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Visualizzazione dei post da luglio, 2022

Post 108 - Le fortificazioni del Sasso di San Martino: Ottocento, Grande Guerra e Germania nazista.

  Il Sass de San Martìn e il Castèl Gordìn, di cui si è parlato nel Post 99, vissero una lunga e tortuosa fase di scontri, seguita da una nuova fase di rinnovamento e successivamente di abbandono graduale, che ebbe il suo culmine alle fine del Settecento, quando la viabilità fu modificata con la costruzione del Ponte dei Castèi. Non finisce però qui la storia, perché il sito fortificato tornò al centro delle attenzioni all’indomani dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia, nel 1866. Fu dopo questo processo di transizione ed unificazione territoriale che la valenza strategica e militare dell’area fu rivalutata e presa in considerazione dal neonato Regno d’Italia, con funzione anti-austriaca. A partire da quella data infatti l’attività militare italiana lungo i confini con l’Austria si intensificò fino a raggiungere ritmi frenetici tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo, non solo con manovre, esercitazioni e rilievi topografici, ma anche e soprattutto con la costruzione

Post 107 - Dal Piaz e il Bus de la Bèla

  A sentire il nome del geologo feltrino Giorgio Dal Piaz si può pensare principalmente a due cose: la geologia e il Vajont. Ma durante i suoi anni universitari, sotto la guida del suo relatore, il geologo e paleontologo Giovanni Omboni, si cimenterà nel primo censimento delle grotte bellunesi, scrivendo un bellissimo (ed oggi introvabile) testo, intitolato “Le grotte e altri fenomeni carsici nel Bellunese”. Da questo testo verrà estratto il saggio dedicato alla Grotta della Bus de la Bèla (o Grotta di San Donato) e al ritrovamento del Calice del Diacono Orso, rinvenuto poco distante. In contemporanea a questo estratto, sul prestigioso Bollettino di Paleontologia Italiana [1], pubblicherà il resoconto dei rinvenimenti archeologici della grotta lamonese e della grotta di Casàn, in comune di Ponte nelle Alpi. Il testo pubblicato nel BPI si intitola “Contribuzioni alla Paletnologia del Bellunese”, e si proponeva appunto di colmare la lacuna di informazione di due siti posti in zone piutto

Post 106 – Fornesighe, il borgo non borgo

Dopo quasi due anni di attività della pagina, è giunto il momento di trattare un territorio ingiustamente ignorato dalle nostre disquisizioni: mi riferisco alla Val di Zoldo. La valle è particolarmente isolata rispetto alle sue omologhe contermini, caratteristica che le ha fatto maturare una specificità culturale. A Zoldo, il dialetto assomiglia a quello agordino, ma ha qualcosa di assolutamente unico che lo fa distinguere immediatamente. Parimenti, l’architettura montana che ha qui trovato espressione nelle dimore rustiche, ricorda di certo quella cadorina o agordina, ma se la si guarda più con più attenzione si noteranno dei dettagli squisitamente locali. Per non parlare dei tabià, massima espressione dell’estro creativo della zona. Se si volesse riassumere la bassa valle in un unico luogo, questo sarebbe Fornesighe. Si tratta di un paese collocato in un’area inedita della vallata, dove sorge lui e lui solo, abbarbicato a mezza costa sulle pendici del Col Duro, all’imbocco del Passo