeo, stimato di 65 kg. 


Ma tra le informazioni più “intriganti” che si possono ottenere dai resti scheletri, sono tutti gli acciacchi di cui  il cacciatore soffriva. Essendo Adam un adulto giovane (come dicono gli antropologi), godeva di una salute tutto sommato buona, però… nel cranio è stata riconosciuta una spugnosità dell’osso associabile alla iperostosi porotica. Questa patologia doveva essere causata da una anemia, che a sua volta era causata da una parassitosi. Purtroppo non possiamo sapere da cosa: una delle ipotesi è che i parassiti siano stati presi a causa dellascarsa igiene in cui le persone vivevano nel Paleolitico.


Vista della zona occipitale del cranio dell’uomo della Val Rosna. In prossimità delle suture sono presenti dei segni lasciati dalla iperostosi porotica. Foto da Vercellotti et ali 2010.

Ma veniamo alla parte più interessante: la patologia più famosa di Adam, e studiata recentemente, è la carie del terzo molare destro. Direte: “come mai è così famosa? Le carie sono così comuni!”. E se vi dicessimo invece che è stato piuttosto sorprendente trovarne una in un individuo del Paleolitico? 


Le carie si sviluppano solo a seguito di un’alimentazione ricca di carboidrati (e quindi di zuccheri), che si diffonde solamente con l’avvento dell’agricoltura, svariati millenni dopo, a partire dal Neolitico.


Ricostruzione 3D delle operazioni di rimozione delle carie con le microgravette. Foto da Oxilia et alii 2015.


Ma non è finita qui. Non solo Adam aveva un dente cariato. Aveva anche subito un intervento dentistico, che aveva portato alla rimozione della parte malata e all’otturazione del dente. Si tratta dell’esempio più antico al mondo. Il precedente record di carie curata proviene da una necropoli neolitica del  Pakistan (circa 9100 anni fa).


Ma come venne curato il dente? Nel Paleolitico sappiamo bene che gli unici materiali duri a disposizione dell'uomo sono il legno, l’osso e la selce. I primi due sono troppo morbidi per incidere la superficie dentaria, il terzo, invece, ha una durezza superiore al ferro (si parla in termine della scala di Mohs). Per la rimozione della carie, è stato utilizzato proprii un minuscolo strumento in selce! Le scansioni della superficie del dente hanno consentito di individuare quei segni tipici da strumento litico su osso, cioè dei graffi con la sezione a “V”. Lo strumento in questione doveva essere una microgravette, strumento tipico dell’Epigravettiano. Grazie alle striature presenti nel dente è stato pure possibile capire le tre direzioni di azione dello strumento litico: Mesio-buccale, mesiale e linguale buccale-distale . Per la chiusura del dente post operazione, e per la sua cura nel tempo probabilmente è stata utilizzata della cera d’api e propoli (proprio quella nel corredo sepolto assieme all’inumato!).


Microgravette rinvenute presso il sito dei ripari Villabruna. Disegni di Paolillo, da Broglio 1992.


Quanto scopriamo di Adam, dalla sola analisi delle ossa, è sorprendente. La sua dieta doveva essere ricca di carboidrati (così da spiegare la carie), non era propriamente pulito e questo aveva causato dei problemi a partire della parassitosi. Insomma, essere giovani all'epoca non voleva dire esattamente ciò che significa oggi. Da questo breve resoconto della salute dell’uomo del riparo Villabruna A, capiamo le difficoltà che gli uomini e le donne incontravano quotidianamente  nel Paleolitico.


Riproduzione di una microgravette. Realizzata da MattIki.



[MattIki]


Commenti

Post popolari in questo blog

Post 38 – Il Sas del Diàol, a Facen

  Oggi vi parliamo di un misterioso masso inciso!  Si chiama “ Sas di Pirulava ” o più notoriamente “ Sas del Diaol ”, ed è stato scoperto da Candido Greco nel 1977, studioso che ci ha fornito la prima descrizione delle incisioni presenti. Il masso è di dimensioni di circa 90 x 110 cm ed è leggibile solo nella faccia orientata verso sud-est. Presenta una decina di segni a forma di croce, di cui tre che poggiano su dei cerchi contenenti altre croci di dimensioni minori e quella che sembra una lettera “A”. Greco interpreta le iscrizioni come simboli preromani, individuando dei numeri etruschi dei quali i Reti si sarebbero serviti per misurare le libbre di fieno tagliato in loco. Inoltre altri simboli parrebbero legati al culto di Mitra.  Nelle note del testo, inoltre, vengono presentati a titolo esemplificativo e comparativo ulteriori massi che riportano croci incise, ma dotati anche di coppelle. Un appunto: nel testo si fa riferimento a questo masso come quello che secondo la leggenda s

Post 147 - La chiesa della discordia

  In alcuni post precedenti ( post 123 e 124 ) abbiamo ricostruito la storia delle frane dell’Antelao che hanno coinvolto Borca e San Vito. Durante la frana del 7 luglio 1737, stando alle memorie del pievano Bartolomeo Zambelli, il primo edificio a restar sotterrato fu la chiesa di San Canciano che sorgeva sul confine tra Borca e San Vito, chiesa che fu in seguito ricostruita accanto all’antica Strada regia ( post 101 e 102 ), nel territorio di San Vito, ad una novantina di metri dal confine. Ne nacque molto tempo dopo una contesa, di cui vi parleremo oggi. La storia della chiesa di San Canciano è assai antica. Vi è infatti un atto notarile datato 1418 rogato dal notaio Bartolomeo fu ser Ungaro in cui il testatore lega due prati in val di Tiera al lume di San Canciano: in altre parole si lasciava per testamento due prati alla suddetta chiesa perché col ricavato si mantenesse un lume acceso per il santo [1]. Dai documenti delle visite pastorali del 1604 conservati nell’Archivio della Cu

Post 104 – Il colle delle ville. Prima parte.

  La nostra provincia è principalmente nota (se davvero è nota per qualcosa) per le sue splendide catene montuose. Meno noti potrebbero essere invece gli intriganti paesaggi rurali della Valbelluna, valle collocata tra le Prealpi e le Dolomiti e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dal fiume Piave, alimentato da numerosi affluenti che scendono dai monti circostanti. Al di là di centri come Feltre, Sedico, Trichiana o Belluno stessa, caratterizzati dai tipici processi di urbanizzazione degli ultimi decenni, questa porzione di territorio è punteggiata da centri minori, fattorie, case rurali e ville venete.  Nella zona circoscritta che prendiamo in considerazione in questo post, un colle collocato a nord-est di Feltre, i segni di un passato rurale sono tuttora ben visibili nella campagna delle frazioni Vellai e Cart e delle località loro circostanti. Uno degli elementi più suggestivi di questo paesaggio, facilmente idealizzabile nel ricordo dei “bei tempi andati” (e forse mai esistiti