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Post 77 – Carlo Rizzarda, mastro artigiano

Foto 1 – Piatto in vetro muranese e ferro battuto, Galleria Rizzarda

Ricollegandoci al post della scorsa settimana, vi parliamo nuovamente di un artista che ha saputo distinguersi e affermarsi anche fuori dal Bellunese. Carlo Rizzarda è probabilmente un nome che suona familiare a molti, essendo a lui dedicata la Galleria d’arte moderna nel centro storico di Feltre, ma la sua vita e le sue opere meritano un approfondimento. In queste righe cercheremo di delineare entrambe.

Foto 2 – Insegna dell’officina di Rizzarda in Via Rosolino Pilo, Galleria Rizzarda

Rizzarda nasce a Feltre in una famiglia numerosa. La madre fa parte di una famiglia di nobili origini, ormai decaduta, mentre il padre svolge il mestiere di carradore. Presto il ragazzo inizia ad andare a bottega da vari fabbri per imparare il mestiere, ma contemporaneamente frequenta le lezioni serali della Scuola di disegno tecnico feltrina, diretta da Giacomo Andolfatto, presso la quale vincerà una borsa di studio che gli permetterà di trasferirsi a Milano. Già a queste date emerge l’amore di Rizzarda per il disegno, elemento sempre presente nella sua opera e nella sua vita: materia di cui sarà egli stesso docente fino al momento della sua prematura morte.

Foto 3 – Prototipi di maniglie ed elementi decorativi su espositore originale, biennale di Monza 1923, Galleria Rizzarda

Spostiamoci ora a Milano. È il 1904 e la città è uno dei centri più importanti d’Europa per quello che riguarda l’architettura e le cosiddette 'arti decorative', o 'arti applicate'. Si tratta di tutte quelle forme artistiche che tipicamente non rientrano nelle cosiddette 'arti liberali' (pittura, scultura, …), come l’incisione, la lavorazione artistica di vetro e ceramica, e ― particolarmente rilevante per il nostro caso ― il ferro battuto. Il promettente giovane feltrino è a bottega da uno dei più importanti interpreti italiani ed europei di quest’arte: Alessandro Mazzucotelli. Carlo Rizzarda vive una stagione artistica piuttosto intensa per quanto riguarda il susseguirsi di correnti stilistiche (è pertanto impossibile ascriverlo ad una sola di queste).  Il suo maestro era stato uno dei più grandi esponenti del Liberty, ed è in questo solco che si collocano le opere del suo periodo di formazione: si pensi al ‘Cancellata dei gladioli’, ora esposto in entrata alla Galleria Rizzarda, splendida opera della bottega di Mazzucotelli a cui lavorò anche il giovane Carlo come garzone.

Foto 4 – Oggetti da tavolo con forme naturalistiche: uccelli esotici, Galleria Rizzarda

Foto 5 – Oggetti da tavolo con forme naturalistiche: piante, Galleria Rizzarda

L’ambiente milanese è per il nostro artista molto fertile. Si tratta in uno dei centri italiani più aperti e sensibili ai cambiamenti e agli sviluppi artistici e del design provenienti da tutto il mondo. Dal Liberty, al Déco, al Razionalismo, mantenendo in sottofondo uno stile eclettico, che mette assieme vari elementi, espresso soprattutto nell’architettura urbana dell’epoca. E proprio per complemento agli edifici frutto di questa stagione architettonica, così ricchi di elementi stilistici molto cangianti, che Rizzarda pensa le sue appliques: lampadari, ringhiere, formelle decorative di vario tipo, paracamini, copri-termosifoni. È poi importante quantomeno citare le fiere e le esposizioni di arti decorative a cui Rizzarda partecipò. Su tutte, la Biennale di Monza, poi Triennale di Milano (ma erano numerosissime nelle principali città italiane ed estere): fu per lui la consacrazione definitiva sulla scena internazionale.

Foto 6 – Lampadario a stelo con cardi, vetro muranese e ferro battuto, Galleria Rizzarda


Foto 7 – Dettaglio di lampadario raffigurante un angelo in preghiera, Galleria Rizzarda

Foto 8 – Altro dettaglio dello stesso lampadario, raffigurante un elefante, Galleria Rizzarda

