Passa ai contenuti principali

Post 39 – La chiesetta di Santa Margherita a Salagona

La chiesetta di Santa Margherita (Foto di: www.sidrocadore.com)
Il comune di Vigo di Cadore presenta, oltre al capoluogo, altri due paesi, Laggio e Pelos. Anticamente ne esisteva un terzo, Salagona, che non riuscito a giungere fino al presente a causa di un disastroso incendio che lo demolì nel XVI secolo. Un unico edificio si è salvato, la chiesetta di Santa Margherita: si trattava dell’unica struttura in muratura. Attualmente essa è circondata da un’espansione contemporanea di Laggio che prende il nome dell’antico borgo scomparso.

Basandosi sui post 31 e 32 il lettore potrebbe presupporre che la palma della chiesa più antica del comune dovrebbe andare a Sant’Orsola; nulla di più sbagliato, con Santa Margherita siamo davanti alla chiesa più antica – ancora in piedi – di tutto il Cadore.
Costruita nel corso del Duecento, si presenta come un edificio di estrema semplicità: pianta rigidamente rettangolare, mura esterne intonacate di bianco e tetto dai forti spioventi. Tale neutralità inganna: il visitatore, varcato l’ingresso, tutto si potrebbe aspettare tranne che un ciclo pittorico di fine Duecento che coniuga la tradizione locale con quella bizantina.

Siamo infatti nel contesto dell’Impero Latino: svariate potenze occidentali, capeggiate dai Veneziani, avevano sottomesso Costantinopoli al loro volere nel 1204, creando uno stato da loro comandato. Alla presa della città conseguì una sorta di revival dello stile bizantino, che qui si può ben notare.
Sopra ad una banda geometrica decorativa sono poste le scene principali del ciclo, essenzialmente cristologico e mariano, alla maniera bizantina. La Deesis (supplica) è canonica, con Cristo in Trono, la Madonna e Giovanni Battista, ma sono presenti anche santi della tradizione locale. Allo stesso modo, la Natività ricorda le icone tanto care a Costantinopoli, ma mostra paesaggi naturalistici estranei allo stile bizantino.

Tante sono ancora le bellezze che questa chiesetta nasconde, invitiamo quindi il lettore a visitarla di persona.

[ilCervo]


Per il post di Instagram clicca qui.


Commenti

Post popolari in questo blog

Post 38 – Il Sas del Diàol, a Facen

  Oggi vi parliamo di un misterioso masso inciso!  Si chiama “ Sas di Pirulava ” o più notoriamente “ Sas del Diaol ”, ed è stato scoperto da Candido Greco nel 1977, studioso che ci ha fornito la prima descrizione delle incisioni presenti. Il masso è di dimensioni di circa 90 x 110 cm ed è leggibile solo nella faccia orientata verso sud-est. Presenta una decina di segni a forma di croce, di cui tre che poggiano su dei cerchi contenenti altre croci di dimensioni minori e quella che sembra una lettera “A”. Greco interpreta le iscrizioni come simboli preromani, individuando dei numeri etruschi dei quali i Reti si sarebbero serviti per misurare le libbre di fieno tagliato in loco. Inoltre altri simboli parrebbero legati al culto di Mitra.  Nelle note del testo, inoltre, vengono presentati a titolo esemplificativo e comparativo ulteriori massi che riportano croci incise, ma dotati anche di coppelle. Un appunto: nel testo si fa riferimento a questo masso come quello che secondo la leggenda s

Post 147 - La chiesa della discordia

  In alcuni post precedenti ( post 123 e 124 ) abbiamo ricostruito la storia delle frane dell’Antelao che hanno coinvolto Borca e San Vito. Durante la frana del 7 luglio 1737, stando alle memorie del pievano Bartolomeo Zambelli, il primo edificio a restar sotterrato fu la chiesa di San Canciano che sorgeva sul confine tra Borca e San Vito, chiesa che fu in seguito ricostruita accanto all’antica Strada regia ( post 101 e 102 ), nel territorio di San Vito, ad una novantina di metri dal confine. Ne nacque molto tempo dopo una contesa, di cui vi parleremo oggi. La storia della chiesa di San Canciano è assai antica. Vi è infatti un atto notarile datato 1418 rogato dal notaio Bartolomeo fu ser Ungaro in cui il testatore lega due prati in val di Tiera al lume di San Canciano: in altre parole si lasciava per testamento due prati alla suddetta chiesa perché col ricavato si mantenesse un lume acceso per il santo [1]. Dai documenti delle visite pastorali del 1604 conservati nell’Archivio della Cu

Post 104 – Il colle delle ville. Prima parte.

  La nostra provincia è principalmente nota (se davvero è nota per qualcosa) per le sue splendide catene montuose. Meno noti potrebbero essere invece gli intriganti paesaggi rurali della Valbelluna, valle collocata tra le Prealpi e le Dolomiti e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dal fiume Piave, alimentato da numerosi affluenti che scendono dai monti circostanti. Al di là di centri come Feltre, Sedico, Trichiana o Belluno stessa, caratterizzati dai tipici processi di urbanizzazione degli ultimi decenni, questa porzione di territorio è punteggiata da centri minori, fattorie, case rurali e ville venete.  Nella zona circoscritta che prendiamo in considerazione in questo post, un colle collocato a nord-est di Feltre, i segni di un passato rurale sono tuttora ben visibili nella campagna delle frazioni Vellai e Cart e delle località loro circostanti. Uno degli elementi più suggestivi di questo paesaggio, facilmente idealizzabile nel ricordo dei “bei tempi andati” (e forse mai esistiti