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Post 92 - I ripari Villabruna


Il sito


Poco distante dal confine tra la provincia di Belluno e la provincia di Trento, nel comune di Sovramonte, è avvenuta un’importantissima scoperta archeologica per l’arco alpino. Il luogo del rinvenimento, che passando può sembrare un anonimo parcheggio, è testimone della storia dell’ultimo passaggio terreno di un uomo che fu seppellito in uno degli ampi ripari sotto roccia.


La scoperta avvenne nella primavera del 1987 grazie ad Aldo Villabruna, appassionato e socio dell’associazione “Amici del Museo Civico di Belluno”. I lavori di sbancamento del grande conoide detritico, per la realizzazione della futura Strada Regionale 50, attirarono l’attenzione di Aldo e di altri soci dell’associazione: effettuando una ricognizione, questi raccolsero diversi reperti, tra cui manufatti litici e in osso, oggetti ornamentali, ossa umane e di altri mammiferi attribuibili all’Epigravettiano recente (tra i 15.000 e i 10.000 anni fa circa).


Vista del riparo sotto roccia da sud.

Nel 1988 iniziarono i lavori archeologici promossi dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici e dalla Università degli Studi di Ferrara. Durante la prima pulizia delle sezioni vennero individuati due tubicini cavi paralleli affioranti dalle stratigrafie più basse: erano due femori umani danneggiati dai mezzi meccanici.


Tracciamo un quadro generale del sito: esso è composto da tre ripari sotto roccia, nominati con le lettere dell’alfabeto. I ripari A e B presentavano prima dello scavo una copertura detritica parziale, invece, il riparo C era completamente riempito. Il Riparo Villabruna A, il più grande, contiene i depositi più antichi (unità stratigrafica 10 A), datati all’Epigravettiano, cioè alle ultime fasi del Paleolitico superiore. La sezione, messa in luce dalle attività di sbancamento, presentava una unità stratigrafica negativa, cioè una fossa scavata in antico. Mentre, le testimonianze più recenti sono presenti con pochi lacerti stratigrafici di terreno cementato nelle pareti superiori del riparo. 


Come si fa a datare un sito di questo tipo? Attraverso i resti di piante, animali e umani che contengono il famoso carbonio 14. Le tracce più interessanti per la conoscenza dell’ambiente provengono dai resti faunistici (le analisi polliniche non hanno avuto successo). I resti dei pasti dei cacciatori preistorici hanno permesso di individuare due preferenze alimentari diverse: tra gli strati più antichi 17A e 10 si nota una predominanza di resti di stambecco (56,6% del campione totale) e del camoscio (21,4%). Questi elementi, oltre ad indicare una preferenza alimentare, indicano un ambiente ancora piuttosto freddo. A seguire, negli strati più recenti dal 9 al 3, si osserva una predominanza del cervo (69,9% del campione totale), seguito dallo stambecco (13,5%), il che dimostra che il clima si fece col tempo più temperato.


La sepoltura epigravettiana


Planimetria del riparo e della sepoltura

La sepoltura è senza dubbio il rinvenimento più importante. Deposto in una fossa profonda 30-40 cm nel detrito del riparo, il corpo di Adam, l’uomo della Val Rosna, fu corredato di diversi oggetti che lo avrebbero dovuto accompagnare nell’aldilà. Doveva esserci una sacca contenente una punta d’osso, un coltello a dorso, una lama ed un nucleo di selce, un ciottolo utile per la scheggiatura del nucleo e un grumo di propoli e ocra. Altri oggetti di corredo erano tre grandi lame in selce: una posta sopra il cranio, una lungo l’omero destro e una lama ‘a cran’ posta accanto al femore sinistro.


Ma la cura e il rispetto verso il defunto da parte dei suoi cari si sono manifestati anche in una forma inaspettata. Sopra la sepoltura erano posti dei ciottoli fluviali decorati con motivi fitomorfi, zoomorfi, antropomorfi e iperantropomorfi (vedremo tra poco cosa significa). I ciottoli erano posti con la faccia dipinta verso la sepoltura, fattore che, fortunatamente, consentì ai disegni di conservarsi fino ad oggi.


Strumenti litici dagli strati più profondi.

La prima pietra porta la rappresentazione schematica di un uomo avente molte braccia, elemento simbolico per rendere, molto probabilmente, la forza del soggetto ritratto. Questo tipo di rappresentazione, detta  "iperantropomorfa", trova confronti nel vicino e contemporaneo Riparo Dalmeri, in diverse culture del Paleolitico superiore e nelle epoche più recenti, come i rinvenimenti neolitici della Penisola Iberica. La seconda presenta invece una decorazione alberiforme  schematica, nota a partire dal Maddaleniano (18.000 - 10.000 anni fa circa). Possiamo ipotizzare che questa rappresentazione non sia altro che una fotografia dell’ambiente che circondava il riparo o comunque del territorio postglaciale. Sono presenti altre due pietre interessanti: un ciottolo ricoperto di ocra che lascia sgombro solo un ovale al centro in cui sono raffigurati schematicamente due palchi di cervo; L’ultima pietra, la meno stilizzata, ritrae una figura umana con le gambe flesse nell’atto di danzare mentre stringe in mano un oggetto non identificabile.


Queste pietre dovevano fare parte del complesso cerimoniale, atto a ricordare il cacciatore defunto. Oltre a queste pitture, sulla parete del riparo, erano presenti delle bande in ocra, ad indicare la posizione della sepoltura di una persona importante.


Le frequentazioni mesolitiche e neolitiche


Le fasi successive alla frequentazione epigravettiana sono poco chiare. Questo è dovuto principalmente dall'attività di sbancamento, che ha lasciato ben pochi lacerti stratigrafici di queste fasi.

Così i pochi reperti danno una visione parziale di quanto presente. Tra i reperti mesolitici si segnala una punta Sauveterre, un utile fossile guida che ci consente di datare lo strato 3 alla prima fase del Mesolitico, il Sauveterriano.


Strumenti litici dagli strati mesolitici e neolitici.


Successive frequentazioni si attestano al Castelnoviano (la seconda ed ultima fase del Mesolitico), di cui non sono emerse molte informazioni.

Il Neolitico, anch’esso testimoniato da pochi rinvenimenti, è ben riconoscibile principalmente per una punta di freccia in selce a base arrotondata, una forma che si riconosce in diversi contesti del territorio bellunese. Purtroppo questi sparuti elementi non consentono di avere una conoscenza sufficiente per ricostruire cosa accadesse in quel periodo: i lavori di sbancamento hanno cancellato qualsiasi testimonianza utile per una ricostruzione.


[MattIki]


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