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Visualizzazione dei post da maggio, 2021

Post 52 – Da sempre: «Legne vez legne!»

Si parla spesso dei grandi fatti storici: la Dedizione a Venezia del 1420, la Guerra di Cambrai e l’incendio di Feltre; ma non altrettanto della vita quotidiana dei secoli scorsi. Che cosa succedeva a Feltre i giorni che non era impegnata a prendere fuoco da cima a fondo? Come funzionava una città tra medioevo ed età moderna? Com’era amministrata Belluno? Che potere aveva sul proprio territorio? Con questa rubrica vorremmo darvene un assaggio qua e là. Veniamo alle ‘legne’, e partiamo da una piccola premessa. In epoca veneziana il territorio di Belluno era suddiviso in dodici circoscrizioni: i due capitanati di Agordo e Zoldo e le Pievi (in senso amministrativo, non religioso) del Territorio Basso: Alpago, Castion, Frusseda, Lavazzo, Limana, Mier, Oltrardo, Pedemonte, San Felice, Sedico. Al centro di questa rete amministrativa si trovava la città, coi suoi privilegi e la sua posizione di controllo sul territorio, al quale imponeva non solo le proprie leggi e la propria giurisdizione, m

Post 51– Impara l’arte e mettila da parte

Foto 1: Polo Bibliotecario Feltrino Panfilo Castaldi, F I 1, f. 11r Per l’economia feltrina medievale la produzione laniera rappresentava il sostentamento principale di tutta la città e in particolare, come ci dicono i cronisti dell’epoca, delle persone povere, perché il lanificio forniva molto lavoro. All’epoca per produrre un panno di lana pregiato servivano dalle 30 alle 35 lavorazioni differenti, da parte di altrettanti artigiani specializzati. A Feltre venivano principalmente prodotte pezze destinate al mercato locale. Però i tessuti feltrini di più alta fattura venivano esportati verso il Sud della penisola, fino in Puglia, nonché nel resto d’Europa: in Francia, nelle terre dell’Impero e in Polonia.  Alcuni, in particolare quelli tinti di rosso, raggiunsero persino le città delle coste orientali del Mediterraneo, come Alessandria d’Egitto. Nel Medioevo coloro che nella città svolgevano una stessa professione si univano in un’associazione, chiamata corporazione o Arte o Scuola, p

Post 50 - Ciòde e ciodéti

Piazza Duomo, Trento. Prima del 1914, era consuetudine che le donne del Bellunese e del Feltrino praticassero forme di emigrazione stagionale verso l’impero d’Austria. Bastava superare la frontiera, a Tezze di Grigno, per entrare in Trentino, dove c’erano possibilità lavorative migliori di quelle offerte dalla madrepatria. Le lavoratrici venete erano chiamate “ ciòde ” dai trentini, forse perché portavano scarpe chiodate, oppure per l’abitudine a scandire il discorso con l’intercalare “ ciò ”. I bambini che queste donne portavano con sé, per avviarli al lavoro, erano chiamati “ ciodéti ”. Dato che le ciòde lavoravano in genere come braccianti agricole, la stagione iniziava verso fine marzo. Una volta superato, spesso clandestinamente, il confine italo-austriaco e raggiunta la città di Trento, le lavoratrici si raccoglievano sotto il tiglio di piazza Duomo, dove i contadini andavano a incontrarle, in un sistema noto come “ mercà dele ciòde ”. Il lavoro, nei campi della valle dell’Adige

Post 49 - Viaggio nell'antica lingua bellunese