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Post 79 - L’aeroporto di Belluno nella Grande Guerra: l’ultimo volo di Arturo Dell’Oro.

 


Sono molti i bellunesi (e non) che nel proprio tempo libero vanno a farsi una passeggiata, una corsa oppure portano a spasso il cane nell’aeroporto di San Pietro in Campo a Belluno. La piana erbosa su cui si trova la pista, aperta sulla Valbelluna alle pendici del monte Serva, regala infatti panorami e scorci incantevoli su tutta la vallata, abbracciata da maestose vette che dall’Alpago arrivano fino alle Vette Feltrine.

Fig.1 L'aeroporto innevato di San Pietro in Campo al giorno d’oggi.

Forse non tutti sanno che il nostro aeroporto ha origine all’indomani dello scoppio del primo conflitto mondiale, più precisamente nell’aprile del 1916, quando, per finalità belliche, si decise di allestire un campo d’aviazione del Regio Esercito Italiano sulla piana di San Pietro in Campo. Il campo d’aviazione, nonostante la distanza dalla linea del fronte, rivestì un ruolo chiave in provincia per le azioni di ricognizione, spionaggio, lancio di manifestini, difesa dello spazio aereo e più tardi anche per quelle di bombardamento. Infatti, da qui avevano inizio prevalentemente importanti missioni per individuare e fotografare sia le postazioni ed i trinceramenti nemici sul fronte, sia soprattutto, oltre le linee avversarie, la concentrazione, la localizzazione ed i movimenti delle truppe, le infrastrutture e tutto ciò che potesse risultare importante per la preparazione o per gli esiti delle operazioni militari.

Fig.2 Caudron G4 della 48^ Squadriglia e hangars presso il campo d'aviazione di Belluno - dal libro “Ali di guerra sulle Dolomiti”.

Per far sì che tutto questo fosse possibile, vennero creati tutta una serie di locali e hangar per il personale ed i mezzi dell’aeroporto con particolari accorgimenti, come le grandi stufe in muratura all’interno degli hangar, affinché tutto fosse pronto ed operativo in qualsiasi momento, specie durante la stagione invernale. Il campo di volo doveva inoltre essere sempre sgombero dalla neve, quantomeno nella striscia di terreno utile al decollo e all’atterraggio dei velivoli, e pertanto il reparto di stanza presso l’aeroporto venne dotato di spazzaneve leggeri, pale, badili, picconi e carriole. Se i mezzi a disposizione non fossero bastati, in caso di nevicate abbondanti il Comando di Gruppo avrebbe potuto richiedere ulteriori uomini e carri a trazione animale per liberare la pista dalla neve.

Fig.3 Arturo Dell'Oro con alle spalle il suo Nieuport presso il campo d’aviazione di Belluno nell'estate del 1917 - dal libro “1915-1918: piccole storie della Grande Guerra in Cadore, Ampezzano e Comelico”.

Verso la fine dell’aprile del 1916, la prima ad essere dislocata a Belluno a supporto della IV Armata con l’obiettivo di coprire una vasta area, fu la 48ª “Squadriglia per l’Artiglieria”, comandata prima dal cap. Goffredo Maurel e successivamente, da dicembre, dal cap. Felice Porro. La Squadriglia iniziò a volare con biplani biposto da ricognizione e bombardamento Farman 14, che nel giugno dello stesso anno furono sostituiti dai più moderni e funzionali Caudron G4, dei bombardieri biplani dotati di due motori e quindi più veloci nonché più adatti all’alta montagna e agli scontri con altri velivoli. Ben presto la 48ª Squadriglia si sarebbe distinta, divenendo famosa nel corso del lungo e rigido inverno a cavallo fra 1916 e 1917, per le operazioni di ricognizione condotte con frequenza in condizioni estreme a quote anche molto elevate, con temperature che arrivavano a toccare i 30 gradi sotto lo zero e la presenza di varie decine di centimetri di neve sul campo di atterraggio. Per quale motivo? Ebbene, la fotografia aerea, in tali particolari condizioni metereologiche, permetteva di eseguire fotografie estremamente nitide su soggetti facilmente individuabili, poiché costretti dalle frequenti e consistenti nevicate allo spostamento della neve dalle vie di comunicazione e dalle trincee, per esempio, che risultavano così ben visibili. La Squadriglia, con il tempo, divenuta nell’aeronautica una delle migliori nella ricognizione, avrebbe forgiato moltissimi grandi piloti, e fra questi alcuni avrebbero compiuto con Gabriele D’Annunzio il volo su Vienna nell’agosto del 1918.

