Foto 1: Chiesa di Pieve di Cadore, facciata di Giovanni Miglioranza, 1859 – 1876 |
Venezia, fine Quattrocento. La città è ancora dominata dall’architettura gotica, che ha prodotto e continua a produrre grandi capolavori. Tuttavia, qualcosa inizia a cambiare: la riscoperta dell’architettura all’antica iniziata a Firenze e poi diffusasi in maniera capillare nel resto della penisola avrebbe mutato per sempre la maniera di pensare l’edificio. È però un’epoca di grande sperimentalismo, non c’è ancora un lessico costruttivo unitario e gli architetti pescano a piene mani dalle strutture classiche per impiegarne gli elementi nei più svariati e innovativi dei modi. Nella città lagunare si distinguono i fratelli Lombardo e in particolar modo il bergamasco Mauro Codussi (1440 – 1504), le cui architetture sacre, come San Michele in Isola e San Zaccaria, impiegavano nella facciata una ricca decorazione e un curioso timpano semicircolare.
Ma come si collega tutto ciò al Bellunese?
Foto 2: San Michele in Isola, Mauro Codussi, 1468 – 1479
Facciamo un salto di quattrocento anni nel futuro in pieno Ottocento, l’epoca per eccellenza degli ecclettismi. Nell’ottica di un’Italia unitaria, lo storico dell’arte padovano Pietro Selvatico (1803 – 1880) teorizzava degli stilemi che avrebbero dovuto unificare il Paese anche dal punto di vista estetico. Questi principi rifiutavano l’architettura “contaminata”, pregna di influenze straniere. Vennero perciò rigettati il gotico e pure il Rinascimento maturo: l’architettura palladiana era infatti diffusissima, sia in Europa che in America, e non poteva più essere considerata come prettamente italiana. Vennero invece elevati il romanico e il primo Rinascimento, stile, quest’ultimo, che a Venezia corrispondeva all’architettura di Codussi.
Foto 3: San Zaccaria, Mauro Codussi, 1483 – 1490
Questo “Stile Codussiano” venne applicato senza logica e in maniera pressoché casuale anche in alcune importanti strutture religiose della nostra provincia. Prendiamo come esempio la chiesa di Santa Maria Nascente di Pieve di Cadore: l’edificio era rimasto senza facciata dalla ricostruzione dello Schiavi risalente al secolo prima. Tale architetto, già reo di aver demolito la precedente fabbrica contenente affreschi di Tiziano, aveva creato una struttura ad aula unica. Poco importa: Giovanni Miglioranza ci mette comunque una facciata tripartita che rimanda a quella di San Michele in Isola, solo che (passateci il termine tecnico) è più sghèrla. Lo spettatore dall’esterno è portato a pensare che vi siano tre navate, e viene letteralmente ingannato. Ma non basta: tutti questi elementi curvilinei affossano l’idea di verticalità che lo Schiavi aveva tentato di dare coi ripidi spioventi.
Foto 4: Chiesa di Canale d’Agordo, facciata di Giuseppe Segusini, 1859
Meglio passare oltre e concentrarsi sull’archistar bellunese dei poveri, il feltrino Giuseppe Segusini, uomo dalla scarsa preparazione accademica che riuscì a fare i suoi danni ricostruendo oltre trenta chiese nella sola Provincia. Edifici magari di grande pregio architettonico venivano demoliti per lasciar spazio a progetti incredibilmente anonimi. Troviamo Segusini anche in Agordino, dove venne incaricato della realizzazione ex novo della parrocchiale di Forno di Canale. Anche qui viene impiegata una facciata alla Codussi, anche qui non vi è alcuna logica nella sua applicazione e rispetto per le preesistenze o per la tradizione locale, secondo il neoclassicismo datato e “standard” tipico di questo architetto.
[ilCervo]
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