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Post 30 – Il Rifabbrico

Immagine satellitare di Lorenzago

Pensando all’architettura di montagna, il legno è sicuramente un elemento costituivo fondamentale, quasi stereotipico. Eppure, visitando il Cadore, l’architettura lignea diventa rara. Certo, si possono osservare numerosi rustici sparsi qua e là, ma ci si accorgerà che gli elementi di legno sono inseriti in case perlopiù contemporanee, prodotte dagli architetti negli ultimi settant’anni. Nel centro dei paesi si noteranno quasi sempre austere case di pietra a più piani, molto lontane dall’ideale di casa di montagna del nostro immaginario. Ciò è dovuto a un radicale programma urbanistico portato avanti per tutta la seconda metà dell’Ottocento che va sotto il nome di “Rifabbrico”.

Nel contesto di paesi edificati quasi totalmente in legno, con edifici addossati gli uni agli altri, è chiaro che il fuoco rappresentasse il pericolo maggiore. Particolarmente distruttivi furono gli incendi che devastarono i villaggi del Cadore tra il XVIII e il XIX secolo, tanto che il governo austriaco — che reggeva il Veneto in quel periodo — prese drastici provvedimenti. Venne costituita la “Scuola cadorina”, i cui membri avrebbero trasformato per sempre l’aspetto dell’intera zona. Troviamo, tra i più celebri, il mediocre architetto feltrino Giuseppe Segusini e gli ingegneri Luigi Osvaldo Palatini, Francesco Sandi e Antonio Pante.

Fu Villagrande (Gortina) di Lorenzago, distrutta da un incendio nel 1855, il campo di prova per le nuove tipologie architettoniche ideate: strutture a pianta rettangolare, completamente di pietra e prive di elementi sporgenti o di parti in legno. Tutto ciò unitamente alla separazione degli edifici, disposti secondo schemi geometrici, anche con l’intenzione di donare loro un “aspetto cittadino”. Tali misure si dimostrarono efficaci, ma a caro prezzo. È infatti difficile trovare in Cadore strutture antecedenti all’Ottocento: interi splendidi paesi vennero sistematicamente demoliti e riedificati in via precauzionale.


[ilCervo]


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