Fig.4 Nieuport della II Sezione dell'83^ Squadriglia schierati a San Pietro in Campo - dal libro “Ali di guerra sulle Dolomiti”.

Il 5 maggio del 1917, giunse a dare manforte da Arcade (TV) anche la neonata II sezione della 83ª Squadriglia da caccia, con i nuovi caccia monomotore biplani Nieuport 11, detti ‘Bebé’. Faceva parte della nuova squadriglia il giovane sergente italo-cileno Arturo Dell’Oro. Il pilota in questione nacque da padre piemontese e madre cilena a Vallenar, in Cile, nel settembre del 1896 (il giorno esatto, ed in alcuni casi anche il mese, sono riportati in modo diverso dalle fonti, ma sembra esserci una certa concordanza sul 17 di settembre).

Più esponenti della famiglia paterna avevano dimostrato amor patrio. Lo stesso padre di Arturo, Alessandro, combatté nella Terza guerra d’Indipendenza italiana, mentre alcuni zii avevano combattuto come volontari in Crimea, e questo dovette essere uno dei fattori che più influenzò il giovane Arturo nella decisione di arruolarsi come volontario nel battaglione piloti aviatori. Il 30 maggio 1915, ad appena diciotto anni, forte degli studi di meccanica, fu nominato allievo dopo aver superato i corsi. Il 5 ottobre dello stesso anno fu dunque mobilitato con la 30ª “Squadriglia Aviatori”, ed ottenne il brevetto di pilota di aeroplano Farman. Di lì a poco sarebbe salito di grado, prima come caporale e poi come sergente, emergendo come promettente pilota in azioni di alto rischio che gli valsero nel gennaio 1916 una medaglia d’argento al valor militare sul campo. Ottenuto il brevetto di volo su apparecchi da caccia Nieuport, Arturo Dell’Oro cominciò a volare con questi presso il Centro formazione squadriglie di Arcade, da dove non molto tempo dopo sarebbe stato trasferito a Belluno.  

Fig.5 Aeroporto di San Pietro in Campo fotografato da circa 3000 metri di quota il 7 novembre 1917 da un ricognitore austriaco della 15^ FLIK - dal libro “Ali di guerra sulle Dolomiti”.

Era un sabato, l’1 di settembre 1917, quando alle ore 11 fu avvistato nella Val Cordevole un biposto Brandenburg da ricognizione austriaco. Lanciato l’allarme, Dell’Oro si fiondò sul suo Nieuport n.2-n.3626 facendolo decollare. Bastò poco tempo al giovane pilota per individuare l’aereo nemico decollato da Pergine ed ora in ritirata e per iniziare l’inseguimento. La battaglia, quando quest’ultimo fu raggiunto dal velivolo italiano, infuriò a circa 3500 metri di quota, sopra il gruppo della Schiara, mentre al rumore dei motori e delle eliche si sovrapponeva a tratti quello degli spari. Probabilmente a causa dell’inceppamento della mitragliatrice di bordo, il sergente italo-cileno avrebbe cercato di eseguire una rischiosa manovra, scendendo in picchiata sopra l’altro velivolo, per provare ad urtarlo con il carrello. La collisione fra i due aeroplani, tuttavia, fu tale che il Brandenburg precipitò a picco, mentre il Nieuport si avvitò su sé stesso fino a colpire la cima del monte Pelf, per poi fermarsi alle sue pendici su una frana ghiaiosa in località La Palazza. 

Fig.6 I resti dell'apparecchio di Arturo Dell'Oro dopo lo schianto in località La Palazza - dal libro “Nel cielo di Belluno, breve storia di Arturo Dell'Oro”.

Le ricerche degli aviatori e delle carcasse degli aeroplani iniziarono subito, con l’immediata mobilitazione di apposite squadre di ufficiali e personale del XII Gruppo aeroplani, carabinieri e alpini del 7°. Entrambi i velivoli vennero trovati,  molto distanti l’uno dall’altro, così come vennero trovati ed identificati i due membri dell’equipaggio del Brandenburg, entrambi austriaci della 45ª compagnia aviatori del Kaiserliche und Königliche Luftfahrtruppen: il sottotenente della riserva Leopold Müller, pilota, e il caporale Stanislav Franz, osservatore, rinvenuti rispettivamente nel velivolo e a cinquecento metri di distanza da esso. Uomini e muli trasportarono con fatica le salme e le carcasse degli apparecchi a valle, ma del sergente Dell’Oro ancora nessuna traccia. 

