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Post 56 – Sulle orme del toponimo “Tambre”


Vi siete mai sorpresi a pensare alla forte somiglianza linguistica tra alcuni toponimi della nostra Provincia, dai più famosi ai meno noti?


A noi capita continuamente e per questa ragione oggi vi proponiamo una riflessione sull’etimologia del nome “Tambre”, la cui radice ‘tamber’ si trova declinata in varie forme nella toponomastica bellunese: dalla più famosa Tambre d’Alpago alla meno conosciuta Tambre del Comelico, dai monti Tamer della catena del San Sebastiano (Agordino) al lago di Tamarin nei pressi di Cortina d'Ampezzo. 


Molti di questi nomi di luogo, di cui abbiamo citato solo gli esempi più eclatanti, derivano probabilmente dalla voce preromana *tamara, assai diffusa nell’Italia nord-orientale. Dal significato originario di «rampollo» o «virgulto», essa sembrerebbe essere passata al senso di «stanga» ed infine, nelle varietà dialettali cadorine e ampezzane, a quello di «ricovero di pastori» o «recinto di alta montagna destinato all’allevamento di pecore». 


Monte Tamer, catena di S. Sebastiano. foto di Sentieri Natura

Se per località come Tambre d’Alpago tale origine è più che probabile, considerata anche la grande quantità di ritrovamenti di antiche strutture pastorali per l’allevamento degli ovini nel territorio, altri toponimi si spiegano facendo risalire l’appellativo ‘tamber’ ad un’origine ancora più antica. 


La sua presenza nella toponomastica di altre culture europee ed asiatiche (si pensi, ad esempio, al comune francese di Tarbes) permette di prendere in considerazione una possibile origine indoeuropea con il significato-base di «buio» o «oscuro», a cui alludono gran parte dei termini che negli idiomi di tale ceppo linguistico presentano la radice ‘tamb’/‘tumb’ (è il caso del latino “tumulus” o del greco “tumbos”).


Tale ipotesi sembrerebbe confermata dallo stesso dialetto comelicese, nel quale si riscontra l’utilizzo del termine “tamber” per indicare un tipo di persiana presente nelle vecchie casere, un oggetto impiegato allo scopo di “fare buio” all’interno degli edifici. 


Quale collegamento potrebbe esistere tra una forma di origine pre-romana dal significato di «ricovero di pastori» e una radice indoeuropea che allude al buio e all’oscurità? 


La risposta è nessuno, eccezion fatta per l’evidente somiglianza nella sequenza fonetica. Se entrambe le ipotesi formulate fossero valide, si potrebbe supporre che in una prima fase si siano affermati i toponimi di derivazione indoeuropea e in una seconda quelli provenienti dalla forma *tamara, dando luogo anche a dei fenomeni di sovrapposizione: è facile immaginare che all’originario senso di «buio» si sia sostituito col tempo un significato diverso, più recente e legato ad una forma linguistica assai simile a quella indoeuropea nella successione dei suoni. Tale situazione potrebbe essere stata favorita dalla progressiva diffusione degli allevamenti di pecore nel bellunese, che avrebbe fatto avvertire l’esigenza di legare il nome delle località alle attività lavorative praticate.


Si tratta ovviamente di ipotesi: la scarsità o l’assenza di documenti scritti con i quali avvalorare tale tesi, in particolare per quanto riguarda le epoche precedenti alla dominazione romana, non permette di esprimersi con un grado maggiore di certezza sull’argomento.


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