Marin Sanudo è ricordato per essere stato uno dei più importanti diaristi che operarono a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento. È in quest’ottica che si inserisce quanto già annunciato dal titolo del post. Nel 1483 un suo cugino fu incaricato di effettuare un sopralluogo nello “Stato da Tera” della Repubblica di Venezia, per questioni di indagini fiscali. Il giovane Marino, che all’epoca aveva diciassette anni, fu invitato a unirsi alla spedizione.
Da questo lungo viaggio nacque l’“Itinerario per la Terraferma Veneziana”, un vero e proprio diario dove il ragazzo trascriveva i loro percorsi e ciò che si poteva vedere. È chiaro che questa testimonianza sia per noi davvero preziosa, in quanto ci permetti di sbirciare in un mondo molto diverso da com’è ora.
Lo schizzo di Castelnuovo, visto da nord a sud. A sinistra si intuiscono le acque del Piave.
I due parenti lasciarono Venezia e si diressero a ovest, arrivando fino a Bergamo; da qui coprirono a zigzag tutte le più importanti città della pianura e si indirizzarono verso Feltre lungo il canale del Piave. La spedizione attraversò Fener, le acque del fiume Tegorzo (Teorzo) e continuò verso Castelnuovo, sotto il quale passava la strada principale. Sanudo correda il resoconto con uno schizzo del castello, che ricorda davvero da vicino quello che possiamo vedere ancora oggi.
Castelnuovo come lo vediamo oggi
Schizzo della pianta del castello di Belluno
Prima di ripartire per il loro tragitto, i due passano la notte nel Vescovado, che ora accoglie il Museo Diocesano. L’indomani ripartono, attraversando la Valbelluna (valle chiamata Serpentina). Oltrepassano il Caorame (Cavràm), raggiungono Formegan e Santa Giustina e infine si trovano di fronte al Cordevole. Il torrente non aveva ponti e doveva essere attraversato a guado. La stessa problematica viene menzionata più di trecento anni dopo dal comandante Anton Von Zach, quando, realizzando una descrizione di tutto il contado di Venezia ormai soggetto all’Austria, lamentava le scomodità a questo legate. Nel 1803, infatti, l’unica alternativa era quella di dirigersi molto più a nord per raggiungere Ponte Mas, località in cui si creava una stretta forra agilmente scavalcabile da una passerella.
Il castello di Belluno in un dettaglio della Veduta di Domenico Falce (1690).
Ma torniamo a noi: i due attraversano il Cordevole a guado e raggiungono Bribano e Sedico (Brembian et Senego); finalmente entrano a Belluno (Cividal) attraverso il Campedel. Il Sanudo alla fine del viaggio riporta quanto fosse stata difficile la strada, malmessa, petrosa e a tratti impervia. Conclude la narrazione con un detto popolare, per sottolineare quanto detto:
Chi vuol un cavallo provar, vadi da Feltre a Cividal.
Può sembrare strano che Belluno possegga questo nome, ma sarà una costante in tutta l’età moderna: da nome proprio della città, “Belluno” era andato a designare tutto il territorio a capo, comprendendo anche Agordo, Zoldo e l’Alpago. Ecco perché quando ci si riferiva all’abitato, si usava dire “Cividal [città] di Bellun”.
L'area di confine tra Feltrino e Bellunese nel Secondo catasto austriaco (1817 - 1829). Si può notare la presenza del primo ponte costruito sul Cordevole.
Belluno è descritta come molto bella e Sanudo, oltre a menzionarne le porte, le chiese e il torrione circolare, cita anche i santi protettori e la fiera di San Martino. Fa pure uno schizzo del castello della città, purtroppo demolito nell’Ottocento per volontà austriaca.
L’itinerario bellunese è finito e i due si avviano verso Serravalle attraverso Ponte nelle Alpi (Caoponti).
[ilCervo]
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