È incredibile constatare quanti stili abbia attraversato Rizzarda con la sua produzione, e come abbia saputo cogliere diversissimi stimoli: agli elementi naturali, le curve sinuose e i colori accesi del Liberty si contrappongono alle forme più grezze e la cupezza del suo Stile Barbarico. Un’opera come ‘Testa di Levriero’ [figura 10] si spinge addirittura verso l’Espressionismo. Quando lo coglie una morte molto prematura è nel pieno di una nuova fase di sperimentazione artistica molto vicina alla corrente razionalista. Osservando le sue ultime opere ci troviamo improvvisamente catapultati nella modernità: per rendersi conto del salto basta paragonare il prototipo che si vede in figura 12 con i suoi precedenti lavori [figura 5 e 6 ad esempio]. Elementi caratterizzanti di questo ultimo periodo (ultimissimi anni ’20 – primi ‘30) sono forme geometriche, essenzialità nelle decorazioni, astrazione e utilizzo di materiali come l’ottone e l’acciaio.  Va comunque ricordato che quest’abilità di Rizzarda nel cogliere le trasformazioni dello stile e del gusto contemporanei gli assicurò, oltre che un successo artistico internazionale, anche numerosissime commissioni, sia private, che di natura istituzionale.

Foto 9 – Formella con levriero in ferro battuto con polvere dorata, Galleria Rizzarda. Fonte: https://www.visitfeltre.info/

Foto 10 – Battente con testa di lupo (o levriero), Galleria Rizzarda

Ma come lavorava Rizzarda? In breve, lui era mastro ferriere. Questo vuol dire che, coadiuvato da aiutanti e garzoni, dirigeva fisicamente la forgiatura dei pezzi. Rizzarda però era anche progettista e, in un certo senso designer: non solo forgiava l’opera martello alla mano, ma anche, come abbiamo già accennato, ne realizzava in precedenza il progetto che poi veniva riportato con estrema fedeltà sotto forma di ferro. Ciò che caratterizza inoltre l’operare di Rizzarda, artista meticolosissimo, è il fatto che ultimasse personalmente tutto ciò che usciva dalla sua officina. Si occupava di rifinire la struttura dell’oggetto e di decorarlo con polveri colorate, che oltre al fine estetico avevano la funzione di proteggere il materiale dal deperimento. La polvere di grafite dà infatti al ferro battuto quel grigio scuro così pieno e corposo che siamo abituati a vedere, e quelle colorate danno l’impressione di trovarsi davanti dell’oro, del bronzo corroso o della ruggine.

Foto 11 – Prototipo di aquila per il monumento ai caduti di Feltre, Galleria Rizzarda

È proprio questa cura per il pezzo finito che sta alla base di forme e decorazioni così delicate ed eleganti. Rizzarda è abile a nascondere la martellata, ma la rende ben visibile quando questa fa parte della resa estetica voluta, chiara ad esempio nel dettaglio dell’elefante, raffigurato nell’immagine 8. Le sue opere non prevedono saldature: generalmente sono dei pezzi singoli oppure, se composte da più elementi, sono tenute assieme da borchie [figura 11]. Nel suo ultimo periodo inizierà anche ad utilizzare tecniche differenti, conseguentemente all’industrializzazione galoppante di quegli anni. È anche molto interessante leggere nei suoi pezzi alcuni sintomi della tecnologia che avanza: un esempio su tutti i fori, gli occhielli e gli alloggiamenti per cavi della corrente e lampadine, che li rendono facilmente distinguibili dai supporti per candele.

Foto 12 – Paracaminetto con prospettiva, materiali e tecniche miste, Galleria Rizzarda


Infine, non è trascurabile la raffinata riuscita delle sue integrazioni del ferro con altri materiali, prima di tutto il vetro. Quello di Murano in particolare, con i cui artigiani e produttori aveva uno stretto legame lavorativo e talvolta d’amicizia. Da loro si faceva realizzare i complementi in vetro come i paralumi, che, come sappiamo dai progetti, spesso disegnava lui stesso. Un altro esempio notevole sono i frutti della collaborazione con lo smaltatore Giuseppe Guidi, ma ne potremmo citare tanti altri.

Foto 13 – Ritratto di Carlo Rizzarda realizzato dall’amico Aldo Carpi, Galleria Rizzarda

 Rizzarda, oltre che essere artigiano, artista e imprenditore, è un personaggio che vale la pena di conoscere anche nella sua dimensione personale e privata. In generale, emerge dalla corrispondenza e dalle testimonianze di chi gli era vicino una persona generosa e sensibile, che finanziava gli amici artisti in difficoltà e ospitava animali abbandonati nella propria casa di Milano. Era inoltre molto legato alla città natale, dove progettava di stabilirsi per la vecchiaia. Purtroppo morirà nel 1931, all’età di 49 anni, per le complicazioni dovute ad un incidente stradale. L’ultima, e la più grande delle sue attività filantropiche, sarà quella di donare alla Città di Feltre i suoi ferri, la sua personale collezione d’arte e Palazzo Bovio-Villabruna-Cumano, con i fondi e le direzioni necessarie per trasformarlo in un museo che voleva fosse aperto a tutti e fruibile allo studio.


 [Giot]

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