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Post 18 - Feltre città murata 4/7

«Questo articolato sistema difensivo» scrive l’architetto Andrea Bona che ha recentemente condotto approfonditi studi sull’argomento «dimostra meglio di ogni altra considerazione come lo sforzo costruttivo […] sia effettivamente teso a trasformare Feltre in una vera e propria piazzaforte». Tuttavia ciò non accadde: tutte le opere di difesa che furono realizzate come abbiamo fin qui descritto si rivelarono semplicemente inutili. Vedremo perché.

Il modello ideato da Dionisio fu attentamente vagliato e infine approvato da Venezia, che seguiva la vicenda con la massima attenzione. Il problema fu che i feltrini, nella costruzione, non lo seguirono. Preferirono invece modificare il progetto approntato dall’ingegnere: si attennero solamente alle indicazioni strutturali (scelta della pietra, struttura terrapienata a scarpa) cadendo, nell’impianto complessivo, in errori strategici che Dionisio aveva previsto.
Ci focalizzeremo (qui e nei post a venire) su alcuni dettagli della questione in modo da capire come il sistema difensivo dovesse fare i conti con la morfologia della città e del contesto circostante. Partiamo dunque dal primo elemento.

La cinta così costruita non includeva due importanti borghi della città: quello del duomo, nella piana a sud, e quello di Ognissanti a nord-est. La criticità non consisteva, come si potrebbe pensare, nel solo fatto che entrambi rimanessero indifesi. Al contrario costituiva una debolezza invalidante, poiché in caso di assedio gli edifici addossati alle mura avrebbero offerto riparo agli assalitori. Questi avrebbero potuto, in altre parole, raggiungere la base delle mura al coperto dal tiro dei difensori. Il problema si presentava già nelle città medievali, ma si aggravò di pari passo al crescere della gittata delle armi da fuoco e del loro impiego in difesa.

L’ingegnere militare Giacomo Coltrino, inviato nel 1499 a Feltre per ispezionare i lavori, constatò lapidariamente che «quelle mura non stava bene cussì».

[Nic e Sandro]

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