Passa ai contenuti principali

Post 53 – La chiesetta di San Marcello a Umin



La chiesetta di San Marcello, nel borgo rurale di Umin, è uno tra i più preziosi edifici sacri di tutto il Feltrino. Non solo è peculiare dal punto di vista architettonico, ma rappresenta anche una delle più antiche chiese dell’intera diocesi di Belluno-Feltre. L’edificio attraversò vari ampliamenti lungo i secoli, di lettura davvero facile se si guardano le aperture della muratura.

Della prima fase di edificazione resta solo un elemento: la bella torre campanaria romanica risalente addirittura a prima del Duecento; originale è la rustica canna di sassi, mentre la cella è successiva. Per quanto riguarda il corpo principale della chiesa, invece, la parte più antica che si può tuttora osservare appartiene al XIII secolo e si distingue per la finestra termale (a mezzaluna tripartita), inserita però a posteriori: l’uso di questa tipologia di apertura si diffonde in Italia solamente dai primi decenni del Cinquecento, con lo studio delle architetture romane, in particolar modo delle terme antiche; se ne può quindi comprendere bene l’etimologia. Uno dei primi impieghi è attestato in Villa Madama, opera romana di Raffaello e della sua scuola, del 1518; fu però Palladio a fare la fortuna della finestra termale, usandola pressappoco in ogni sua architettura.

A metà del Quattrocento si pensò di ampliare l’edificio e si aggiunse un altro corpo di fabbrica, immediatamente riconoscibile per la finestrella gotica trilobata, di sicuro influsso veneziano: il territorio feltrino all’epoca era da circa cinquant’anni sotto il controllo della Serenissima, ma modelli architettonici e artistici viaggiavano anche prima di quest’unificazione territoriale. Basti pensare al santuario dei Santi Vittore e Corona ad Anzù, dove si notano chiarissimi elementi bizantini che non potevano provenire che dalla città lagunare, il tutto tra l’XI e il XII secolo.
Con l’aggiunta quattrocentesca si demolì la facciata del Duecento e si cambiò l’orientamento della chiesetta: quella che era l’abside divenne il nuovo ingresso, ai piedi del campanile, da dove si accede tuttora. 

Un nuovo ingrandimento della struttura risale al 1642, con la costruzione della nuova abside a crociera e un’apertura rettangolare per lato. 

L’interno è preziosissimo, vantando cicli di affreschi coevi non solo alle espansioni dell’edificio, ma anche a epoche successive, con raffinati esempi di pittura cinquecentesca. Non si possono non citare Antonio Rosso e il più noto Marco da Mel, suo figlio; il primo, nato a Tai di Cadore attorno al 1440, nel corso della propria vita si era spostato in Valbelluna, per assecondare i propri impegni lavorativi. Il secondo, uno dei più noti pittori rinascimentali operanti nel Bellunese, aveva invece acquistato numerosi possedimenti proprio a Umin, e riuscì anche per questo motivo a realizzare al meglio le numerose decorazioni della chiesetta. 

Ultima Cena, artista anonimo,  metà Quattrocento circa

Al XVI secolo risale inoltre il bel soffitto a capriate lignee. L’abside è ornata con la prima opera nota di Marco da Mel, datata 1531: si tratta della “Madonna con Bambino attorniata da San Marcello e da San Vittore”, quest’ultimo con in mano una bandiera con lo stemma di Feltre, mentre sullo sfondo si può notare Castel Lusa. La pala è conservata in un elaborato altare barocco, del 1688.
L’ampliamento quattrocentesco permise di realizzare anche un arco trionfale in muratura, sul quale venne dipinta un’Annunciazione nel 1579, sempre da parte di Marco da Mel.

Pala d’altare di Marco da Mel, Madonna con Bambino, San Marcello e San Vittore, 1531
Nei secoli successivi vennero apportate ulteriori modifiche che andarono parzialmente a snaturare il tempietto originario, come il controsoffitto che fu applicato nell’Ottocento. Le aggiunte posteriori al XVIII secolo sono state rimosse dal recente restauro, che ha restituito la bellezza originaria di questo piccolo scrigno d’arte.

[ilCervo]



Commenti

Post popolari in questo blog

Post 203 - Il Carnevale di Comelico Superiore

  Negli anni recenti il Carnevale in Comelico per molti è diventato una cosa quasi sacra: la preparazione, la vestizione, i riti della giornata sono ritenuti necessari e codificati. Guai se il Matazin si siede durante la festa in piazza, non esiste che a Dosoledo la calotta venga assemblata con le punte come a Casamazzagno e Candide, e ancora tante piccole cose che rendono la giornata complicata e magica. Durante la mia ricerca nel mondo dei carnevali europei ho scoperto che in realtà forse sarebbe meglio parlare di una nuova ritualizzazione dei carnevali. Foto 1:  L’arrivo della sfilata nel carnevale di Santa Plonia a Dosoledo Ma prima partiamo dalla definizione del termine. Oggi il Carnevale si caratterizza per raccogliere una serie di usanze e di pratiche comprese nel periodo tra Epiania e Quaresima.  Ma già si riscontrano dei problemi con l’inizio di detto periodo, dal 7 gennaio è Carnevale? O comincia dopo il 17, giorno di Sant’Antonio Abate? Inoltre qualcuno ha mai ...

Post 192 - Rocca d’Arsié, Storia di una valle stravolta

  Il lago del Corlo è oggi una meta estiva privilegiata della bassa provincia, che attira visitatori del luogo e da fuori per via delle sue bellezze naturalistiche. L’invaso è l’habitat di molte specie ittiche, tra cui alcune protette, e il luogo è ideale per la nidificazione di svariati uccelli acquatici. Questo ambiente tuttavia è stato creato distruggendone uno più antico e altrettanto ricco. Non tutti sanno infatti che l’invaso della diga ha sommerso quella che un tempo era una florida vallata, modificando per sempre le dinamiche sociali che attorno a essa gravitavano. Ma andiamo con ordine: prima di tutto qualche pillola di storia. Come ben si può comprendere dal nome, l’abitato di Rocca sorge come fortilizio in epoca altomedievale, essendo questo situato sull’erto sperone del “Col de la Roca”, che tuttora svetta sopra al paese. Il motivo è ben intuibile: difendere la stretta forra scavata dal torrente Cismon, il quale si getta nella Brenta dopo aver percorso il Primiero e att...

Post 24 – Il primo cimitero di Cavarzano

  Chi avrebbe mai detto che nei pressi di Cavarzano c’è una grossa necropoli dell’Età del Ferro? Anche all’epoca della scoperta fu molta la sorpresa quando in un vigneto emersero dal suolo delle lastre di pietra che si rivelarono appartenere a tombe antichissime.