Per l’economia feltrina medievale la produzione laniera rappresentava il sostentamento principale di tutta la città e in particolare, come ci dicono i cronisti dell’epoca, delle persone povere, perché il lanificio forniva molto lavoro. All’epoca per produrre un panno di lana pregiato servivano dalle 30 alle 35 lavorazioni differenti, da parte di altrettanti artigiani specializzati. A Feltre venivano principalmente prodotte pezze destinate al mercato locale. Però i tessuti feltrini di più alta fattura venivano esportati verso il Sud della penisola, fino in Puglia, nonché nel resto d’Europa: in Francia, nelle terre dell’Impero e in Polonia. Alcuni, in particolare quelli tinti di rosso, raggiunsero persino le città delle coste orientali del Mediterraneo, come Alessandria d’Egitto.Foto 1: Polo Bibliotecario Feltrino
Panfilo Castaldi, F I 1, f. 11r
Nel Medioevo coloro che nella città svolgevano una stessa professione si univano in un’associazione, chiamata corporazione o Arte o Scuola, per migliorare la qualità dei prodotti stabilendo un controllo diretto sulla produzione con norme sulle materie prime e sugli strumenti da usare. Così fecero anche tutti i lavoratori feltrini impiegati nella produzione laniera associandosi nella Scuola di Sant’Andrea dell’arte della lana. Il nome deriva dal santo protettore che i feltrini scelsero per la loro corporazione. Noi conosciamo l’organizzazione dell’Arte feltrina grazie agli statuti quattrocenteschi tramandati in copia da questo manoscritto di fine Cinquecento (Foto 1). Questo codice doveva essere quello che veniva utilizzato spesso dalla Scuola, poiché sono presenti a margine del testo quattrocentesco numerose glosse o annotazioni e dei disegni di mani che servivano per indicare i passaggi più importanti (foto 2).
Foto 2: Polo Bibliotecario Feltrino
Panfilo Castaldi, F I 1, f. 23v
Gli statuti raccolgono varie tipi di norme al loro interno. Sono presenti regole utili per l’organizzazione della corporazione che stabilivano il modo in cui dovevano essere elette le cariche sociali e i compiti che tali cariche avevano. C’erano i Castaldi, che erano in sostanza i capi della corporazione, i Provvisori con il compito di controllare tutte le pezze prodotte, il notaio, il tesoriere e altre cariche minori come il campanaro che doveva suonare le campane per convocare le assemblee. Altre norme, invece, avevano lo scopo di regolare la produzione laniera: stabilivano che tipi di lane dovevano essere usate, di che grandezza dovevano essere i telai, le dimensioni delle pezze prodotte e anche i salari di certi lavoratori. Infine è presente una terza tipologia di norme che riguarda il carattere confraternale della corporazione. Tra queste ultime fanno parte gli obblighi che i singoli membri avevano nei confronti della Scuola, ossia le tasse che dovevano pagare per il culto di Sant’Andrea, l’elemosina che dovevano offrire a coloro che la richiedevano alla Scuola e la partecipazione ai funerali dei confratello o consorelle.
Qualche assaggio di come suonavano gli statuti:
Nell’incipit (foto 1) per giustificare l’esistenza degli statuti, che a volte sono severi però aiutano a regolare e a dare ordine, viene fatta una citazione che possiamo definire un po’ scontata: “come afferma il detto di quell’illustre dottore di nome Agostino: dove non c’è ordine, lì c’è confusione”
Per distinguere i panni di lana controllati e di buona qualità da quelli che non lo erano i Provvisori bollavano i primi con “due sigilli di ferro, su cui uno era scolpita l’immagine di Sant’Andrea e sul secondo il segno SA”
Una volta all’anno tutti i lavoratori dovevano presentarsi davanti al Podestà della città e ai Castaldi per giurare di “esercitare bene e fedelmente la loro arte e lavorare fedelmente e bene secondo la qualità della lana”
“Il campanaro doveva suonare la campana: tre volte ogni quarta domenica del mese; cinque volte alla sera della vigilia di Sant’Andrea; tre volte alla festa di Sant’Andrea e ancora tre volte per i funerali di qualsiasi confratello”
[Sandro]
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