Fig.7 Viene documentato fotograficamente il ritrovamento del corpo senza vita di Arturo Dell'Oro - dal libro “1915-1918: piccole storie della Grande Guerra in Cadore, Ampezzano e Comelico”.

Solo il giorno dopo, continuate le ricerche, si trovò sul versante agordino della montagna il cadavere di Arturo, schiantatosi sulle rocce della Schiara a poco più di vent’anni. Trovandosi così distante dal velivolo, si dedusse che nel disperato tentativo di salvarsi, il pilota avesse sganciato le cinghie per lanciarsi dal Nieuport in picchiata, urtando però con immane forza le rocce sottostanti dove avrebbe trovato la morte.  La risonanza dell’accaduto fu tale, anche grazie alla propaganda e alla retorica militare che dipinse lo scontro quasi fosse stata una tenzone cavalleresca, che si decise di celebrare un unico funerale per i tre caduti insieme il 3 settembre. Alla cerimonia assistette un’immensa folla, che, commossa, seguì in corteo funebre i tre feretri disposti su altrettanti camion e ricoperti di fiori, lanciati anche dall’alto dai velivoli della II sezione della 83ª Squadriglia da caccia dei commilitoni di Dell’Oro. Il corteo di militari e civili, partito dalla caserma “Tommaso Salsa” di Mussoi e articolatosi per le vie della città, terminò al cimitero urbano di Prade, dove tutte e tre le salme dei piloti furono sepolte. La tomba del sergente di Vallenar fu corredata da una croce a forma di elica.

Fig.8 Il corteo funebre dei tre defunti piloti transita per le vie di Belluno - dal libro “Belluno in guerra 1915-18”.

Il giorno seguente, un aereo della 48ª Squadriglia rischiò non poco per lanciare sul campo di volo nemico presso Bressanone i ricordi di famiglia degli aviatori austriaci recuperati sul Pelf assieme alle fotografie delle esequie. Non sarebbe tardata di molto la risposta del nemico, che pochi giorni dopo avrebbe lanciato arditamente sul campo d’aviazione di Belluno non una bomba, ma un biglietto di ringraziamento.

Dopo Caporetto, si diede inizio a veloci procedure di smobilitazione dell’aeroporto di San Pietro in Campo, cosa che avvenne in via definitiva l’8 novembre 1917, quando agli ultimi velivoli presenti ai campi di Santa Giustina e Belluno venne dato l’ordine di ritirarsi prima a Feltre e poi ai piedi del Grappa, abbandonando e sabotando i campi e gli hangar. Ovviamente il campo d’aviazione di Belluno cadde in mano austroungarica, ed il 7 settembre del 1918 venne bombardato da varie squadriglie italiane di Caproni scortate da caccia. Due tonnellate di esplosivo furono sganciate sulle rimesse e sugli apparecchi presenti sulla pista, seminando distruzione e morte sul campo di aviazione e sulla vicina chiesa medievale di S. Pietro, rimasta gravemente danneggiata.

Fig.9 Lapide di Arturo Dell'Oro presso la chiesa di Santa Maria Immacolata a Mussoi, Belluno.

Ad Arturo Dell’Oro, il 3 gennaio 1918, venne conferita la medaglia d’oro al valor militare per aver scelto una morte vittoriosa scagliandosi sul nemico e abbattendolo. La sua figura fu negli anni successivi venerata patriotticamente e quindi strumentalizzata, specie durante l’epoca fascista, dalla propaganda. 

Negli anni Venti, al pilota di Vallenar vennero intitolati il campo d’aviazione di Pisa e successivamente l’aeroclub ed il campo d’aviazione di Belluno, città che volle ricordarlo nel 1924 concedendogli la cittadinanza onoraria in memoriam. Il suo nome comparve inoltre sulla prima fusione della campana dei caduti di Rovereto e nel 1933 a Valparaiso, in Cile, gli venne intitolato un istituto d’istruzione italiano. Tutt’oggi, in varie parti d’Italia, intitolate alla sua memoria, restano numerose vie. Il 6 di giugno del 1937 i resti del sergente Dell’Oro vennero spostati dal cimitero di Prade alla chiesa-ossario dei frati Cappuccini di Mussoi, dove ancora oggi si trovano ed è possibile vederne la lapide, così come anche il nome nel portone di bronzo della chiesa. Per quel che riguarda i caduti austriaci, essi rimasero presso il cimitero urbano di Prade, assieme ad una piccola lapide in ricordo del giovane sergente di Vallenar posta sul viale di cipressi che porta al cimitero.

[Trinceo]


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